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Panico a Padova: caccia al maniaco

Quella di ieri a Padova è la quarta aggressione in tre settimane in città: una donna di 79 anni è stata colpita alla testa con un sasso da un malvivente, un rapinatore che potrebbe essere seriale.
Già, perché in quasi tutti i casi le vittime sono stati anziani, colpiti alle spalle con una bastone o un sasso alla testa. L’ultima in ordine di tempo è proprio l’anziana ferita in via Tirana, nel quartiere Palestro, rapinata della borsetta: la donna ha riportato una prognosi di 10 giorni e una ferita-lacero contusa alla testa.
L’appello della polizia: aiutateci a trovarlo. La polizia ha deciso di chiedere l’aiuto ai cittadini invitando chiunque avessi visto qualcosa a contattare le forze dell’ordine.
L’identikit. Un uomo sulla trentina, di carnagione chiara, probabilmente originario dell’Est Europa.

http://www.ilgazzettino.it/NORDEST/PADOVA/padova_rapina_aggressione/notizie/345604.shtml

PADOVA – Ha le ore contate. Gli investigatori che stanno conducendo le indagini per acciuffarlo, infatti, si stanno muovendo quasi come se avessero un conto personale da regolare con lui. E pertanto vogliono arrivare ad ammanettarlo al più presto, magari prima che colpisca un’altra volta. Perché il terrore che ha seminato in città, colpendo alla testa persone inermi per rapinarle, ha destato un grande allarme e un’enorme percezione di insicurezza in tutti i quartieri.

In città, dunque, è scattata una spietata caccia al rapinatore seriale che potrebbe essere l’unico autore delle quattro aggressioni avvenute in tre settimane, l’ultima delle quali ai danni di Iris Grigoletto, colpita selvaggiamente sulla testa con un sasso l’altro pomeriggio in via Tirana da un bandito che si è poi dileguato con la borsetta della pensionata contenente pochi euro. Un episodio che fa pensare che ci si trovi di fronte a un “bandito seriale” perché ha troppe analogie con gli altri tre avvenuti pochi giorni fa: al cimitero dell’Arcella Antonia Milani era stata aggredita mentre pregava sulla tomba della figlia; due giorni dopo Leonida Marin era stato rapinato in via Sant’Alberto Magno mentre andava alla Cgil di via Riello dove opera come volontario; successivamente a Ponte di Brenta la cinquantenne Olivia Bortoletto, era stata picchiata dopo avere fatto un bancomat. In tutti e tre i casi, come peraltro nel primo, l’aggressore aveva colpito le vittime da dietro, ferendole al capo. Nessuna è riuscita a vederlo in faccia e per questo identificarlo non è facile, ma gli investigatori stanno lavorando con puntiglio e ottimismo su ogni dettaglio in loro possesso.

«Dobbiamo neutralizzarlo al più presto – sottolinea il questore Vincenzo Montemagno -. Si tratta di un individuo molto pericoloso, che si accanisce per pochi euro su persone indifese, come donne e anziani. E per di più sceglie luoghi dove non c’è tanto passaggio di gente. Purtroppo i rapinati non sono stati in grado di fornirci l’identikit del malvivente, perché sono stati presi tutti alle spalle. Noi, però, siamo fiduciosi». «Lancio un appello alla gente – aggiunge – e cioè di contattare la Questura per riferire qualunque particolare possa essere utile all’indagine. Anche il dettaglio apparentemente più insignificante, per noi può risultare fondamentale per la risoluzione del caso. Chiedo ai cittadini che abbiano un minimo sospetto di telefonare subito alle forze dell’ordine: non si devono preoccupare se poi la loro segnalazione si rivelerà infondata. Pure coloro che magari ripensando a questi episodi ritiene a mente fredda avere notato qualcosa prima che si verificassero, o subito dopo, ce lo dica. E soprattutto se c’è chi nota qualcuno con fare sospetto, che si muove come se ci accingesse a compiere una rapina con queste modalità, ci interpelli immediatamente senza remore. Ripeto: non importa se si tratterà di un falso allarme, o di una percezione errata. Le nostre pattuglie sono in stato di allerta sull’intero territorio. Gli agenti, coordinati dal capo della Squadra Mobile Marco Calì, stanno facendo controlli e perquisizioni a tutto spiano: speriamo di poter avere al più presto una buona notizia».

«Siamo di fronte a un rapinatore che si comporta come un animale – rincara il prefetto Ennio Mario Sodano -. Anch’io lancio un appello affinché chi ha informazioni utili per identificarlo si faccia vivo con le forze dell’ordine. Certo, non è un’indagine semplice, ma credo che tutti stiano mettendo il massimo impegno per arrestare questo pericoloso rapinatore. Ormai è diventato un fatto “personale”: un bandito che si accanisce contro i deboli deve finire al più presto in galera».

«Credo si tratti di un balordo, forse di un tossicodipendente – conclude Marco Carrai, assessore alla polizia Municipale – che prende di mira vittime che non si possono difendere, non esitando a ferirle per pochi spiccioli. È pericoloso proprio perché alterato e quindi bisogna scovarlo al più presto. Sono certo, però, che ormai è questione di pochissimo tempo: gli agenti della nostra Squadra Mobile sono degli ottimi professionisti»

http://www.gazzettino.it/NORDEST/PADOVA/padova_rapinatore_seriale/notizie/346050.shtml

Studente italiano circondato e pestato da tre immigrati: “Questo è il nostro territorio”

PADOVA 23 ottobre 2013 – E’ stato aggredito in piazzale Stazione: la vittima è Matteo Basso, 18 anni, studente dell’Istituto tecnico commerciale e per il turismo Einaudi situato a due passi da piazza Mazzini. «Stavo andando a scuola, saranno state le otto e, come di consueto, avevo le cuffie con la musica» racconta Matteo, che ogni giorno a Legnaro, dove abita, sale a bordo del bus e arriva in piazzale Stazione per poi percorrere un tratto a piedi.

«Nei pressi di via Cairoli mi sono venuti incontro tre uomini e uno di questi mi ha dato una spallata. Avranno avuto più di 20 anni ed erano nordafricani. In modo minaccioso mi hanno domandato “Cos’hai da guardare?”, ho risposto “nulla”; allora mi hanno chiesto dove stessi andando. Continuando a camminare ho risposto “a scuola”. Mi hanno detto “questo è il nostro territorio”». A quel punto è iniziata l’aggressione: «Uno mi ha bloccato alle spalle, mentre gli altri due mi hanno sferrato un calcio alle costole e un pugno in bocca». Passano una decina di secondi prima che il giovane riesca a reagire.

Nulla gli è stato rubato: «Mi sono buttato a peso morto, in modo da mettere in difficoltà quello che mi teneva da dietro e da sferrargli una gomitata. All’uomo che avevo davanti, invece, ho tirato un pugno in faccia. Così mi sono divincolato, fuggendo senza voltarmi. Purtroppo non sono in grado di riconoscerli». Spaventato e sanguinante, Matteo è entrato in un bar. «Mi sono sciacquato la bocca e ho aspettato di tranquillizzarmi, poi sono andato a scuola». Arrivato all’Einaudi il ragazzo ha subito avvisato i docenti che lo hanno accompagnato dalla vicepreside: quest’ultima ha allertato carabinieri e ambulanza.

Al Pronto soccorso è giunto il papà di Matteo, Franco Basso: «Ne avevamo parlato giusto domenica di fronte ai tanti episodi di aggressioni accaduti. Gli avevo consigliato di non rispondere a provocazioni» spiega Franco Basso, «Matteo è stato bravo ma anche fortunato perché è riuscito a scappare… E se al suo posto ci fosse stata una ragazza?». Il giovane non ha riportato nulla di grave, se non una ferita alla bocca e una forte botta alle costole. «Quella strada dovrò percorrerla obbligatoriamente per andare a scuola, ma adesso la rifarò con un occhio particolare» conclude Matteo.

http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2013/10/23/news/studente-aggredito-da-tre-immigrati-1.7977469

Stazione Padova: aggredisce passeggero a sprangate

Aggressione alla stazione di Padova, spranga agitata contro la polizia, un arresto

Ha aggredito un passeggero intento a comprare un biglietto alle casse automatiche della stazione ferroviaria di Padova, probabilmente tentando di rapinarlo, ma la vittima ha reagito mettendolo in fuga e allertando la polizia ferroviaria che dopo averlo scovato nascosto in un vagone, si è vista costretta a chiamare rinforzi sotto la minaccia di una sbarra di ferro agitata dall’aggressore, Kalid H., un 24enne marocchino finito in manette per resistenza a pubblico ufficiale. L’episodio è accaduto sabato intorno alle 19.30, l’immigrato è stato anche denunciato in stato di libertà per violazione della legge Bossi-Fini in quanto irregolare in Italia.

L’ARRESTO. Dopo la segnalazione giunta alla Polfer per l’aggressione alla biglietteria, gli agenti si sono messi alla ricerca del responsabile scovandolo all’interno di un treno merci. Qui lo straniero ha dato in escandescenze brandendo una spranga contro gli agenti, che hanno ottenuto il rinforzo di alcuni uomini delle Volanti. Le forze di polizia sono riuscite quindi a bloccare l’aggressore che è stato condotto in una camera di sicurezza in attesa del rito per direttissima celebrato lunedì

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Padova: caccia al maniaco che bastona le donne

Rapine violente: caccia al bandito tra immigrati dell’Est e balordi senzatetto
La donna tramortita a Ponte di Brenta aveva appena prelevato 500 euro. L’aggressore potrebbe essere arrivato in bicicletta

PADOVA. Aveva appena prelevato 500 euro allo sportello bancomat del Credito Cooperativo di piazza Modin poi si è diretta nella direzione opposta, verso piazza Barbato. Lungo la pista ciclabile che collega le due piazze del quartiere ha percepito una presenza alle spalle ma nulla ha potuto contro la violenta aggressione. Il rapinatore potrebbe essere arrivato in sella ad una bicicletta.
Continua l’indagine della Squadra mobile di Marco Calì per arrivare all’autore della rapina messa a segno sabato pomeriggio a Ponte di Brenta. Ieri mattina gli investigatori della questura hanno avuto tutti i dati dalla banca in questione. Sono venuti a sapere dunque che la donna, poco prima di essere aggredita, aveva prelevato 500 euro. I poliziotti hanno acquisito anche i filmati delle telecamere esterne, nella speranza che si scorga l’arrivo o la fuga del rapinatore. Domenica pomeriggio sono riusciti anche a parlare anche con Olivia Bortoletto, qualche ora dopo il risveglio nel reparto di terapia intensiva. La vittima ha confermato di aver avvertito una presenza alle spalle e ha paventato la possibilità che l’individuo sia giunto in bici.
Nessuna ipotesi certa invece sull’oggetto usato per colpire. Vicino a lei era stato trovato un mattone ma stando ai successivi accertamenti sembra che nulla c’entri con l’episodio. Il tipo di ferita e i danni causati fanno propendere più per un tubo in acciaio o una mazza di legno.
La polizia sta concentrando le ricerche in un ambito ben preciso: quello degli immigrati dell’Est, senzatetto, sbandati, gente senza fissa dimora. L’uomo che nel giro di una settimana ha colpito con il bastone tre persone alle spalle è un disperato disposto a tutto pur di recuperare denaro. Dopo questo terzo episodio la preoccupazione sale. Si teme che possa succedere ancora e che i colpi inferti prima derubare le vittime prescelte possano avere conseguenze ben più gravi.
L’attenzione è massima, gli investigatori del vice questore aggiunto Marco Calì, da sabato, sono sguinzagliati in città alla ricerca del balordo.

http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2013/10/15/news/rapine-violente-caccia-al-bandito-tra-immigrati-dell-est-e-balordi-senzatetto-1.7927754

Circondata e pestata da tunisine: “Dobbiamo ucciderti perchè sei italiana”

PADOVA 12 ottobre 2013 – È stata aggredita a bordo del bus durante il tragitto da casa a scuola. È stata offesa e picchiata da tre coetanee, tutte tunisine di seconda generazione, che sono arrivate anche a minacciarla di morte. «Mi hanno offesa perché sono italiana», racconta la diciannovenne vittima delle vessazioni. Questa è una storia di bulli: bulli al femminile. Sul caso stanno indagando i carabinieri. Lunedì mattina, autobus Sita diretto a Padova affollato di studenti. Una ragazza di 19 anni della Bassa padovana, studentessa dell’istituto Gramsci, appoggia lo zaino a terra. Tre coetanee salite da poco alla Guizza e dirette al Ruzza le chiedono di spostarlo in malomodo anche se le provocazioni, in realtà, erano iniziate già da qualche minuto. La giovane accenna una risposta e loro si avventano in tre: la picchiano, continuano a offenderla facendo leva sul fatto che lei è italiana, la fanno stendere a terra e una le si siede sopra. Qualcuno cerca di attirare l’attenzione dell’autista che però continua la sua corsa senza rendersi conto di nulla. La ragazza, al termine della mattinata di scuola, si presenta in pronto soccorso e se ne esce con un referto medico.

Il giorno successivo, terrorizzata al pensiero di ritrovare le tre ragazze, si fa accompagnare in bus dal fidanzato. Ma anche questo non serve. Le tre giovani della Guizza minacciano anche lui, lo picchiano. Nel pomeriggio si presentano anche davanti a casa sua, continuando con le offese. A quel punto la giovane decide di sporgere denuncia e con il referto del pronto soccorso si presenta alla stazione dei carabinieri di Albignasego. Partono gli accertamenti e le tre giovani vengono identificate. L’indagine è ancora in corso. La diciannovenne vittima dell’aggressione a bordo del bus è ancora sotto choc. È a casa da scuola da qualche giorno, porta il collare ortopedico ed è terrorizzata all’idea di tornare fuori tra i coetanei. Anche i genitori hanno paura. «Non sappiamo con chi abbiamo a che fare. Non sappiamo chi c’è dietro queste ragazze e temiamo per l’incolumità di nostra figlia», dice preoccupata la madre pregando di mantenere segreta l’identità. I carabinieri stanno cercando di capire se quanto successo lunedì e martedì è stato un episodio isolato o se le tre ragazze identificate hanno commesso altri atti simili. Per verificare al meglio la situazione è stato interpellato anche l’autista del bus.

Immigrati di seconda generazione e integrazione: un argomento sempre in voga, specie in una città come Padova. Non è la prima volta che proprio questi ragazzi, nati da coppie di immigrati trapiantate in città e provincia, si rendono protagonisti di episodi di violenza e bullismo. Succede a scuola come in piazza o nei patronati. Perché c’è un senso di rivalsa che emerge, c’è la paura di non essere uguali agli altri. Casi analoghi, in questi ultimi anni, sono stati riscontrati in quartieri come l’Arcella o la Guizza ma anche in centro davanti al Duomo: violenza fine a se stessa, rabbia, senso di sfida. Sembra un paradosso ma per raggiungere l’integrazione deve succedere anche questo.

http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2013/10/12/news/bullismo-femminile-picchiata-sul-bus-1.7910238

L’analisi finale è semplicemente patetica. C’è un evidente tentativo di giustificare le aggressioni razziali compiute dagli immigrati nati e cresciuti in Italia, quelli di seconda generazione a cui dovremmo svendere la cittadinanza italiana. Se degli italiani aggrediscono un immigrato si tratta di razzismo e ignoranza, se degli immigrati aggrediscono un italiano è “perché c’è un senso di rivalsa che emerge, c’è la paura di non essere uguali agli altri.”. Due pesi e due misure, allucinante. La frase finale poi è agghiacciante:  “Sembra un paradosso ma per raggiungere l’integrazione deve succedere anche questo.” Capito? Se vogliamo raggiungere l’integrazione dobbiamo farci pestare dalle bande di immigrati. Se siete disponibili recatevi a Padova e lasciatevi integrare.

“Sono immigrato, compratemi Mercedes o ammazzo vostra figlia”: condannato marocchino

OSPEDALETTO EUGANEO 09 ottobre 2013. Ha estorto, con la minaccia di uccidere la moglie, i propri suoceri facendogli firmare il finanziamento di un fuoristrada, un Mercedes ML270 usato, del valore di 15.500 euro. Quando è arrivata l’auto, è sparito. Ora Mohamed Salhi Idrissi, 44 anni di Ospedaletto Euganeo, è stato condannato a cinque anni e tre mesi di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici, sospensione della patria potestà, oltre ad una provvisionale in favore dei figli di 14.000 euro e 3.000 per le vittime dell’estorsione (assistite dagli avvocato Stefano Fratucello e Silvia Saoncella).I fatti accadono nel luglio del 2007. L’uomo porta in concessionaria i suoceri, gravemente malati e invalidi. Inizialmente l’indagine aveva valutato eventuali responsabilità del gestore dell’autosalone che aveva condotto la vendita e firmato il finanziamento, ma poi non sono emerse colpe particolari. L’estorsione è chiara: se non si fossero accollati il finanziamento dell’autovettura avrebbe ammazzato sua moglie (loro figlia) e pure la sorella di lei. In quella situazione non hanno potuto fare altrimenti e hanno firmato. Fatto l’acquisto, il marocchino è sparito con l’auto e i due suoceri si sono visti arrivare le numerose rate da pagare che hanno onorato finchè hanno potuto ma poi – entrambi gravemente disabili e con una pensione minima – non ce l’hanno più fatta. Inoltre hanno dovuto pagare pure le multe che si vedono recapitare da diversi luoghi d’Italia. Hanno dovuto pure pagare il bollo del fuoristrada che puntualmente ogni anno arriva dalla Regione, visto che lui non lo salda. Sia i vari comandi di Polizia municipale che l’ufficio della Regione non hanno voluto saperne delle denunce in essere e hanno preteso i vari pagamenti. Da aggiungere inoltre che Idrissi non ha mantenuto i suoi figli, lasciati alle cure della madre disoccupata e dei nonni anziani. Inoltre, dall’agosto 2007, l’imputato abbandonava la sua famiglia, tornando in Marocco, lasciandola senza soldi e in gravi difficoltà. Il fuoristrada Mercedes, pur intestato alla suocera (il suocero ero co-obbligato nel finanziamento) è sempre rimasto nella disponibilità del marocchino. Che probabilmente lo ha ancora in uso. Lo straniero, che in passato aveva aperto un’attività commerciale a Este, era difeso dall’avvocato Patrizio Ianniello.

http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2013/10/09/news/compratemi-la-mercedes-o-ammazzo-vostra-figlia-1.7892906

 

Rapinavano bancomat usando esplosivo: arrestati zingari Sinti

PADOVA 02 ottobre 2013 – È scattata alle prime luci dell’alba nelle province di Padova, Vicenza, Treviso e Lucca una vasta operazione dei carabinieri denominata «Sbancomat». In manette è finita una banda dedita agli assalti agli sportelli bancomat. Le indagini, condotte dal nucleo investigativo dei carabinieri di Padova, hanno portato all’individuazione dei responsabili di un gruppo criminale che mediante l’utilizzo di esplosivo avrebbe portato a segno 21 furti ai danni di altrettanti sportelli bancomat, nel periodo compreso tra il settembre 2012 e l’aprile 2013.

I diversi assalti avevano provocato agli istituti di credito danni per un totale di circa 2 milioni di euro, tra bottino in denaro e danneggiamenti infrastrutturali. Le indagini si sono svolte in diversi campi nomadi del Veneto.

Il blitz ha visto l’esecuzione di 11 provvedimenti restrittivi, dei quali 4 in carcere e 7 con obbligo di dimora. Gli indagati sono stati rintracciati nelle province di Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Padova, Ravenna, Udine e Verona.

La ricostruzione dei carabinieri. Siamo al 15 marzo di quest’anno. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Padova, ormai da diversi mesi sono costantemente impegnati sul territorio in orari notturni per fronteggiare l’emergenza del fenomeno “assalti bancomat”. Ci troviamo al casello di Padova sud, sull’A13, l’arteria che collega Padova a Bologna e, di lì, a tutta l’Emilia Romagna. Gli occhi attenti dei militari, per nulla disturbati dalla poca luce, dall’orario e dalla velocità con cui transitano i veicoli in entrata al casello, notano un particolare che mette in allerta un centinaio di uomini, tra Veneto ed Emilia Romagna: una targa che a occhio nudo sembra di fattura artigianale e che al controllo in archivio risulta radiata perché appartenente ad una vettura demolita, montata su una vettura di colore scuro, di grossa cilindrata, capace di sviluppare elevate velocità. Al di là di questo, il buio: non c’è ancora un nome, non ci sono telefoni da controllare, e la vettura è già lontana. Le Centrali Operative dei Comandi territoriali interessati dal fenomeno degli assalti lavorano freneticamente per trasmettere i pochi dati a tutte le pattuglie impiegate nell’arco orario notturno. Le ricerche si svolgono senza risparmio, ma la vettura giunge nel comune di Pisignano (RA). Dopo pochi minuti, parte l’allarme di un’agenzia della Cassa di Risparmio di Ravenna. I Carabinieri del posto accorrono e, constatata la consumazione del colpo, si adoperano per localizzare i malviventi che, dopo il colpo, vengono rintracciati su vie secondarie tra le province di Ravenna e Ferrara.

I delinquenti, lo si scoprirà in seguito, hanno un secondo obiettivo da colpire quella notte, ma si sentono disturbati dal dispiegamento di forze e ritornano in autostrada. Dall’Elinucleo di Forlì addirittura si leva in volo un elicottero dei Carabinieri con pilota abilitato al volo notturno, unico mezzo ritenuto in grado di “pedinare” un “missile” in grado di viaggiare a oltre 220 km/h.

Il Nucleo Investigativo di Padova, intanto, ha già dislocato i suoi uomini, parte sull’A13, in direzione di Padova, parte dopo il casello di Padova sud, dove è allestito un posto di blocco. E la vettura, noncurante del buio, del fondo stradale reso viscido dalla brina, con i malviventi ignari del dispiegamento di forze, fa rientro sull’arteria autostradale: c’è fretta di tornare a Cittadella, dove abita e deve fermarsi il “navigatore” della banda, prima di chiudere l’operazione a Santa Lucia di Piave(TV), dove abita, invece,  il capo del gruppo.

Concorrono anche uomini della Polizia Autostradale di Rovigo, tempestivamente informati. In prossimità del casello di Padova sud i malviventi non vogliono rimanere imbottigliati nel traffico dei camion incolonnati e all’improvviso, ma dopo aver passato lo svincolo per la zona industriale, tentano un cambio di direzione in retromarcia, ma la “trappola” è già scattata e a nulla serve lo speronamento della volante della Polizia: ai malviventi non resta che tentare la fuga a piedi attraverso i campi. Il “navigatore”, Rizzetto Daniel, non fa neppure a tempo a scendere dall’auto; i fratelli Malacarne Erik e Goran riescono a guadagnare il campo coltivato a frumento che si apre sulla carreggiata opposta, ma sono inseguiti da carabinieri e poliziotti che, dopo una breve colluttazione, ne hanno ragione. Sfugge al meccanismo Major Joi, imparentato con i due fratelli, per il quale però è solo questione di tempo.

Le indagini. Una volta assicurati alla Giustizia 3 dei 4 componenti della banda, inizia un lungo ed approfondito lavoro di ricostruzione della vicenda ed è a questo punto che, dopo aver mostrato la forza nell’intervento in emergenza, con un sapiente lavoro “d’intelligence” le indagini si orientano negli ambienti dei “giostrai”.

Perquisizioni, sequestri, attività tecniche: nulla viene lasciato al caso e gli sforzi profusi danno i loro frutti. Dietro ai quattro soggetti individuati, costituenti il “braccio operativo”, si scopre una rete di contatti e di parentele, tutte riconducibili all’ambito dei giostrai di etnia Sinti, che consentono di delineare una vera e propria associazione per delinquere, organizzata secondo uno schema ben definito, con suddivisione ed attribuzione di compiti tra i componenti.

In sostanza, alle spalle dei soggetti “operativi”, incaricati di mettere a segno gli assalti – dopo aver individuato, mediante appostiti sopralluoghi, gli obiettivi più idonei – ed organizzati secondo procedure che somigliano a quello di un gruppo paramilitare, sono state individuate le persone deputate a fornire supporto logistico, quelle preposte alla fabbricazione di ordigni e strumenti necessari per il compimento dell’illecita attività e quelle incaricate di gestire la fase conservativa e distributiva dei proventi degli assalti. Il tutto reso molto saldo dai legami di sangue che ha accentuato l’atteggiamento omertoso all’interno del gruppo.
Mente di tutta l’organizzazione è risultato Malacarne Erik, “operativo” ed autista del “commando”, capace di impartire disposizioni ai famigliari più vicini onde gestire il patrimonio illecitamente accumulato anche dal carcere e che già aveva individuato il modo di impegnare fruttuosamente lo stesso mediante investimenti nel settore immobiliare.

Circa un anno di serrate indagini, coordinati dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Padova, dr. Roberti, hanno consentito ai Carabinieri di delineare la struttura dell’organizzazione, il “modus operandi”, la responsabilità di nr. 21 assalti a sportelli ATM dislocati nelle Province di Padova, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Ravenna, Udine e Verona, per un danno complessivo stimato in circa 2 milioni di euro.
Il G.I.P. dr.ssa Gambardella, sposando le risultanze investigative dei Carabinieri, ha emesso 11 provvedimenti dei quali 4 misure cautelari in carcere e 7 misure degli obblighi di dimora, per il “reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti con utilizzo di esplosivo danni sportelli bancomat” .

Il blitz. All’alba, 100 militari dei Comandi Provinciali Carabinieri di Padova, Treviso e Vicenza, hanno dato esecuzione ai provvedimenti dell’A.G., eseguendo contestualmente 30 perquisizioni domiciliari.
La maxi operazione ha consentito di infliggere un durissimo colpo nel contrasto al fenomeno, riuscendo a sostenere per la prima volta, in una situazione del genere, il reato associativo.

Gli arrestati. Gli arrestati sono: Goran Malacarne, nato Valdobbiadene(TV) il 22 agosto 1985,  residente a Santa Lucia in Piave; Erik Malacarne, nato Montebelluna (TV) il 16 gennaio 1983,  residente a Santa Lucia in Piave; Daniel Rizzetto, nato Cittadella (PD) il 17 aprile 1979, residente San Martino di Lupari; Joi Major, nato Asolo (TV) 12 giugno 1984, residente Treviso.

http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2013/10/02/news/presa-la-banda-degli-assalti-ai-bancomat-indagini-nei-campi-nomadi-1.7848666