Tag: chi

Il racconto della 72enne: “Volevano anche violentarmi”

“TI UCCIDIAMO, TANTO IN GALERA NON CI MANDANO”

MODENA. «Mi hanno anche alzato la gonna e uno aveva iniziato a toccarmi le gambe. Poi un complice ha fatto fretta a tutti, ha detto di andare. E così ha smesso. Ma come si fa, alla mia età…».

La signora aggredita da quattro immigrati a Modena Est, picchiata, legata e rapinata in casa propria, racconta i terribili momenti nelle mani dei malviventi. “Hanno anche tentato di violentarmi. Ma, per fortuna, sono stati costretti a scappare”. Video di Luigi Esposito

Maria Teresa Zucchi, 72 anni, vedova del dottor Antonucci, medico a suo tempo molto conosciuto, ieri alle 15 scende dall’auto per raggiungere la villetta del terrore, la sua casa in viale XXII Aprile «dove quei quattro mi hanno assalito, mi hanno teso un agguato. Gente senza pietà, violenta, assetata di denaro: mi hanno picchiata, riempita di botte, mi hanno camminato sulla schiena, legato mani e piedi, braccia e gambe. Sono riuscita a liberarmi dopo due ore mordendo i fili elettrici, i fili delle prolunghe del telefono che hanno usato per immobilizzarmi. E non potevo urlare perché mi avevano accolto la testa con una coperta e degli asciugamani. Oggi non ho più i lividi viola perché tutti qui colpi che mi davano in viso per farmi dire dove fosse la cassaforte sono stati attutiti dalle coperte. Altrimenti mi avrebbero distrutto la faccia».

«Il momento più terribile, quello che mi torna e ritorna in mente e che non mi fa dormire è quando vengo aggredita alle spalle, quando sento una mano che mi afferra da dietro e mi butta per terra, come fossi un sacco. È questo l’attimo più terrorizzante».

Maria Teresa racconta tutto dall’inizio. «Erano circa le nove di sera. Ho aperto il cancello che da sulla strada, sono entrata con l’auto e ho raggiunto il garage sul retro. Ho aperto la porta, ho infilato la macchina, sono scesa ed ecco l’assalto alle spalle. Uno mi ha afferrato da dietro, mi ha messo un sacco in testa e poi mi ha sbattuta in terra. Ero vestita con questo cappotto lungo, un po’ spesso, che mi ha così attutito i colpi. Ho capito che era un gruppo, che erano in quattro. Mi hanno subito legato tutta e mentre uno legava un altro mi è salito sulla schiena, mi schiacciava a terra, pii pestava, mi dava calci, sulle spalle, sulla schiena». «Poi mi hanno trascinato di peso – spiega – nello studio di mio marito, al pian terreno. Legata e incappucciata mi hanno fatto sedere su una poltrona e ancora mi hanno legato con dei fili elettrici, quelli delle prolunghe dei telefoni, poi mi hanno messo la coperta e gli asciugamani. Qui forse uno si è ferito. c’è del sangue sull’asciugamano. Adesso ci penseranno quelli della Scientifica. Io credevo di morire soffocata, mi mancava l’aria. E poi le urla: “Ti ammazzo, ti riempio di botte, so chi sei. Dimmi dove è la cassaforte, diccelo se no ti ammazzo. Non ho mica paura di finire dentro anche se ti ammazzo, tanto ho fatto già sette ani di galera”.

Continuava con il “dimmi dov’è la cassaforte” e intanto mi riempiva di botte alla faccia e alle braccia. Ma la cassaforte non c’è in casa, non ce l’ho, non esiste». «Ma quello insisteva – prosegue l’anziana – e io gli o ho detto “ma perché non ti accontenti di quello che hai già preso…Vale tanti soldi”. Appena mi hanno messo nella poltrona uno mi ha strappato dal polso il Rolex d’oro, d’oro pure il cinturino. E dalle dita via la fede di mio marito e un anello con un rubino. Dal collo mi hanno strappato una catenina con un ciondolo in corallo rosso. Regali, ricordi, in mano a qui delinquenti. Poi uno mi ha sollevato la gonna…».. Anche questa umiliazione, anche questa violenza per l’anziana salvata, forse, dai tempi stretti previsti per il colpo. «I quattro poi – dice Maria Teresa – sono saliti in casa: dico la verità, non so ancora cosa mi abbiamo portato via. So solo che hanno messo tutto sotto sopra. Ma io non sono salita, nè subito e neanche dopo. Ci pensa la Scientifica. Quando ho sentito che la banda era andata via, ho cercato di liberami e ci sono riuscita. Ho rosicchiato i fili elettrici con i denti , ho liberato le mani e ce l’ho fatta. Ci ho messo due ore. Ho chiamato la polizia. Ho detto loro che i banditi avevano accento dell’Est. Io sto male però, ho qualcosa ad una vertebra dovuta allo schiacciamento. Il medico mi ha detto che per 15 giorni devo stare ferma e portare il busto».

http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2015/02/22/news/mi-hanno-anche-alzato-la-gonna-iniziando-a-toccarmi-le-gambe-1.10914097

Esigono permesso di soggiorno: in due pestano agente

Al Commissariato di Partinico, in provincia di Palermo, l’operatore destinato ai permessi di soggiorno è stato aggredito oggi da due cittadini del Bangladesh, padre e figlio. I due, al rifiuto del poliziotto di acquisire la pratica presentata, per carenza dei requisiti economici previsti dalla legge, hanno dapprima insultato l’agente per passare, poco dopo alle vie di fatto.

Uno dei due bengalesi ha aggredito, spintonandolo, l’operatore di Polizia mentre l’altro straniero registrava l’aggressione su un telefono cellulare.

Fortunatamente ad intervenire in soccorso del poliziotto aggredito, c’è stato un altro poliziotto che, però, ha avuto la peggio ed è dovuto ricorrere alle cure mediche con una prognosi di 5 giorni.

“Se il poliziotto fosse stato solo alla ricezione degli stranieri, come talvolta accade, che fine avrebbe fatto?” – dice Igor Gelarda, segretario regionale del sindacato di polizia Consap – vogliamo sperare – aggiunge – che l’aggressore venga correttamente sanzionato per avere aggredito, senza alcuna ragione un poliziotto, un padre di famiglia che stava facendo il proprio dovere. Siamo indifesi e sempre più soli, spesso anche in balia di chi viene in Italia non intenzionato a rispettare le leggi che abbiamo!”.

http://palermo.blogsicilia.it/partinico-immigrato-aggredisce-poliziotti-allufficio-stranieri/287135/

A Torino la ‘raccolta differenziata’ la fanno i Rom: assaltati camion – FOTO

Via Germagnano zingari rubano dai camion - foto versienti4

Furti in via Germagnano, i nomadi assaltano i camioncini

I camion stracarichi di carta e di cartone sono i loro preferiti. Così quando un mezzo accosta nei pressi dell’azienda di via Germagnano a decine escono dal campo nomadi abusivo per fermare i conducenti e prelevare ciò che serve loro per riscaldarsi la sera. Bambini e donne, in particolare, si fanno avanti per primi, spavaldi e senza paura di nessuno. E mentre la madre si appresta a dialogare con l’uomo alla guida del camion i piccoli cominciano a portar via un po’ di scartoffie. In realtà destinate ad Amiat.

In cambio di una collaborazione le vittime di turno non subiscono alcun atto vandalico – per esempio i lanci di pietre – e tanto meno le minacce. Una situazione denunciata sia da alcuni operatori Amiat sia da alcuni passanti che in più di un’occasione hanno avuto la fortuna di immortalare la contrattazione tra i nomadi e i conducenti dei veicoli.

“Bloccano i mezzi diretti all’Amiat nel tentativo di ottenere legna e ciò che può servire per accendere un falò” spiega un operatore. Una prassi di moda soprattutto durante l’autunno e l’inverno dove il gelo rischia di diventare di casa, soprattutto in baracche in legno e lamiera senza alcuna traccia di riscaldamento.

A farne le spese dono i privati e coloro che vogliono disfarsi di eventuali masserizie. Appena il furgoncino di turno si presenta al casello di via Germagnano i nomadi vengono avvertiti da una sentinella. Alcuni lasciano subito il campo cominciando a pedinare la vittima. Addirittura in tre o quattro si gettano a capofitto sul mezzo, per razziarlo come se fosse una nave carica d’oro o di chissà quale materiale.

E volenti o nolenti le vittime designate sono costrette a privarsi gratuitamente di parte del loro bagaglio. Il bottino confiscato viene portato nell’accampamento che si trova tra l’ex parcheggio dei dipendenti e l’azienda. Un campo cresciuto a dismisura negli ultimi mesi e che nessuno sta più tenendo sotto controllo. A discapito di chi nella via ci lavora ogni giorno: i volontari dei canili e, per l’appunto, i dipendenti e gli operatori dell’azienda di via Germagnano.

Potrebbe interessarti: http://www.torinotoday.it/cronaca/furti-carta-minacce-campo-rom-via-germagnano.html

Ospiti di Pisapia segregavano bambine nelle stalle per farle prostituire

Negli ultimi dieci anni erano riusciti a conquistarsi uno spazio definito per far prostituire le donne che tenevano segregate: il marciapiede sinistro di via Ripamonti, a Milano, durante le ore del giorno. Da lì si erano allargati nelle strade limitrofe: viale Ortles, viale Brenta, via Bonomelli. Una banda di rom, comandata dai fratelli Ionut e Laurentio della famiglia Calin, è stata sgominata in uno dei campi nomadi di Muggiano. Diciannove in tutto le persone arrestate. Durante il blitz, le forze dell’ordine hanno trovato le donne — tutte romene, ma non di etnia rom — chiuse all’interno di una sorta di stalla, a sua volta nascosta all’interno di una baracca.

Le ragazze — che venivano apostrofate come “capre” dagli arrestati, secondo quanto ascoltato nelle intercettazioni — erano state fatte arrivare in Italia dalla banda attraverso una forma di adescamento classica tra gli sfruttatori: con la promessa di una relazione sentimentale, le facevano arrivare in Italia e una volta qui venivano costrette – con violenze fisiche e psicologiche – a prostituirsi. Molte di queste sono finite sotto il controllo della banda quando erano ancora minorenni: 13, 14, 16 e 17 anni. Non tutte però finivano nel giro in questo modo: M.N., una delle 28 ragazze che negli ultimi tre anni sono state protate sulla strada — l’unica per metà rom — era stata venduta dalla madre, che viveva nel campo di Baranzate e che l’aveva ceduta quando era ancora minorenne.

Le ragazze erano oggetto di compravendita anche in un secondo momento. Spesso venivano cedute assieme al pezzo di marciapiede che occupavano (per cifre che vanno dai 3mila ai 7mila euro): una di loro poteva fruttare anche 500 euro a settimana. Tutta la piazzola, hanno calcolato gli investigatori, poteva portare agli sfruttatori anche 2mila euro a settimana, se si considerano le turnazioni tra le ragazze in differenti orari. Proprio questa compravendite tra bande, spesso, erano causa di dissidi tra i vari sodalizi malavitosi: in particolare con gli albanesi, con cui più volte sono arrivati allo scontro, tra agguati, accoltellamenti, incendi e tentati omicidi. Non mancavano anche i dissidi interni al clan: ogni volta che c’era una discussione tra rom sulla gestione delle ragazze, veniva organizzato un processo sommario, alla presenza degli anziani delle comunità, chiamato iudicata. Un vero e proprio sistema “giudiziario” parallelo che stabiliva penali e risarcimenti affinché chi avesse subito un torto fosse risarcito da chi aveva sgarrato.

http://milano.repubblica.it/cronaca/2015/02/05/news/milano_prostitute_vendute_insieme_con_il_diritto_di_superficie_arrestati_19_sfruttatori-106583416/

Italiano sventa rapina sul bus: “Puntavano una signora, li ho bloccati”

Cittadino “attento” si accorge dei borseggiatori e sventa il furto sul bus

C’è chi, autobus dopo autobus, vaporetto dopo vaporetto, è diventato ormai esperto di borseggiatori. Gli episodi di furti sui mezzi pubblici o agli imbarcaderi purtroppo sono una costante. Ma stavolta i delinquenti hanno trovato pane per i propri denti. G.G., giovane cittadino che lavora nell’ambito della sicurezza, ha deciso di approfondire il fenomeno in questi anni. Di studiare le mosse di questi delinquenti per poi prevenirne i colpi. Non è l’unico, tra l’altro. Tra laguna e terraferma si sta formando mano a mano uno zoccolo duro di “cittadini attenti” che cercano di tenere per quanto possibile gli occhi aperti.

Così due giovani delinquenti con ogni probabilità dell’Est Europa martedì mattina sono stati prima bloccati, poi indotti a scendere dall’autobus numero 6. All’altezza di via Rossarol a Marghera: “Li ho visti che stavano puntando una signora a bordo – racconta G.G. – erano in piedi. Si erano posizionati gli zaini sul petto, in modo da coprire alle vista le loro mani che, veloci, erano pronte a insinuarsi nella borsa della vittima di turno”. Il tentativo, però, non riesce. Con ogni probabilità un movimento della signora ha indotto uno dei ladruncoli a lasciar perdere.

Dunque la loro attenzione è stata attirata da un’altra donna più anziana. Senza dare nell’occhio (c’era comunque poca gente sul pullman) si avvicinano: “A quel punto ho deciso di intervenire – continua G.G. – erano molto spavaldi, visto che non c’era ressa. Quando stava per partire il colpo ho sorpreso alle spalle uno dei due, prendendolo e scaraventandolo fuori dall’autobus alla fermata vicino al supermercato Alì. All’altro ho dato uno spintone, inducendolo a seguire il suo compare”. Immediata la chiamata alle forze dell’ordine del ragazzo: “Erano giovani, sui vent’anni – sottolinea – ora con l’inizio del Carnevale servirà stare ancora più attenti. Ogni anno arrivano borseggiatrici dai campi nomadi della Lombardia. Noi, però, siamo pronti e vigili”.

Potrebbe interessarti: http://www.veneziatoday.it/cronaca/cittadino-attento-si-accorge-dei-borseggiatori-e-sventa-ii-furto-sul-bus.html

Il cittadini appartiene al Comitato SOS Mestre:

Ennesimo raid al campo sportivo adiacente ‘campo nomadi’

Ennesimo raid al Campo Martini ex Coni di via delle Tagliate, da cui si può godere del panorama dell’altro famoso campo della zona, quello nomadi. Stanotte, in un’ora imprecisata, ma sicuramente compresa tra le 21 e le 7, alcuni malviventi hanno spaccato le porte degli uffici e dei magazzini sotto le tribune. Magro il bottino: sono spariti pochi spiccioli dai distributori del caffè e un computer portatile dalla segreteria. Più preoccupante, invece, è la frequenza dei furti, davvero a ripetizione.

Dunque il pensiero di chi, quotidianamente, lavora al campo è un altro: quella di stanotte potrebbe essere stata un’incursione dimostrativa. Di cosa, così fosse, non è ancora chiaro. Fatto sta che è la terza volta in due mesi che i ladri irrompono nel complesso, giusto per rimanere in tempi recenti. Circa due settimane fa, ad esempio, sono entrati nella palestra utilizzata la mattina dalle scuole e il pomeriggio dai tesserati dell’Atletica Virtus, portando via alcuni attrezzi ginnici. Adesso, invece, il danno economico è stato causato soprattutto dalla forzatura degli infissi.

“Se abbiamo un circuito di videosorveglianza? Magari – sospira un dirigente della Virtus che preferisce rimanere anonimo – e infatti lo stiamo aspettando dal comune, finora invano. Di certo c’è che il colpo di stanotte, così come gli altri passati e non vedo come i ladri non potessero immaginarlo, non era per fare un facile guadagno. Puntava a spaccare senza alcuna pietà. Lo dico perché, anche se adesso sono state rimesse in piedi, stamattina le macchinette del caffè erano rovesciate, letteralmente sfondate. Che senso ha? Quanti soldi potevano mai contenere?”.

I ladri sono entrati con facilità: hanno scavalcato il cancello del campo Martini proprio di fronte all’area occupata dai nomadi e, più precisamente, dai cassonetti dell’immondizia oggi vuoti ma tutt’intorno pieni di spazzatura. Poi, da lì, si sono recati sotto le tribune dove non hanno, però, trovato alcunché di valore. Hanno, naturalmente, spaccato le porte per potersene accertare. Prima o dopo, quindi, si sono fiondati alla sinistra dell’ingresso scavalcato: lì ci sono gli uffici e il ripostiglio per pesi e altri attrezzi del genere. Per l’irruzione hanno dovuto sfondare la toppa della grossa inferriata.

“Tutte le porte erano chiuse a chiave tranne una – racconta il dirigente – ma in quella stanza c’è solo un armadietto vuoto. Hanno forzato, invece e senza riuscirci, la stanza degli attrezzi. Sono entrati, sempre forzando la porta, negli uffici della segreteria e lì hanno preso un pc rovistando in giro. Poi si sono accaniti nel locale accanto dove ci sono le macchinette del caffè. Nella stessa stanza c’è anche un ripostiglio dove sono conservati alcuni viveri: da lì non hanno portato, apparentemente, via nulla”. Indagano i carabinieri, intervenuti stamattina quando il custode ha aperto trovando lo sfacelo.

http://www.lagazzettadilucca.it/cronaca/2015/01/raid-al-campo-martini-per-rubare-gli-spiccioli-dei-distributori-del-caffe/

Polizia sgombera immigrati da edificio occupato

ROMA  –  Questa mattina intorno alle sette le forze dell’ordine hanno sgomberato l’occupazione dell’anagrafe di via Petroselli, in corso da due settimane per protestare contro l’art. 5 del decreto Lupi del maggio scorso che nega le residenze a chi non ha un regolare contratto di affitto (quindi agli occupanti senza titolo). Le trenta persone presenti nei locali sono state tutti identificate eccetto sei di loro, migranti senza documenti, che sono al centro di identificazione.

 

http://www.dire.it/home/10061-sgombero-roma-anagrafe-petroselli.dire

Branco di romeni sputa e aggredisce passanti – VIDEO

La Polizia di Stato di Cagliari ha identificato ieri sera tre persone accusate di aver minacciato e aggredito numerosi passanti (nel VIDEO).

Un fatto accaduto in piazza del Carmine poco dopo le 16,20, davanti alla sede centrale delle Poste. Ad andare in scena sono le ripetute aggressioni, precedute da insulti gratuiti ai passanti.

A inveire verso uomini, donne e bambini ed in particolare nei confronti di due genitori che si stanno recando nelle adiacenti scuole per raggiungere gli alunni all’uscita, è un gruppo di ragazzi con “accento straniero“. Sono in cinque; tre ragazzi e due ragazze.

Quello che ha le caratteristiche di un branco di balordi avvicina i passanti con una scusa, una domanda futile per poi sciorinare parolacce e minacce. Tra di essi c’è anche chi sputa verso i malcapitati che incontra per strada.

Alle ore 16,25 la svolta. Un signore chiama il 113 e allerta la Polizia. Trascorrono sette interminabili minuti di terrore. Da piazza Carmine il branco si dirige verso la Stazione. Nuove minacce raggiungono, passo dopo passo, altri passanti che rimediano qualche strattone ed anche un calcio.

Mentre il centralino della Questura squilla in continuazione, i facinorosi raggiungono un bar antistante la stazione e alterati per chissà quale motivo, si siedono, poi cercano di incrociare lo sguardo dei clienti più giovani. “Fammi 20 caffè“, ordina con arroganza uno dei ragazzi rumeni rivolgendosi al barista.Nel frattempo una pattuglia della Polizia raggiunge piazza Carmine. Dall’auto scendono due agenti e un signore ne richiama l’attenzione con un cenno di mano: “sono in quel bar…“.

In piazza Carmine e via Roma piombano altre quattro pattuglie. Gli agenti procedono con l’identificazione dei giovani. Due ragazzi oppongono resistenza e per questo motivo vengono perquisiti, e caricati a bordo delle auto della Polizia.A redarguirli è un agente. La loro identificazione avviene davanti a numerose persone che, basite, assistono alla scena.

I ragazzi, si apprende, sono di nazionalità rumena e – sembrerebbe – sono appena arrivati in città. Le indagini condotte dalla Questura cederanno il posto ad altre azioni? Per il momento (notizia in fase di aggiornamento), sono in stato di fermo.

– See more at: http://www.sardegnasotterranea.org/cagliari-branco-di-teppisti-sputa-e-prende-a-calci-i-passanti/#sthash.tHx1D6sa.dpuf

 

Pensionata aggredita in casa da ‘ladri acrobati’

La palazzina di viale Venezia dove sabato notte si è consumata la rapina in casa FOTOLIVE/FILIPPO VENEZIA

Quasi certamente doveva essere «soltanto» un furto. Invece, è degenerato in rapina. Probabilmente i ladri pensavano che la casa fosse vuota. In realtà, le luci erano spente perché in quel momento la proprietaria, una pensionata bresciana di 74 anni, stava riposando. E così, attorno alle 23 di sabato, in una palazzina di viale Venezia, nello stabile che ospita anche la farmacia, i malviventi sono entrati in azione arrampicandosi come gatti attraverso la grondaia. Con agilità hanno raggiunto il balcone al terzo piano, dove risiede la signora Gabriella, e hanno forzato la porta finestra per avere accesso all’appartamento e iniziare a rubare.
SCENE DIVENTATE ormai un’abitudine, una drammatica consuetudine in ogni quartiere della città. Ufficialmente le statistiche annunciano reati in calo nel Bresciano, dai furti alle rapine, ma non tutti gli episodi vengono denunciati, o per mancanza di fiducia o per paura. Sta di fatto che la signora Gabriella nel sentire i rumori si è alzata dal letto e in salotto si è trovata davanti due uomini sconosciuti. «Erano mascherati», ha raccontato ai carabinieri, mentre effettuavano i rilievi alla ricerca di tracce e di impronte nell’appartamento. Poi ha aggiunto: «Parlavano italiano, ma erano stranieri. Mi hanno spintonata e hanno portato via soldi e gioielli».
SOTTO SHOCK. l’anziana ha avuto la forza di ricordare prima di essere accompagnata al pronto soccorso della casa di cura «Città di Brescia».
Non ha nulla di grave, ma ha provato tanta paura. Nella notte ha fatto ritorno nel suo appartamento, con una prognosi di 5 giorni. Ieri mattina era in casa, ma non era in grado di rispondere. «La signora non sta bene», ha risposto al citofono un uomo con voce straniera. Era il badante. Poco dopo è sopraggiunto il figlio: «Lasciateci in pace. Non abbiamo nulla da dire», ha dichiarato.
Impossibile farsi raccontare quanto avvenuto l’altra sera nella palazzina distante soltanto un chilometro da piazzale Arnaldo, il salotto della città. Il desiderio delle vittime è di dimenticare in fretta, anche se non sarà facile, sia per la signora Gabriela, sia per i familiari e anche per i vicini. «Ho saputo della rapina vedendo i carabinieri – racconta un signore sulla porta -. Abbiamo paura. I ladri entrano anche in un appartamento al terzo piano! Non siamo più sicuri…».
FRATTANTO da parte dei carabinieri della Compagnia di Brescia che hanno effettuato i sopralluoghi con i colleghi del Sis (rilevano le impronte lasciate dai ladri) è caccia aperta ai due malviventi che si sono allontanati dalla palazzina al civico 71 con soldi e gioielli, compresi alcuni cari ricordi di famiglia per un valore quantificato in 3.500 euro.
I carabinieri hanno sentito i vicini alla ricerca di elementi utili alle indagini. Oggi visioneranno le immagini di alcune telecamere di sicurezza puntate sulla farmacia di viale Venezia e sulla strada.
I due ladri potrebbero essere stati ripresi a volto scoperto o mentre si allontanavano dalla palazzina. Chi indaga si domanda come facessero a sapere che in quella casa c’era probabilmente una persona sola e anziana o a immaginare che l’abitazione fosse vuota.

http://www.bresciaoggi.it/stories/Home/1022722_terrore_per_una_pensionata_aggredita_da_ladri_acrobati/

Giornalista Repubblica pestato da immigrati!

Fino a quel momento era stata una sera come altre. Verso le dieci era uscito dalla redazione e a piedi aveva raggiunto la fermata del 14 in corso Re Umberto, all’altezza di via Legnano. Invece venerdì sera il cronista di Repubblica Gabriele Guccione, mentre aspettava l’autobus che lo avrebbe riportato a casa, è stato aggredito e malmenato da tre giovani, sui vent’anni, probabilmente nordafricani, che hanno cercato di rapinarlo. Al pronto soccorso del Cto, i medici hanno diagnosticato una frattura del trochite omerale del braccio destro ed emesso una prognosi di trenta giorni.

L’aggressione è avvenuta verso le 22.40. Avendo perso l’autobus alla fermata di corso Vittorio, il nostro collega aveva deciso di incamminarsi a piedi verso la fermata successiva. Ed è lì che un giovane, che indossava un giubbotto col cappuccio, sbucato da dietro, si è avvicinato al giornalista e gli ha strappato di mano il cellulare. La risposta istintiva è stata quella di colpire con una manata al volto il rapinatore e di riprendersi il telefonino.

Ma proprio in quel momento due complici dell’aggressore si sono avvicinati e lo hanno bloccato. Gabriele Guccione ha cercato di scappare, ma i tre lo hanno inseguito e buttato a terra, prendendolo a calci. Poi probabilmente sono stati disturbati da qualcosa, perché uno ha richiamato in fretta i due complici e i tre si sono dileguati, senza portargli via nulla, né portafogli né cellulare.
Rimasto a terra, il nostro collega è stato soccorso da un automobilista che aveva parcheggiato a pochi passi dal luogo dell’aggressione. Delle indagini si stanno occupando i carabinieri della stazione Monviso.

E così l’altra sera, come ogni sera, sono uscito dal giornale e ho saputo cosa vuol dire essere soli. Stavo aspettando il 14 alla fermata per tornare a casa, in giro nessuno, e per la prima volta in ventott’anni mi sono sentito solo a Torino. E non è successo a Barriera di Milano o a Falchera. Non è successo nemmeno davanti al Moi, a due isolati da casa mia, nel quartiere dove sono nato e cresciuto e dove da qualche tempo i professionisti che si sono affiliati al franchising della paura urlano dagli al «negro» ad ogni piè sospinto; tutte le sere da due anni viaggio con chi, abbandonato dallo Stato, ha trovato rifugio dentro le vestigia olimpiche di via Giordano Bruno: non è mai successo niente.

È successo invece alla Crocetta, nel quartiere “bene”. Dove non ti aspetteresti di essere preso a calci e a pugni su un marciapiede da tre ragazzi appena ventenni che, la loro origine non importa, parlano benissimo l’italiano e vogliono il tuo cellulare da 150 euro. Ero alla fermata di via Legnano, dopo aver fatto due passi da corso Vittorio, dove avevo perso il primo bus. È qui che mi si piazza davanti un giovane che mi strappa dalle mani lo smartphone mentre stavo cercando, in queste sere “festive” di servizio a singhiozzo, il passaggio del prossimo bus sull’app di Gtt. Ma a credere nella mobilità sostenibile in questa città ci si rimette: due aggressioni in un anno, l’altra sul tram 4 ad opera di un tossico che mi aveva seguito fino alla mia fermata. Ero riuscito ad allontanarlo.

Questa volta no. Dapprima ho la prontezza di riprendere il telefono e di allontanare lo scippatore con una manata. Scappo via. E solo allora mi accorgo che gli aggressori sono tre. In mezzo al deserto di corso Umberto, cominciano a menare mani e piedi. Urlo aiuto. Nessuno sente o ha orecchi per farlo. Allora tratto: «Prendete i soldi, lasciatemi il cellulare”. Dentro c’è la mia agenda, la mia rubrica. Il mio mestiere, ormai è in buona parte lì dentro. Con mia sorpresa però mi lasciano a terra e scappano, senza prendere niente. Deve averli spaventati qualcosa.

Frattura trochite omerale. L’aggressione mi è costata una spalla rotta e 30 giorni di prognosi. La simpatia e la professionalità del dottor Massimo Girardo e della radiologa Silvia Castellano del Cto hanno reso la diagnosi meno triste. Ma alla fine resta il dolore. Non tanto per la spalla. Per quell’ombra che tale è rimasta, sparendo dietro una finestra di indifferenza che il mio sguardo puntava mentre stavo a terra. E che alla fine l’unico gesto che ha fatto è stato di spegnere la luce.

LINK: http://torino.repubblica.it/cronaca/2015/01/04/news/cronaca_di_una_rapina_in_diretta_la_vittima_stavolta_il_giornalista-104271244/