Violentata a Roma: «Quella bestia deve pagare»

22-08-2012

Maghrebino stupratore. IMPERATIVO: vendicare Eva

ROMA – «Sono stata fortunata». Sono le tre del mattino, è appena uscita dall’ospedale Vannini di via dell’Acqua Bullicante, dove l’hanno medicata per la violenza subita e le botte ricevute, ma non ha perso un grammo di lucidità e determinazione. Il dottor Mauro Fabozzi, che dirige il commissariato Prenestino, è incredulo: mai vista una donna così, così presente a se stessa, così preziosa per le indagini nonostante lo shock di uno stupro. La deposizione può cominciare.

«Sono stata fortunata perché siete arrivati subito. Il 113 mi ha risposto al primo squillo -racconta lei tutto d’un fiato, ripercorrendo un incubo di cui non vede l’ora di liberarsi- E così l’avete preso, è vero che l’avete preso?». Adesso si capisce: la guida una rabbia sorda, una voglia di giustizia che neanche le manette già ai polsi del suo carnefice riescono a placare.

Le chiedono di non tralasciare proprio nulla, di affondare con coraggio nei brutti ricordi e lei non si fa pregare. «Ero su una panchina, pensavo a me, al lavoro appena perso, quando l’ho visto arrivare». E lo descrive e ridescrive così: «Una maglietta chiara, pantaloni bianchi, alto circa un metro e ottanta. Un mingherlino direi…Io non volevo seguirlo, ho resistito con tutte le mie forze. Invece è riuscito a trascinarmi sotto gli archi con tutta la forza delle sue braccia. Una bestia, una bestia che adesso deve pagare».

Le chiedono di tutto e su tutto lei risponde. La sua vita sballata, le sue difficoltà economiche, la storia del litigio improvviso che l’ha portata fuori di casa in una rovente notte di fine estate, e anche dello zainetto. La donna snocciola esattamente uno a uno tutti gli oggetti che erano nel suo zainetto, quello che sarebbe costato anche l’accusa di rapina al suo stupratore.

Una breve pausa per riordinare le idee e poi cala l’asso, che un giorno al processo si vedrà quanto pesa. «Se non mi credete – ma come non crederle? – andate a controllare nella tasca destra dei suoi pantaloni. Troverete un mucchietto di banconote ripiegate. Sono i soldi che mi ha offerto all’inizio quando io ho rifiutato, quando ancora credevo che tutto potesse finire lì».

I poliziotti si guadano negli occhi: quel controllo l’hanno già fatto, in quella tasca destra hanno trovato proprio quelle banconote ripiegate di cui sta parlando, il particolare che la donna rivela ha un valore quasi fondamentale per le indagini.

E’ quasi l’alba, potrebbe finire qui, ma lei insiste: «Mi ha fatto veramente del male…». E mostra le braccia piene di segni, che almeno quelli si vedono. Le fanno controfirmare il verbale: «Signora grazie, adesso può andare». Già, può andare, ma dove andrà?

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