Tag: angoli

Racket dell’elemosina: zingara residente in campo nomadi del Comune schiavizzava questuanti

Sfruttava i mendicanti-disabili arrestata dai vigili urbani
L’operazione in piazza Carducci La donna li portava in strada li controllava e poi si prendeva i soldi in cambio di qualche fetta biscottata

Il mercato della pietà aveva una sfruttatrice. Sorvegliava i disabili piazzati agli angoli delle strade per fare soldi con l’elemosina, «succhiava» i loro soldi e ricambiava con qualche fetta biscottata e un bicchiere di latte. Ieri mattina, gli agenti del Nucleo Nomadi della polizia municipale hanno arrestato Tunde Hamzo, 37 anni, romena come i disabili sfruttati e ridotti in schiavitù. Loro sono stati soccorsi, in due interventi a distanza di qualche giorno.
Il primo è avvenuto a San Salvario. Una pattuglia della polizia municipale aveva notato un uomo che faticava a stare in piedi. Appena viste le divise, aveva pure cercato di nascondersi. Gli agenti lo hanno soccorso, accompagnato in ospedale. Senza bastoni o stampelle, era riuscito a trascinarsi fino a San Salvario, nemmeno lui sa quanta strada è riuscito a fare. Ha descritto la sua aguzzina. L’identikit corrispondeva alla donna arrestata ieri .

Gli agenti del Nucleo Nomadi avevano ricevuto varie segnalazioni di un uomo sulla sedia a rotelle che chiedeva l’elemosina, tra piazza Carducci e le Molinette. Ieri mattina, si sono appostati in zona per controllare. Alle 7,30 erano già in zona, la donna è arrivata un’ora dopo, spingendo la carrozzina del disabile. E’ un uomo di 36 anni, soffre di una malattia genetica che gli rende impossibile muovere braccia e gambe, persino parlare è un’impresa. Lei ha piazzato un bicchierino di plastica in grembo al suo «raccoglitore» di elemosina e si è messa sotto la pensilina del bus poco distante per controllare. Ogni tanto, si avvicinava e svuotava il bicchierino. Tutto fotografato e filmato dalla polizia municipale per un paio d’ora, prima di intervenire. E mettere fine a quell’inferno.

Bosniache dedite al borseggio seriale: libere di delinquere perchè sempre incinte

Milano 24 giugno 2013 – Le chiamano così: le bosniache (per la nazionalità). Scendono in metrò ogni giorno. «Lavorano» per ore, nelle fasce più affollate dai passeggeri. Non si allontanano quasi mai dal centro, rimangono di solito in uno spazio delimitato dalle fermate Centrale e Cadorna. Chi frequenta per abitudine quelle stazioni del metrò le ha viste spesso. E le riconosce. Scippano e borseggiano. Ogni giorno. Più volte al giorno. Le conoscono gli agenti della Polizia locale. Ricordano le loro facce molti operatori dell’Atm (per seguirle e fermarle, sono sempre più fondamentali i sistemi di sicurezza e la modernissima e capillare rete di telecamere dell’azienda dei trasporti). Ogni tanto le arrestano. E qualche giorno dopo le rivedono. Perché le bosniache sono un gruppo di madri e future madri. Tutte incinte. La procedura di solito è questa: arresto, convalida, rimessa in libertà. Soltanto nell’ultimo mese è successo due volte.

Quindici giugno scorso, metà mattinata, fermata Cadorna, i vigili dell’Unità prevenzione reati predatori individuano le ragazze e le seguono attraverso le telecamere dell’Atm che inquadrano gli angoli delle stazioni. Appena «agganciate», le bosniache fanno però subito il primo borseggio. Con la tecnica che usano sempre, un copione a suo modo «perfetto»: circondano una donna nel momento in cui sta salendo sul treno, creano un po’ di calca, una infila la mano nella borsa. Mentre il treno parte, riescono tutte a saltar fuori, mentre la vittima rimane dentro. È per questo che da tempo anche il Comune ripete di fare attenzione in metropolitana, in particolare nei momenti di salita sui treni. Comunque, poco prima delle 11 del 15 giugno, le ragazze entrano in un treno e si allontanano.

Gli investigatori della Polizia locale, in borghese,scendono allora in banchina. E aspettano. Le bosniache sono seriali, ripetitive, un «gruppo d’assalto» che non si ferma mai. E infatti poco dopo ricompaiono in banchina a Cadorna. Stesso metodo: stavolta seguono una donna con un trolley. La circondano, scappano dal treno nel momento in cui si stanno per chiudere le porte. È in quel momento che gli agenti della Polizia locale le bloccano. La stessa cosa era già accaduta esattamente due settimane prima, il primo giugno. E in tutti e due i casi l’esito è stato lo stesso: la Procura ha convalidato l’arresto, ma le ragazze sono state rilasciate, perché sono tutte incinte.

E qui si pone un problema più generale e complesso per le autorità: se da una parte la gravidanza (rispetto a reati non gravissimi come il borseggio) è motivo per non entrare in carcere, dall’altra queste ragazze tornano in metropolitana a commettere sempre gli stessi reati. Anche perché fanno parte di gruppi criminali che le sfruttano, come accade per l’accattonaggio con i minorenni. Le bosniache sono ben vestite, come giovani ragazze qualsiasi. Si muovono in gruppo o si dividono, per poi riunirsi. Continueranno a passare sotto le telecamere di controllo dell’Atm. Chi indaga, sa che la questione non è se, ma quando verranno riarrestate.

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/13_giugno_24/banda-borseggiatrici-bosniache-metropolitana-rilasciate-incinte-2221813839343.shtml