Faenza (Ravenna), 26 agosto 2013 – Parleremmo di un modello di integrazione tra nordafricani e italiani (???, ndr). Se non fosse che il contesto della collaborazione era quello di una brutale aggressione con l’appendice di una violenza sessuale. L’amaro retroscena che filtra dall’indagine della polizia — culminata con l’arresto di quattro tunisini, due ancora ricercati e altre cinque persone indagate a piede libero — è che tra i complici del ‘branco’ che ha malmenato, minacciato e tentato di stuprare una giovane marocchina, prima di essere messo in fuga da un connazionale della vittima, c’erano anche tre ragazze: una moldava 33enne residente a Brisighella e due faentine di 21 e 32 anni.
Le indagini hanno appurato che, all’epoca dei fatti, risalenti al mese di maggio, due di queste erano fidanzate e una amica stretta dei presunti violentatori, tra i quali anche una coppia di fratelli colpiti dall’ordinanza di custodia in carcere del gip Galassi ma ancora ricercati. Donne complici dei carnefici, hanno evidenziato le attività investigative di Squadra Mobile e commissariato di Faenza. Le tre ragazze, infatti, nell’inchiesta compaiono come indagate per favoreggiamento: pur avendo assistito alla violenza in strada, avvenuta nella tarda serata del 6 maggio in via XX Settembre, avrebbero aiutato i tunisini a sottrarsi alle ricerche con dichiarazioni reticenti e contraddittorie, poi smentite da altri testimoni, e rilasciando false informazioni, come quella di non aver assistito ai fatti.
Le tre vengono peraltro riprese, nei minuti immediatamente successivi alla violenza sessuale, dalla telecamera Duomo, puntata sulle vie XX Settembre e limitrofe. Non solo. Il 7 maggio, la sera seguente, la vittima marocchina, in compagnia di un’amica, era stata oggetto di una seconda spedizione punitiva per il fatto che in mattinata aveva sporto denuncia. E in quel contesto aveva riconosciuto la 32enne faentina che in loro presenza effettuava una telefonata. Non è finita. Perché il 21 maggio — dopo che il giorno prima la marocchina aveva ricevuto ulteriori minacce e pressioni perché ritirasse le denunce — sempre la 32enne faentina al telefono con un’amica dice queste parole choc: «Lei tanto pensa che nessuno gli fa niente. Quando la sciolgono con l’acido, dopo la bocca da parlare non ce l’ha più, te lo dico io».
L’inchiesta, all’apice di una serie di tensioni tra marocchini e tunisini nella città, ha poi messo in evidenza altri fattori. Uno positivo: l’importanza, appunto, delle telecamere Duomo, Saffi e Fontana, che hanno offerto un prezioso contributo alla ricostruzione degli avvenimenti. L’altro da brividi: il frasario inquietante usato nello scontro tra le due bande nordafricane. “Chiama pure la polizia che quando ti prendo ti faccio un taglio sulla faccia così allo specchio ti ricordi” o “i marocchini non sono educati, dunque ci penso io ad educarli…”. Solo alcuni esempi. Immigrati sì, ma particolarmente attenti alle tensioni e reazioni del tessuto sociale in cui alcuni di loro sono inseriti stabilmente (che vuol dire?ndr). Prova ne è l’insistenza con cui uno degli indagati, all’indomani della violenza sessuale, chiede a un connazionale di leggere per lui “tutti i giornali di Faenza, non solo uno”, per vedere se per caso venisse fatto il suo nome.
http://www.ilrestodelcarlino.it/ravenna/provincia/2013/08/26/940072-fidanzate-coprono-violenza-sessuale-faenza.shtml
Ecco un tipico esempio di ragazze italiane antirazziste. Adorano gli immigrati, li frequentano perchè sono degradate come loro, ci vanno a letto e diventano complici delle loro attività illecite e degli stupri che commettono. Loro sono “avanti”, il nuovo modello di donna. Un modello sicuramente amato dal duo Boldrini-Kyenge. Piccola annotazione: il “giornalista” che ha scritto l’articolo sembra quasi dispiaciuto per il fatto di non poter parlare di integrazione in termini positivi. Rischiano il licenziamento se osano parlar male dei “migranti” e degli psicolabili che li frequentano.