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Dal campo nomadi di Pisapia: a Venezia sfruttando i neonati per derubare passanti

A borseggiare con in braccio il figlio di un anno. Ma questa volta la nomade e la sua amica sono state bloccate dagli agenti del Commissariato di San Marco. Entrambe con precedenti per reati contro il patrimonio sono state denunciate per tentato furto. Si tratta di due nomadi di nazionalità croata residenti in un campo a Milano. Sono trasfertiste del borseggio. Altre volte sono state fermate in centro storico.

Venerdì pomeriggio una pattuglia di agenti in borghese del Commissariato era in servizio antiborseggio in zona Rialto. L’occhio allenato ha consentito agli agenti di accorgersi subito di due giovani, una delle quali con il figlioletto trasportato con un marsupio portato anteriormente. Le due donne sono state agganciate dai poliziotti in campo San Bortolomeo. Sono state seguite mentre si avvicinavano ai passanti e quella con il bambino in grembo, in modo da sembrare casuale, urtava le persone. Contemporaneamente l’altra allungava la mano cercando di infilarla nella borsa o nello zaino della “vittima” scelta. A quel punto i poliziotti hanno cominciato a marcarle strette. Le due sono entrate nel Disney Store.

Qui ancora tentativi di borseggio con la scusa della spinta compiuta con il bambino, l’altra cerca di afferrare il portafogli. Quando riesce a prenderne uno cerca di nasconderlo nel marsupio con il bambino i poliziotti sono intervenuti e hanno bloccato le due ladre.

A quel punto le due donne sono state portate in commissariato. Qui gli agenti le hanno identificate e hanno scoperto il curriculum. Una lista di reati parecchio lunga. Le due, entrambe croate di etnia rom, hanno complessivamente una decina di precedenti di polizia e sempre per reati contro il patrimonio. Hanno rispettivamante 27 e 25 anni. Vivono nel campo nomadi di Milano, da dove provengono molte delle borseggiatrici che ultimamente sono state fermate dalle forze dell’ordine di Venezia. Si tratta di ladre che al mattino prendono il treno nel capoluogo lombardo e raggiungono la nostra città per borseggiare. Alla sera, terminate le razzìe, rientrano a Milano. Si vestono in maniera curata e si portano appresso i figli come copertura, per non destare sospetti. Oltre a Rialto e San Marco, colpiscono al mercato di Rialto, in stazione ferroviaria e a piazzale Roma.

Venerdì, dopo l’identificazione, le due sono state denunciate a piede libero per tentato furto aggravato in concorso.

http://nuovavenezia.gelocal.it/cronaca/2014/01/05/news/mamme-borseggiatrici-con-il-bimbo-nel-marsupio-1.8417551

Marocchino massacra moglie incinta: ai domiciliari!

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(ANSA) – MACERATA, 22 LUG – E’ ricoverata in gravi condizioni nell’ospedale di Jesi, dove i sanitari cercano disperatamente di salvare la vita della creatura che porta in grembo, una marocchina di 22 anni, abitante a Cingoli (Macerata), che nel corso di un litigio è stata selvaggiamente picchiata dal marito, anche lui marocchino, di 25 anni. La lite sarebbe scaturita da difficoltà finanziarie alle quali l’uomo non riesce a far fronte con il modesto lavoro di operaio. Il giovane è ora agli arresti domiciliari.

Romena si “sbuzza” con le forbici per abortire

Nella notte del 17 novembre, i carabinieri la trovarono esanime all’esterno dell’abitazione sul marciapiede di fronte ad una chiesa, ferita da coltellate multiple al torace di cui una più profonda all’addome le aveva lacerato gravemente l’intestino. La donna fu ricoverata d’urgenza all’Ospedale di Macerata dove fu sottoposta a un intervento chirurgico disperato, nel corso del quale fu appurato che il colpo subito aveva comportato una ferita mortale al capo del piccolo feto che aveva in grembo. La ragazza fu ricoverata in prognosi riservata, per poi essere dimessa dopo un lungo ricovero
Le indagini, concluse il 4 marzo dopo circa 3 mesi di accertamenti, hanno evidenziato la responsabilità della 27enne, ritenuta responsabile dei reati di aborto auto procurato, simulazione di reato e reato continuato. Sono infatti emersi nei suoi confronti indizi di colpevolezza scaturiti dalle indagini svolte in esito agli accertamenti tecnici operati sul posto: non ci sono tracce di un’altra persona sulla scena del crimine, né segni di effrazione ma è stata recuperata una grossa forbice, presunta arma del delitto. Esito negativo dai riscontri avuti dai carabinieri in esito ai rilevi tecnici biologici e ai risultati degli esami medico legali. Le indagini dei Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Macerata sono tutt’ora in corso negli ambienti dei nightclub sia in quello delle amicizie della donna sia in quello del suo passato in Romania, al fine di chiarire se non vi sia stato nell’efferato fatto di sangue l’indiretto coinvolgimento di qualcun’altro.

http://www.cronachemaceratesi.it/2013/03/06/accoltellata-al-settimo-mese-di-gravidanza-la-ventisettenne-simulo-laggressione/299102/

Zingara picchia il suo bimbo per farlo piangere e impietosire i passanti (deficienti)

Giù le mani

Picchia il suo bimbo

Picchiava il figlio per farlo piangere e impietosire i passanti. Tutto per poter mendicare qualche spicciolo in più di elemosina.  

Già denunciata, il magistrato non aveva fatto nulla ed era tornata allo stesso posto con gli stessi metodi.

Per questo motivo L.S., una ventottenne Rom domiciliata in un campo nomade di Torino, ora è finita nei guai. E’ stata denunciata e rinviata a giudizio per riduzione e mantenimento in schiavitù del figlio di 1 anno e mezzo. La cosa più assurda, però, è che dopo che i giudici le avevano tolto il piccolo affidandolo alla tutela di un avvocato, lei tre mesi dopo si era ripresentata a mendicare. Nello stesso punto e con lo stesso bambino in grembo. La vicenda ora è finita in Tribunale. L’altro ieri, nell’aula al primo piano del palazzo di giustizia di Ivrea, questa storia è stata ricostruita nei dettagli davanti al giudice, Marianna Tiseo. Una vicenda che Paolo Campanale, il legale che ha ottenuto dal Tribunale dei minori la tutela del bambino, ancora fatica a comprendere. «Già è grave quello che ha commesso – spiega –, ma la cosa più incomprensibile e assurda, è che quella donna, subito dopo questa storia, è tornata in strada. Portando con sé il piccolo».

I fatti, ricostruiti in aula, risalgono all’agosto del 2009. E’ una mattina calda e assolata, la donna Rom è seduta a pochi passi dell’ascensore che porta al piazzale dell’ospedale di Ivrea. Ormai tutti la conoscono e sono abituati a vederla appoggiata al muro accanto al montacarichi. Tiene in grembo un bambino e ogni tanto allunga la mano per chiedere ai passanti qualche spicciolo. C’è il solito via vai di persone: quasi tutti fanno finta di nulla e tirano dritto. In pochi le fanno la carità. Che cosa accade poi quella mattina lo racconta in aula Angelo Perri, di Montalenghe. «Stavo aspettando che si aprissero le porte dell’ascensore – ha spiegato al giudice – quando a un certo punto ho visto una cosa che mi ha colpito davvero». La donna, ha raccontato Perri, ha iniziato a percuotere il bambino. «Lo sculacciava, lo picchiava. Ha fatto di tutto per farlo piangere. Le ho detto di smetterla e lei, come se nulla fosse, mi ha chiesto dei soldi. Disse, in parole povere, che il piccolo aveva bisogno di cure». A quel punto Perri ha avvertito la polizia.

Quando sono arrivati gli agenti, lei e il piccolo erano ancora lì: la donna è stata identificata e portata in commissariato, mentre il bimbo, su ordine del Tribunale dei minori, è stato immediatamente posto sotto la tutela di un legale. Peccato non sia servito a nulla. Pochi mesi dopo, infatti, la nomade è tornata a Ivrea. Sempre a fianco dell’ascensore che porta al piazzale dell’ospedale. E’ stato lo stesso Perri a rivederla lì e a raccontarlo ai giudici in aula. Uscendo dal palazzo di giustizia si è lasciato andare ad un commento pieno di amarezza: «Evidentemente la mia denuncia non è servita a niente».