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Kabobo in gonnella: anche le immigrate con la spranga

Voleva solo proteggere sua figlia e invece si è ritrovato a dover difendere se stesso.

Nella serata di ieri, un 38enne romano è stato aggredito a sprangate dalla sua ex moglie di origine romena e da due suoi connazionali. L’uomo aveva telefonato alla madre della bambina e quando parlandole si è accorto del suo evidente stato di ebrezza, si è recato nell’appartamento di via Svampa, vicino via Mattia Battistini, per accertarsi che tutto fosse sotto controllo. Una volta sul posto, ha preteso di poter portare via con sè la piccola ma i tre, dopo aver respinto le sue richieste, lo hanno aggredito con un casco, una mazza di ferro e coltelli. Fortunatamente, però, il mal capitato è riuscito a mettersi in fuga e a chiamare il 112. Arrivati a destinazione, i Carabinieri del nucleo radiomobile, lo hanno trovato con la faccia insanguinata e dopo l’irruzione nell’appartamento sono stati, a loro volta, aggrediti dalla donna con graffi e sputi.

Il padre della minorenne, medicato all’ospedale San Filippo Neri, è stato dismesso con venticinque giorni di prognosi per trauma cranico, frattura del naso e varie ferite al volto. I tre, che non hanno nessun precedente penale, sono stati arrestati con l’accusa di lesioni personali gravi, violenza privata, sequestro di persona e resistenza a pubblico ufficiale.

A base di tutta la vicenda, ci sarebbe un’antica faida portata avanti dai genitori proprio per l’affidamento della bambina che, dopo l’episodio di ieri, su disposizione del Tribunale per i minorenni è stata affidata ai nonni paterni.

http://www.theblazonedpress.it/website/2013/07/04/roma-tenta-di-recuperare-la-figlia-ma-lex-lo-aggredisce-a-sprangate/39705

Coppie miste…

Coppie miste: massacrata perché “cucina male”


Leggo.it

TREVISO – Calci, pugni, insulti, minacce. Ogni giorno per tre anni. Poi la denuncia. La libertà da quell’uomo che aveva trasformato la sua vita in un inferno. E alla fine un nuovo baratro. Il perdono, il ritorno in una casa dove era schiava. Nuovi soprusi, nuovi dolori. Altri lunghissimi tre anni di umiliazioni e botte, tante botte. Fino alla resa dei conti. L’arresto del marito. Un kosovaro di 31 anni è finito in carcere a Santa Bona per i continui maltrattamenti nei confronti della moglie.

Lei, 31 anni trevigiana, lui, stessa età, muratore kosovaro. Si conoscono, si amano, si sposano nel 2004. E qui finisce la favola e inizia l’incubo. Lui è violento, per un nulla scatta: il suo alibi preferito per picchiarla è la cucina: «Il tuo cibo fa schifo, io ti butto la testa nell’acqua bollente, così impari». È giù botte. La trascina per i capelli lungo la scala, la minaccia di morte, la prende a sberle.

E l’inferno non finisce neanche quando nasce il loro primo figlio. Tanto che nel 2007 lei dice basta. Denuncia il marito alla polizia e torna a vivere dai genitori con il suo bimbo. Un anno dopo chiede la separazione, che si concluderà in un nulla di fatto. Perchè lei da lui non riesce a staccarsi. Lo giustifica. Lo perdona. Nel 2010 nasce il secondo figlio e loro tornano a vivere insieme. Ma non è una vita nuova, è sempre lo stesso terribile incubo. Anzi, se possibile è pure peggio. Eppure lei resiste per altri tre anni. Solo all’inizio del 2013 trova di nuovo il coraggio di andare dalla polizia. Il 10 maggio il giudice dispone l’allontanamento dell’uomo dalla casa di famiglia, dove lei resta a vivere con i due bambini.

Il kosovaro se ne va, dice che torna in patria. Ma dopo una sola settimana si presenta di nuovo alla sua porta. Dice che è in crisi, che non trova lavoro. Lei stavolta non si lascia incantare. Prende il telefono e chiama la polizia, che lo arresta. È di fronte agli agenti della squadra mobile che il kosovaro getta la maschera: «Lei sbaglia e io la picchio». È sconvolgente nella sua semplicità la risposta che dà ai poliziotti che gli chiedono conto di tanta violenza.