Cesena: una vicina di casa Marocchina arrestata per l’omicidio dell’89enne

27-02-2012

CESENA – Pericolo di fuga: questo ha motivato il fermo di polizia giudiziaria a carico della vicina di casa di Wally Urbini, una marocchina di 58 anni, principale indiziata dell’omicidio dell’89enne cesenate, rinvenuta cadavere nella sua abitazione giovedì mattina. L’udienza di convalida dell’arresto non è ancora avvenuta. Al momento la donna si trova rinchiusa nel carcere di Forlì, e su di lei pesano gravi indizi di reato.  Manca la prova schiacciante come il movente e l’arma del delitto, ma le risultanze investigative emerse da interrogatori e intercettazioni non lasciano molti dubbi agli inquirenti, coordinati nell’inchiesta dal pubblico ministero Alessandro Mancini.
LE PROVE. La classica mossa falsa del killer, gli agenti della Squadra mobile l’hanno individuata ieri. Si tratta di due elementi di assoluta rilevanza, emersi grazie alle intercettazione telefoniche e ambientali e all’analisi delle deposizioni raccolte in questi due giorni di interrogatori. La prima prova arriva dall’intercettazione di una comunicazione tra la donna arrestata e una sua parente, che all’oscuro di tutto era stata indottrinata dalla marocchina per gettare nell’immondizia un sacchetto del patume. Gli agenti di polizia sono riusciti a recuperarlo, trovandoci all’interno alcuni vestiti di Wally, le due fedi e il borsello che conteneva gli 86 euro che mancavano all’appello dall’abitazione della vittima. La seconda prova è una grave contraddizione emersa dalle risposte fornite agli inquirenti dalla vicina di casa. Questa aveva assicurato alle forze dell’ordine che mai era entrata in quell’abitazione se non il giorno del rinvenimento del cadavere. Ricostruzione per gli inquirenti mendace, dal momento che quando è stata fermata  ieri pomeriggio mentre cercava di raggiungere l’aeroporto di Bologna per imbarcarsi alle 20 su un volo per Casablanca, in valigia le sono stati trovati diversi abiti di Wally Urbini.
IL TENTATIVO DI FUGA. Unitamente agli indizi che davanti agli occhi degli investigatori hanno permesso di indicare la 58enne marocchina come presunta assassina, un altro dettaglio ha determinato il fermo di polizia della donna: il pericolo di fuga. Anche in questo caso le intercettazioni hanno fatto la loro parte, consegnando alla questura una comunicazione in cui la donna manifestava la volontà di lasciare l’Italia poiché “quella casa era piena di sue impronte”. Il biglietto aereo per Casablanca la donna l’aveva acquistato giorni prima l’omicidio, sottolineando prima del fermo di voler rimpatriare per questioni familiari. Gli inquirenti, e soprattutto i parenti, le avevano chiesto di desistere, ma domenica pomeriggio la donna è sparita e con le valigie in mano era partita alla volta di Bologna.     IL FERMO. Una volta sparita domenica pomeriggio, sulle sue tracce si sono lanciati gli agenti di polizia, il marito e i figli. Proprio la sua famiglia, descritta come straordinariamente collaborativa con le forze dell’ordine, è stata in grado di far ritornare la donna su suoi passi, portandola in questura nel tardo pomeriggio di domenica.     Qui la donna, difesa da un avvocato di ufficio, si è avvalsa della facoltà di non ripondere. Concluse le pratiche, è stata rinchiusa in carcere alla “Rocca” di Forlì. 

LA FAMIGLIA. Sarebbe sbagliato per quanto banale, associare l’accaduto ad altri reati legati all’immigrazione. Qui non siamo davanti ad una famiglia indigente con valori ed usi diversi dalla tradizione italiana. La famiglia dalle donna, composta da marito e tre figli, vive in Italia da 20 anni. Il consorte lavora come autotrasportatore mentre lei è molto conosciuta in città per aver prestato servizio come colf presso le abitazioni di molti esponenti della Cesena “bene”[nbnote ]Giornalista bene addestrato alla xenofilia. Insomma, secondo il giornalista, siccome l’omicida non viene da una famiglia di immigrati poveri, allora non c’entra con l’immigrazione e l’immigrazione non è “male”.  E’ semmai vero l’opposto: significa che gli immigrati commettorno reati, in questo caso un omicidio, a prescindere dalla loro posizione economica. Quindi l’immigrazione è ancora meno assimilabile perché non è la povertà a rendere gli immigrati delinquenti. Ma qualcosa di più profondo.[/nbnote]. Gli inquirenti sono rimasti sbalorditi dal loro atteggiamento durante le indagini: estremamente collaborativi anche quando gli agenti della squadra Mobile ricercavano la 58enne perché indiziata dell’omicidio. Loro l’hanno convinta a presentarsi in questura, loro hanno permesso una più veloce riuscita delle indagini con un porsi  davanti all’inchiesta – ha sottolineato il capo della squadra Mobile Claudio Cagnini – diverso da quello che generalmente fanno gli italiani, più propensi a chiudersi a riccio intorno al parente sotto accusa[nbnote ]Fantastico. L’immigrato è sempre buono, anche quando ammazza un anziano innocente, si trova il modo, piuttosto ridicolo e patetico, di glorificare l’immigrazione.[/nbnote].
IL MOVENTE. Non esiste una prova certa che legittimi quanto accaduto. Esiste però un profilo psicologico debole che recentemente ha caratterizzato la 58enne marocchina. Caduta negli ultimi mesi in una profonda depressione, ha evidenziato una patologica esigenza di denaro, una cronica necessità di esibire la sua posizione soprattutto agli occhi dei parenti lasciati in Marocco. Lo dimostrano certi atteggiamenti e quelle valigie piene di vestiti e prodotti con cui faceva sempre rientro in patria. Ultimamente questa smania si manifestava con reiterate richieste di piccoli prestiti ad amici e conoscenti, come Wally Urbini, a cui la donna chiese invano 100 euro proprio il giorno prima dell’omicidio. Questo atteggiamento deve aver indotto comportamenti al limite del compulsivo, come l’atto di rubare le due fedi dalla casa della vittima il giorno stesso del rinvenimento del cadavere. Quegli anelli erano presenti all’arrivo del figlio e della vicina di casa, ma sono spariti nelle ore successive.     PUNTI D’OMBRA. I vestiti e gli oggetti preziosi di Wally Urbini recuperati nella valigia della marocchina e nel sacco dell’immondizia che questa aveva dato ordine di smaltire, non si sa quando e in che ordine siano stati rubati. Le fedi per esempio sono scomparse dopo l’omicidio, mentre altri abiti mancavano all’appello anche prima. La colluttazione può essere stata originata proprio quando la donna è stata scoperta dalla vittima nel tentativo di rubare questi oggetti, tra cui quegli 86 euro di cui non vi è più traccia.

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