Picchia la bambina
Accusato di violenza sessuale, sequestro di persona e maltrattamenti in famiglia un cittadino tunisino di 43 anni è stato condannato dal tribunale di Aosta a 9 anni di reclusione. L’escalation di violenza, secondo il pm Luca Ceccanti, risale alla sera del primo luglio, quando l’uomo picchiò la compagna e la figlia di 8 anni, le chiuse in casa e violentò la donna. La difesa, rappresentata dall’avvocato Edoardo Valente, aveva chiesto l’assoluzione da tutti i reati, contestando anche che «l’accusa si basa unicamente sulle dichiarazioni della parte offesa». La compagna, assistita dall’avvocato Federico Parini, è stata sentita in aula insieme alla sorella, alla quale telefonò la mattina del 2 luglio 2012, quando riuscì ad allontanarsi dall’alloggio e trovò rifugio in una casa-famiglia. Secondo l’accusa, la sera del primo luglio il condannato prima picchiò la compagna e la figlia, uscì di casa lasciandole chiuse nell’appartamento e, tornato dopo alcune ore, diede di nuovo escandescenza per poi violentare la donna. L’uomo, recidivo e oggi non presente in aula, è stato anche interdetto dalla potestà genitoriale per tutta la durata della pena. |
Tag: diede
Tunisino pesta bambina e violenta donna: 9 anni
Devastano centro accoglienza, assolti: “Non aveva tutti i confort”
Liberi di distruggere e di devastare. Liberi di ribellarsi, anche nel più violento dei modi, se le «condizioni dell’alloggio» non sono all’altezza delle aspettative. Stiamo parlando di un Cie, Centro di identificazione ed espulsione per immigrati clandestini e non di un hotel a cinque stelle, intendiamoci, ma lo scenario e le prospettive che schiude una sentenza decisamente clamorosa, di cui si è venuti a conoscenza solo ieri, sono piuttosto allarmanti.
Partiamo dalla conclusione: liberateli immediatamente perché questi tre imputati si sono solo difesi da una situazione molto simile alla tortura e dalla condizione di degrado al quale lo Stato italiano li aveva ridotti. Queste, in buona sostanza, le motivazioni con cui il giudice Edoardo D’Ambrosio, del tribunale di Crotone, ha assolto tre migranti che erano stati accusati di devastazione e di violenze. In altre parole la legittimazione, se non la giustificazione, per il loro sconsiderato agire, che trova fondamento, secondo il magistrato, nel pessimo trattamento coercitivo cui i tre erano stati sottoposti. I fatti in questione risalgono al 2012. E tutto accadde allora, proprio come nei giorni scorsi, nel Cie di Isola di Capo Rizzuto dove, un terzetto di extracomunitari diede fuoco alle polveri della rivolta.
Arrestati in varie zone d’Italia perché privi di documenti, i tre vengono trasferiti nel Cie del Crotonese. Rimangono lì per più di un mese e mal sopportano quella situazione fino al pomeriggio del 3 ottobre 2012 quando occupano un’ala del Centro e cominciano a danneggiarlo. La rivolta dura sei giorni poi si arrendono e vengono incarcerati. Ma, al momento del processo, la loro situazione si capovolge e, da autori di un reato, diventano vittime, grazie alla sensibilità del giudice che si trovano davanti. Analizzando le loro condizioni di detenzione D’Ambrosio ritiene di poter configurare, a giustificazione della loro ribellione, la legittima difesa perché i tre reclusi in quella sorta di lager non potevano far altro che ribellarsi. Una sorta di diritto alla ribellione con annessa devastazione, dunque.
Ma a questo punto, che cosa si sentirebbero autorizzati a fare e a dire alcune migliaia di detenuti nelle carceri italiane, costretti a vivere ogni giorno in ambienti ancora più degradati e in situazioni ancora più insostenibili? Via libera alla rivolta che, intesa come legittima difesa, troverebbe e troverà sempre l’approvazione di un magistrato particolarmente sensibile?
Una sentenza simile, clamorosa quanto sconcertante, che, di fatto, riconosce il diritto alla ribellione, non può del resto stupire più di tanto se si considera la piega che gli avvenimenti hanno preso. Un altro dei paradossi di questa nostra Italia buonista, senza potersi permettere il lusso di esserlo realmente, che ha segnato avant’ieri un passaggio delicato mettendo in serio imbarazzo lo stesso ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge, fervente sostenitrice di una proposta di legge unica perché l’Italia sdogani al più presto il cosiddetto ius soli , che sancisce l’acquisizione della cittadinanza come conseguenza del fatto giuridico di essere nati nel territorio dello Stato, qualunque sia la cittadinanza posseduta dai genitori. La sua visita proprio al Centro di accoglienza di Capo Rizzuto, e all’attiguo Centro identificazione ed espulsione, chiuso dopo la rivolta dei giorni scorsi, è stata infatti caratterizzata da momenti di altissima tensione. Il ministro è stato infatti letteralmente «bloccato» due volte da un gruppo di ospiti-manifestanti. Mentre stava visitando il settore riservato alla donne ed ai bambini, si sono posti davanti al cancello imponendole di visitare l’intera struttura dopodiché, quando stava per lasciare il Centro e dirigersi a Crotone per partecipare alla cerimonia di consegna della cittadinanza simbolica del Comune a otto bambini stranieri nati in Italia, un gruppo di immigrati si è seduto davanti alla sua auto per impedirne l’uscita. La Kyenge ripete che « il ministero per l’Integrazione sta lavorando perché non debbano più essere delle emergenze» ma lei, per prima, si è trovata in mezzo a una situazione caotica, in cui la violenza è stata sfiorata nuovamente per poco. Che si fa? Si assolveranno sempre e comunque tutti abbinando allo ius soli anche lo ius rebellionis?
http://www.ilgiornale.it/news/interni/immigrati-liberi-devastare-944870.html
http://www.ilradar.com/assolti-immigrati-cie-diritto-violenza/
Vasto: l’alleanza criminale rom-n’drangheta-immigrati:
La sicurezza nella città è compromessa. Da anni la criminalità organizzata opera su tutto il territorio vastese tramite rom, tossicodipendenti e immigrati. Le organizzazioni criminali non fanno più vittime ma usano persone in difficoltà, tra cui imprenditori con problemi di liquidità, per utilizzarli a loro piacimento. Tutti sanno ma pochi parlano.
«Siamo in balia della criminalità. Il Procuratore della Repubblica Francesco Prete ha segnalato la grave situazione della nostra cittadina in punto di criminalità. Questa amministrazione si è pavoneggiata, in più occasioni, di aver messo mano all’idea di installare un impianto di videosorveglianza al fine di tenere sotto controllo i ricorrenti episodi di delinquenza e di teppismo che stanno rendendo sempre meno vivibile questa nostra bellissima città. Ad oggi, però, non è stato fatto nulla nemmeno in questo vitale settore. E dopo incendi, rapine, scippi, risse alla marina con gravi feriti, furti in appartamenti, questa notte una bomba carta ha fatto saltare la porta di ingresso di una pescheria ubicata nel pieno centro storico. Siamo in balia della criminalità, siamo totalmente indifesi e affidati nelle mani di un’amministrazione comunale totalmente inerte, inadempiente, incompetente e inadeguata a risolvere i problemi primari della nostra città». Queste parole furono pronunciate il 26 febbraio 2012, in una conferenza stampa, da Giuseppe La Rana, coordinatore di Futuro e libertà a Vasto. E proprio il 28 dicembre dello scorso anno, il procuratore capo della Repubblica di Vasto, Francesco Prete, riservò parole dure per il sindaco Luciano Lapenna:«Lo Stato è debole a reimpiegare i beni sequestrati alla malavita e, anche a Vasto, troviamo difficoltà a riutilizzare, a fini sociali, una casa sottratta alla criminalità». Prete diede numeri ben precisi: dei 43 miliardi di euro confiscati alle mafie dalla magistratura solo 3 miliardi sono stati confiscati in via definitiva. Il procuratore definisce lo Stato inefficace puntando il dito sulla politica. «La stessa situazione la ritroviamo qui a Vasto» aggiunse Prete. In effetti ci chiediamo come mai il Comune non abbia proceduto subito all’assegnazione di una villa, sequestrata da Carabinieri e Guardia di Finanza perché utilizzata da un rom per spaccio di droga, per adibirla a una casa famiglia come deciso. A ‘Vasto notizie’ il procuratore ha fornito dati allarmanti: «Nel 2012 si sono verificati quattro omicidi, tre dei quali legati alla droga, mentre in ascesa sono le violenze tra le mura domestiche. La percezione d’insicurezza – ha aggiunto – è legata poi ai reati contro il patrimonio, con 2500 denunce per furto, il 90 per cento a carico di ignoti, 450 in appartamento e gli scippi».
Tra gli omicidi ci fu quella di Michela Strever, un’anziana donna 73enne di Vasto. La donna fu trovata morta con le mani legate, un fazzoletto in bocca e con segni di percosse.
Altri due omicidi eclatanti, sempre del 2012, furono quelli compiuti da Marco Del Vecchio che il 22 novembre avrebbe ucciso padre e madre per problemi di tossicodipendenza. Il 38enne riceveva 50 euro settimanali dai genitori.
Omicidi che apparirebbero con un unico filo conduttore: quello dei soldi. Da un lato un tossicodipendente con, probabilmente, esigenze di denaro per comprarsi le dosi quotidiane e, dall’altra, il cadavere di una donna anziana imbavagliata in pieno stile mafioso.
«Non facciamo finta di niente e smettiamola di dire che le cose accadono perché si è squilibrati di mente. La verità è che questo territorio è oramai contaminato dai traffici di droga e questi traffici portano la morte diretta o indiretta. La morte diretta è quella provocata dalle dosi tagliati male di eroina, ma è di quella indiretta che dobbiamo avere paura perché essa ha portato Vasto ed il suo territorio alla ribalta delle cronache nazionali». Le parole sono di Riccardo Alinovi Portavoce dell’associazione Codici di Vasto.
Un nostro infiltrato ci racconta cosa accade a Vasto
«La droga a Vasto la gestisce la ‘ndrangheta» ci riferisce un nostro collaboratore. L’organizzazione criminale rifornisce i rom di stupefacenti che a loro volta si occupano di spacciarla, non solo a Vasto, ma anche in altre zone. I rom hanno una vasta capillarità sul territorio e riescono ad arrivare dappertutto e coprire ogni quartiere d’Abruzzo. Lo snodo vastese rappresenta, per la ‘ndrangheta, uno snodo importantissimo. I rom soggiogano persone incensurate per il riciclaggio di denaro, per aprire attività e nascondere stupefacenti. Ovviamente i militari senza elementi validi non possono perquisire o entrare in case di incensurati. «Questi ti mettono sotto con l’usura ma non ti uccidono. Ti mantengono in vita e sei costretto a fargli questi favori» prosegue il nostro testimone. «Ti costringono a nascondergli la droga, a fargli da corriere, a spacciare. Tra l’altro, con la popolazione c’è una complicità allucinante che non mi sarei mai aspettato». L’uomo che concentrerebbe tutto questo potere sarebbe Michele Pasqualone, già coinvolto nelle maxi inchieste Histonium e Histonium del 2007/2008 in cui i Carabinieri hanno sgominato una presunta associazione a delinquere che aveva il suo vertice in città ed era ramificata in diverse aree d’Italia.
Il nostro testimone prosegue il racconto:«Se io ho rapporti con i Bevilacqua, e dico che gli faccio arrivare la droga poi gli propongo anche le percentuali della spartizione dei proventi. Il giro della droga a Vasto è di 30mila euro al giorno. Considera che uno che si fa di eroina deve assumere 5/6 mg di sostanza al giorno ma non può assumerli con un’unica dose…quindi deve farsi più dosi al giorno per un totale di 2 o 3 dosi». I tipi di eroina sono 2: tipo I (tagliata con la caffeina) e tipo II( tagliata con caffeina e stricnina). «Il tossico si ritrova, quindi, a farsi di una dose con una percentuale bassissima di eroina. Ciò comporta, per il tossico, da una parte a farsi di più dosi per arrivare alla percentuale di eroina che il corpo gli richiede, dall’altra a dover spendere di più per la droga». Nella retata effettuata dalla Polizia qualche giorno fa, sono stati sequestrati 18 grammi di eroina tagliata con marmo e chiamata ‘cobret’. «Il cobret lo vendono a 15 euro a dose. Ogni tossico spende minimo 50euro al giorno che, per procacciarsi le dosi, devono sfasciare, rubare ed eseguire ordini di chi li rifornisce. I nomadi, da un lato la spacciano dall’altro assoldano i rumeni. I rom reclutano la manovalanza nelle sale giochi di Vasto dove ci sono persone ‘inguaiate’ senza soldi e gli prestano denaro. A quel punto chi gioca perde tutto e non può mai restituire soldi diventando servo di chi gli ha prestato i soldi. In tutto questo giro ci sono politici che prendono voti da questa gente e persone delle forze dell’ordine invischiate. I rom per ogni voto si fanno dare 50 euro. Qui arriveremo ad una situazione come Casal di Principe».
http://www.zonedombratv.it/news/1071-vasto-la-ndrangheta-opera-per-mezzo-dei-rom-il-racconto-di-un-infiltrato
Morta la donna data alle fiamme da Nigeriano
Il Mattino |
data alle fiamme per vendetta
Il Mattino CASERTA – Non ce l’ha fatta la donna, non ancora 23enne, data alle fiamme da un Nigeriano che intendeva punirla per essere intervenuta in difesa dell’amica che era stata la sua fidanzata. Nella serata di ieri, la giovane è … Donne, un’altra vittima innocente addio a Olayemi, che difese un …La Repubblica Le diede fuoco in casa, 23enne muore in ospedaleInterno18tutte le notizie (4) » |