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Le sfonda il timpano: non lo denuncia perché le regala delle rose

BOLZANO. Dagli atti della Procura emergono nuovi dettagli agghiaccianti nell’indagine che ha portato all’arresto di un cittadino albanese, accusato di maltrattamenti, minacce, sequestro di persona e lesioni personali aggravate. La vittima, una bolzanina di ventidue anni, per mesi ha dovuto sopportare botte e umiliazioni, mentre tutti i suoi amici e parenti venivano pian piano allontanati.
Il primo episodio. All’inizio di marzo i suoi scatti d’ira diventano sempre più frequenti. Vieta alla fidanzata di uscire, di incontrare gli amici e di vestirsi in modo “provocatorio”. La sua gelosia è diventata oramai incontrollabile. La ragazza non può incontrarsi nemmeno con le amiche. Secondo l’uomo, infatti, potrebbero “influenzarla” male. Potrebbe avere voglia di incontrare altre persone. Potrebbe avere voglia di più libertà. Potrebbe capire che quello che lui le sta facendo non ha nulla a che vedere con l’amore. L’unica cosa che la donna può fare, è andare a lavoro. Per il resto, il suo tempo libero lo deve passare con lui. L’albanese ha una personalità doppia. la picchia e la riempie di regali.
La porta a vedere mostre in giro per l’Europa. Ma la bolzanina non c’è la fa più: è stanca della sua gelosia morbosa, dei numerosi divieti, degli insulti e delle botte. Tenta di lasciarlo. Lui la colpisce ripetutamente al volto. Le sfonda un timpano. Lei non lo denuncia. Lui in “cambio” le regala 120 rose rosse. Le chiede perdono e come tanti uomini violenti, le dice che è dispiaciuto dell’accaduto. Le dice: «Mi hai costretto, ho perso la testa. Non succederà più».
Sei ore di inferno. Ma dopo un paio di mesi succede di nuovo. Già. Succede perché lei parla con un collega. L’albanese torna a colpire e questa volta lo fa davanti a vari testimoni. Colpisce anche il giovane che stava parlando con la “sua” fidanzata. A quel punto, la bolzanina capisce che è arrivato il momento di lasciarsi alle spalle quella storia malata. Ha paura. Ha tanta paura. Ma non può più vivere in quel modo, isolata da tutto e da tutti e con il terrore di finire di nuovo all’ospedale. Il suo ex, però, non lo accetta. Aspetta che torni nell’appartamento dove vivevano insieme. Sa che tornerà a prendere delle cose lasciate a casa. E quando arriva, scoppia l’inferno. Lui chiude la porta a chiave. Per sei ore la tiene sequestrata in casa. Le sputa in faccia. Inizia a insultarla pesantemente. Poi la spintona. Vola il primo pugno. Poi il secondo. La giovane finisce a terra. Viene raggiunta da una raffica di calci. Per sei ore le dice che non vale niente e che tanto non troverà nessuno che la amerà di più. Alla fine la lascia andare.
Le testimonianze. La bolzanina presenta nuovamente denuncia. L’ospedale conferma tutto. La vittima si è recata al pronto soccorso varie volte per essere medicata. Le ferite parlano chiaro: è stata vittima di pesanti maltrattamenti. Il sostituto procuratore Luisa Mosna avvia l’indagine. Amici e conoscenti vengono sentiti dai carabinieri di Bolzano. Alcuni di loro sono molto spaventati. Confermano di essersi allontanati dalla giovane per paura di essere picchiati dall’albanese. Quest’ultimo viene descritto come un uomo molto irascibile e violento. In passato, ha avuto problemi con la giustizia proprio per lesioni personali. In un caso è stato denunciato da un bolzanino, con il quale aveva litigato per un parcheggio. L’albanese era sceso dalla vettura e aveva colpito più volte l’automobilista, “colpevole” di aver parcheggiato, dove il 24enne voleva mettere la sua di macchina. La donna intanto ha deciso di non tornare a Bolzano, per non dover mai più incontrare il suo ex.

http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2013/09/29/news/sei-ore-di-botte-29-e-poi-le-regala-120-rose-1.7826608

Pisa: da senegalese calci e pugni a donna incinta

Pisa, 14 settembre 2013 – “A casa mia si è rifugiata una donna incinta e la sua figlia di 18 mesi, è stata picchiata dal compagno ed è fuggita, non so cosa fare”. E’ questa la telefonata arrivata alla Squadra Mobile della Questura di Pisa. Immediato l’intervento.
Personale specializzato nei reati contro donne e minori ha rassicurato la donna telefonicamente. La vittima in forte stato di agitazione e di paura, ha raccontato di essere incinta e che da tempo veniva picchiata, minacciata di morte, e umiliata dal convivente, che non più tardi della sera prima l’aveva picchiata per l’ennesima volta prendendola a calci. La donna aveva quindi approfittato del fatto che lui fosse uscito di casa per chiedere aiuto per sé e per sua figlia.

Pertanto, è stato subito attuato dal personale della Squadra Mobile della Questura di Pisa il protocollo di messa in protezione delle vittime.
La donna e la bambina, dopo essere state soccorse e medicate presso l’ospedale, sono state trasferite in una struttura protetta con l’ausilio dei Servizi Sociali. Grazie la rete di protezione e solidarietà intorno a lei, la vittima ha rilasciato un drammatico racconto della sua relazione con il convivente violento.

“Un vero inferno”, queste le parole della vittima per descrivere due anni di relazione con l’uomo: dipendenza economica totale, umiliazioni, minacce, trascuratezza e percosse avvenute anche durante le due gravidanze della vittima, alternate a momenti di “falso idillio” al fine di farsi perdonare le violenze.

Le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Pisa hanno permesso di trovare riscontri ai fatti, pertanto per l’uomo, un 58 enne extracomunitario senegalese, abitante a Pisanova, noto a Pisa come “il grande Baba” e altresì conosciuto alle forze dell’ordine per varie attività illecite, sono scattate le manette.

Le indagini sono state condotte dalla 2^ Sezione della Squadra Mobile della Questura di Pisa, che è composta interamente da ufficiali e agenti di polizia giudiziaria esclusivamente di sesso femminile.

http://www.lanazione.it/pisa/cronaca/2013/09/14/949946-donna_incinta_picchiata.shtml

Lo conoscevano per le sue ‘attività illecite’. Ma espellerlo sarebbe stato razzista, e poi ha famiglia…
Renzi gli darebbe subito la cittadinanza italiana per meriti speciali. Comunque sia, ora moglie e figli li manterremo noi, è così che lo ‘stato sociale’ pervertito dall’immigrazione facilita l’invasione e la degradazione etnica.

Pesta la moglie perché incinta di femmina: condannato con ‘calma’, ora è latitante

Picchia la moglie perché incinta di una Femmina: condannato ma non si trova

E’ stato condannato ad un anno e mezzo di carcere il siriano che picchiava la moglie perché “rimaneva incinta di sole femmine”. Adesso bisogna trovarlo. E’ latitante. Auguri.

Nel 2001 il matrimonio: una ragazza italiana sposa Hulmi S.. Tutto sembrava potesse andare per il meglio. Ma il matrimonio si è trasformato rapidamente in un inferno per la ragazza costretta a subire vessazioni continue e persistenti da parte dell’uomo. La donna, che ha avuto due bambine dall’uomo, è stata insultata e maltrattata anche per non aver partorito un figlio maschio.

Durante il processo la donna ha raccontato che il marito “non voleva una femmina perché sarebbe stata una poco di buono come me… una merdaccia”. Dopo che la prima figlia muore ancora neonata, a causa di una malformazione, la donna rimane incinta di un’altra bambina. E l’uomo riprende a picchiare la donna.

Un giorno, durante una delle tanti liti, l’uomo ha detto alla donna: “Io sono dio, anche se arrivano i carabinieri non possono farmi nulla”. A quel ponto la donna lo lascia, fa la denuncia e torana a vivere dai genitori. L’ex marito non si dà per vinto e minaccia di dare fuoco a lei e ai suoi genitori.

Poi, d’improvviso, l’uomo torna in Siria. E ora non si trova.

 

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Picchiata perché incinta di figlia femmina

Nel 2001 il matrimonio: una ragazza italiana sposa un cittadino di origini siriane, Hulmi S.. Tutto sembrava potesse andare per il meglio. Ma il matrimonio si è trasformato rapidamente in un inferno per la ragazza costretta a subire vessazioni continue e persistenti da parte dell’uomo.

La donna, che ha avuto una bambina dall’uomo, è stata insultata e maltrattata anche per non aver partorito un figlio maschio. Alla fine la ragazza non ha retto ed ha denunciato il marito, che si professava musulmano praticante. Finalmente – come riporta Il Giorno – il gup Andrea Salemme ha rinviato a giudizio Hulmi per i maltrattamenti pesanti nei confronti della moglie.

All’uomo si contestano “reiterate vessazioni morali, psicologiche e fisiche” ai danni della moglie. Maltrattamenti che si fecero più frequenti, “non appena appreso che il nascituro era di sesso femminile”.  L’uomo, oltre a picchiare la donna, ne ha limitato le frequentazioni per anni. Finito l’inferno, adesso inizia per lui il processo.

http://www.milanotoday.it/cronaca/musulmano-picchia-moglie-incinta-femmina.html

Coppie miste: massacrata perché “cucina male”


Leggo.it

TREVISO – Calci, pugni, insulti, minacce. Ogni giorno per tre anni. Poi la denuncia. La libertà da quell’uomo che aveva trasformato la sua vita in un inferno. E alla fine un nuovo baratro. Il perdono, il ritorno in una casa dove era schiava. Nuovi soprusi, nuovi dolori. Altri lunghissimi tre anni di umiliazioni e botte, tante botte. Fino alla resa dei conti. L’arresto del marito. Un kosovaro di 31 anni è finito in carcere a Santa Bona per i continui maltrattamenti nei confronti della moglie.

Lei, 31 anni trevigiana, lui, stessa età, muratore kosovaro. Si conoscono, si amano, si sposano nel 2004. E qui finisce la favola e inizia l’incubo. Lui è violento, per un nulla scatta: il suo alibi preferito per picchiarla è la cucina: «Il tuo cibo fa schifo, io ti butto la testa nell’acqua bollente, così impari». È giù botte. La trascina per i capelli lungo la scala, la minaccia di morte, la prende a sberle.

E l’inferno non finisce neanche quando nasce il loro primo figlio. Tanto che nel 2007 lei dice basta. Denuncia il marito alla polizia e torna a vivere dai genitori con il suo bimbo. Un anno dopo chiede la separazione, che si concluderà in un nulla di fatto. Perchè lei da lui non riesce a staccarsi. Lo giustifica. Lo perdona. Nel 2010 nasce il secondo figlio e loro tornano a vivere insieme. Ma non è una vita nuova, è sempre lo stesso terribile incubo. Anzi, se possibile è pure peggio. Eppure lei resiste per altri tre anni. Solo all’inizio del 2013 trova di nuovo il coraggio di andare dalla polizia. Il 10 maggio il giudice dispone l’allontanamento dell’uomo dalla casa di famiglia, dove lei resta a vivere con i due bambini.

Il kosovaro se ne va, dice che torna in patria. Ma dopo una sola settimana si presenta di nuovo alla sua porta. Dice che è in crisi, che non trova lavoro. Lei stavolta non si lascia incantare. Prende il telefono e chiama la polizia, che lo arresta. È di fronte agli agenti della squadra mobile che il kosovaro getta la maschera: «Lei sbaglia e io la picchio». È sconvolgente nella sua semplicità la risposta che dà ai poliziotti che gli chiedono conto di tanta violenza.

Contro l’immigrazione cinese: Tibetano si dà fuoco

Tibetano si dà fuoco: dal 2009 100esima autoimmolazione contro
PolisBlog.it (Blog)
Invece è un inferno sotto il regime cinese. Vieni arrestato anche soltanto perché preghi. Qualcuno deve aiutarci. Chi sceglie di darsi fuoco lo fa perché esasperato: ma non è un gesto violento. Nessun cinese è stato mai ucciso, nessun sondato toccato”.

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