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Spaccia droga: è un rifugiato politico

Arrestato “profugo”: spacciava nel  sottopasso stazione Mestre

La lettura dell’articolo è sconsigliata, a chi non “regge” la stupidità dei pennivendoli italiani.


In Libia, faceva il mercenario.

Nel 2011 la decisione di fuggire dal sangue e dall’esercito. I.M., 25enne del Ciad, però, in Italia non ha trovato la ricchezza che sperava. Peggio. Si è ridotto a fare lo spacciatore di marijuana e cocaina tra Mestre, Spinea e Marghera, finché stanotte per lui non sono scattate le manette. Per la traversata su una carretta del mare aveva pagato 7mila euro agli scafisti. Poi lo sbarco a Lampedusa e la concessione dello status di rifugiato politico.

Da qui in poi la sua storia si interrompe per “riemergere” ieri notte nel sottopassaggio della stazione di Venezia Mestre che collega Marghera al centro mestrino. I carabinieri di Spinea, che lo stavano seguendo da quattro giorni, l’hanno sorpreso in flagrante mentre, dopo essere sceso dalla bicicletta con la quale si muoveva per incontrare i clienti, consegnava nelle mani di un italiano un involucro pressato con sessanta grammi di marijuana, estratto dalla tasca dei pantaloni. I due agenti appostati sono subito intervenuti, bloccando la compravendita. Il pusher, perquisito, è stato trovato in possesso di altri involucri per un’altra trentina di grammi di marijuana e di un paio di dosi di cocaina.

Arrestato spacciatore sottopasso stazione Mestre
L’acquirente, però, è riuscito a scappare grazie all’intervento di un terzo soggetto, che si sarebbe messo a gridare contro i carabinieri, rimasti in minoranza. Per I.M., invece, sono scattate le manette. La sua area di spaccio comprendeva la zona della stazione di Mestre (dove risiedeva da un connazionale in via Spalato), Marghera e le piazze di Spinea. Le forze dell’ordine hanno sequestrato anche alcune banconote di piccolo taglio ritenute provento della sua attività illegale. Stamattina la convalida dell’arresto. Il 25enne è stato condannato ai domiciliari.

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Un velo pietoso sul pennivendolo che ha scritto l’articolo: “non ha trovato la ricchezza sperata”, idiota con la penna a sfera, la ricchezza il suo amichetto mercenario aveva ben chiaro come trovarla, spacciando e dandosi alla criminalità con la compiacenza di individui come lei.

Un altro velo pietoso su questo Stato criminogeno che affama i propri cittadini e concede Asilo Politico ad un mercenario che ha pagato 7mila euro per essere inviato in Italia. Robe da matti.
Cosa pensavano facesse, un mercenario abituato alle mattanze gheddafiane in Italia? Qualsiasi non mentalmente cerebroleso ne avrebbe previsto il comportamento.
Senza contare che il “rifugiato” prende la paghetta di 45€ al giorno che, evidentemente, integra con lo spaccio di droga.

Ma il culmine lo si raggiunge con il fatto che, il Ciadiano non venga né espulso né incarcerato: arresti domiciliari. Dove? Nella struttura Caritas che lo ospita.

La Caritas, al centro del traffico: d’uomini e di droga.

Perugia nella morsa: feriti, ambulanze assaltate, passanti aggrediti

Gli immigrati minacciano: «Ora vedrete quanti problemi possiamo creare». L’urlo di guerra del clan dei Tunisini. Sbattuto in faccia ai residenti terrorizzati. Il tam tam che uno dei loro è stato appena accoltellato, in piazza Danti,dal gruppo rivale degli albanesi li raduna in corso Garibaldi. Poche centinaia di metri su e giù per il centro storico, dal salotto buono al Borgo d’oro: scorci meravigliosi di una città vecchia devastata dalla guerriglia delle bande dello spaccio. Qualche minuto per ritrovarsi, armarsi di bastoni, coltelli, segnali divelti e un paio di pistole scacciacani. Poi il clan dei tunisini parte a caccia degli albanesi che mezzora prima hanno lasciato in piazza Danti un loro giovane connazionale in un lago di sangue. Rissa per la droga: in un rapporto di forze che non pare più cristallizzato in grossisti e spacciatori di piazza, all’origine della notte d’inferno ci potrebbe essere una partita di cocaina non pagata forse a seguito di qualche «fregatura».
Raid fino all’alba.La caccia all’albanese va avanti almeno fino alle tre del mattino. I tunisini devastano fioriere, cassonetti, sedie, tavolini. Volano bottiglie e bastonate, spari delle pistole a salve, la gente si ripara come può. Cercano gli albanesi, pensano si nascondano in alcuni bar fra corso Vannucci e piazza Grimana. «Siamo stati fortunati a chiuderci dentro in tempo. Quelli da fuori spingevano per entrare con i bastoni e le spranghe, e noi a tenere le porte. I clienti erano terrorizzati e piangevano»: il racconto all’unisono dei gestori. C’è anche chi sconta la furia dei nordafricani. Una persona davanti ai bar di piazza Grimana tenta di calmarli: in cambio riceverà un paio di cazzotti che lo fanno crollare a terra. Ma la follia tocca l’apice qualche istante prima, quando i tuninisi tentano di impossessarsi in piazza Grimana dell’ambulanza che sta curando e trasportando il connazionale ferito. «Sbucavano da tutte le parti – raccontano ancora tremando i sanitari – abbiamo temuto volessero ammazzarci».
Le forze dell’ordine.Col passare dei minuti polizia, carabinieri e guardia di finanza riconquistano ai balordi metri su metri, e la guerriglia nei vicoli si arresta. Intorno alle tre la situazione torna definitivamente sotto controllo. Nel frattempo ci sono due fermati e l’accoltellato arriva in ospedale: la ferita all’addome non è di poco conto, e l’equipe del professor Donini qualche ora dopo al Santa Maria della Misericordia interverrà per scongiurare il peggio, con la lama del coltello passata molto vicina all’arteria. E’ ancora in prognosi riservata. I due fermati, Ahmed Chemmakhi e Abdeglil Miegeri (18 e 22 anni) vengono portati in questura con l’accusa di danneggiamento aggravato, resistenza a pubblico ufficiale aggravata e lesioni aggravate. Non solo loro, in tutto i partecipanti alla follia di martedì sera sono una decina. Di questi, almeno cinque sarebbero stati identificati. Ci sono poi altri feriti, tra cui un albanese di 26 anni (colpito sembra in via del Fagiano) e alcuni fra le forze dell’ordine con diverse auto di polizia, carabinieri, finanza e municipale danneggiate.
I controlli.Tempo di far sorgere il sole e parte la controffensiva di carabinieri e polizia. Tre appartamenti-covo della zona di piazza Grimana («vogliamo le pattuglie in piazza di sera» dicono i commercianti) vengono sgombrati dai carabinieri con l’aiuto dei vigili del fuoco: dentro, diversi clandestini. Arrivano i reparti mobili della polizia da Roma e i rinforzi per i carabinieri sempre dalla capitale. Vengono visionati i filmati delle telecamere, e mentre arriva la convalida dei due fermi e l’arresto di altre due persone per spaccio ecco servita la vendetta ancora a base di coltellate: una, anche se superficiale, scagliata alla gamba di un albanese accerchiato in zona Arco etrusco da cinque tunisini. Il ragazzo riesce a fuggire e rintanarsi in un bar, rannicchiato dietro il bancone. Fuori, gli aggressori lo minacciano puntando quel coltello: «Uno dei nostri è in ospedale mezzo morto, ora ammazziamo tutti gli albanesi». Una pattuglia dei carabinieri in zona li metterà in fuga. «Serve una risposta dei cittadini – dice Primo Tenca, presidente dell’associazione Vivi il Borgo – abbiamo ricevuto richieste di aiuto dalle studentesse della casa della Studentessa che si trovano in gravi difficoltà. Argomenti sui quali riflettere e prendere decisioni».
Il comitato.In serata dal comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, che si è tenuto in un clima di tensione, arrivano indicazioni forti: controlli ancora più stretti e presidi delle forze dell’ordine nelle zone calde della città, vista anche con la presenza anche dei reparti arrivati da Roma, maggior utilizzo delle telecamere e controlli dell’Asl nei locali notturni e quelli etnici.

Una città in preda all’immigrazione. Assediata e ostaggio di bande di immigrati, molti dei quali accolti sotto le mentite spoglie di “profughi”. I locali etnici sorti come funghi dopo le liberalizzazioni di Bersani, sono le basi di questi criminale, i Sindaci delle città dovrebbero pensarci prima, non dopo. E i vari xenofili che contrastano la legge Harlem della Lombardia, dovrebbero invece “copiarla”.

Una città come Perugia, simbolo dell’occupazione. Non è più tempo di aspettare lo “Stato”, devono nascere ronde che controllino i quartieri e spazzino via gli immigrati che spacciano. E’ tempo che i Perugini e gli Italiani si armino, perché un uomo armato è un cittadino, uno disarmato è un suddito. Riprendiamoci Perugia.

http://www.ilmessaggero.it/umbria/perugia_assaltata_dagli_spacciatori_anche_lambulanza_con_il_ferito/notizie/195119.shtml

Padova: arrestati in 8. Spacciavano con il “permessino umanitario”

PADOVA. Un’organizzazione di trafficanti di droga tunisini è stata sgominata dalla Polizia di Stato di Padova, che ha eseguito otto ordini di custodia cautelare in carcere emessi dalla Procura della Repubblica euganea. I provvedimenti, arrivati dopo oltre un anno di indagini, sono stati firmati dal gip Vincenzo Sgubbi.
I destinatari della misura cautelare in carcere sono: Soufien Akouri, detto Sofien, 28 anni, tunisino con permesso di soggiorno per motivi umanitari dunque profugo, Aziz Bouadili, marocchino 21 anni (profugo, già in cella per spaccio), Mohamed Isam, marocchino, 21 anni (profugo già in cella per spaccio), Bouzieri Banini, 21 anni, marocchino, (profugo già in cella per spaccio), e Shkelzen Dini, 32 anni, albanese, domiciliato a Padova in via Cadamosto. Altri tre soggetti nordafriciani sono ricercati.
Inoltre, sono stati portati in questura (fanno parte della stessa banda) e identificati Mohamed Hasni, detto Hamma, 29 anni, tunisino (profugo), Ayoub Lakel detto Ayoub, tunisino di 27 anni (profugo) e Abdelmoneam Dhouibi, detto Monem, 27 anni, tunisino e profugo. Tutti e tre sono colpiti da un divieto di dimora a Padova e Hasni e Dhouibi sono già stati portati al cie di Gorizia.
L’operazione, condotta dalla squadra mobile e diretta dal pm Luisa Rossi, si è incentrata su un gruppo di tunisini, tutti con permesso di soggiorno per motivi umanitari, che aveva fatto base in un casolare abbandonato in via Perù, dopo aver soggiornato in un Hotel di Occhiobello per mesi in quanto profughi. Gli indagati si erano imposti sul mercato padovano dlelo spaccio usando metodi violenti per imporre la loro presenza criminale. Dalle indagini sono emersi responsabilità dei tunisini in alcuni dei principali situazioni di violenze ed aggressioni nei quartieri del Portello ed alla Stanga, nell’estate scorsa, che aveva creato notevole allarme sociale tra i cittadini.

http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2012/02/13/news/avevano-il-permesso-umanitario-ma-spacciavano-8-arresti-1.3176581