Umbria: caccia alla banda di immigrati stupratori e assassini

12-03-2012

Potrebbe aggiungere altri particolari Catalin Simonescu, il rumeno considerato essere il basista della rapina con stupro a Pietramelina, in occasione dell’interrogatorio di convalida del fermo con il gip di Perugia, al carcere di Capanne. Ed avrebbe più di un motivo per farlo visti i forti elementi che lo collocano a margine della banda, nel ruolo di chi indica l’obiettivo nella villa di Papa, lo studia e accompagna i rapinatori senza però entrare in casa, aiutandoli poi a fuggire. Particolari che potrebbero aiutare gli inquirenti a individuare gli autori anche dell’assalto alla villa di Ramazzano dove ha perso la vita il giovane Luca Rosi.

Elementi forti Il ruolo di Catalin Simonescu nell’organizzazione che ha portato a segno la rapina, con lo stupro alla 54enne ecuadoriana, il 3 febbraio, nella villa di Sergio Papa, appare definito da elementi forti e anche da probabili sue ammissioni al momento dell’arresto. Innanzitutto – come riportato da La Nazione e dal Messaggero nelle edizioni locali – c’è la fuga del giovane, da Resina a Sarteano, in Toscana, dove si nascondeva. In secondo luogo c’è l’approfondita conoscenza delle abitudini degli abitanti della villetta di Pietramelina, conoscenze determinanti per portare a segno il colpo. Ma ad incastrare il 27enne rumeno arrestato sabato mattina, ci sarebbe anche un errore compiuto dallo stesso basista: ovvero l’utilizzo della propria auto, una Renault Clio, vista da un testimone, sia per controllare i movimenti del ristoratore Papa, il proprietario della villetta rapinata, sia per aiutare a fare fuggire i rapinatori dopo il colpo. Di mezzo ci sarebbero ripetute sue telefonate agli autori della rapina, per il timore, forse, di essere sorpreso. Nelle mani degli inquirenti ci sono questi elementi, ma anche la presunta sua confessione – non confermata – oltre ad altri indizi quali  i soggetti con cui sarebbe stato al telefono, o il gruppo di persone straniere «poco raccomandabili» che da tempo orbitano attorno a questo perimetro di territorio preso a bersaglio dai rapinatori: quello che va da Ramazzano a Resina, da Casa del Diavolo a Piccione, Colombella e Pierantonio, e che la gente di qui conosce, teme e non capisce se il fatto di non vederli in giro significhi che siano scappati, si stiano nascondendo magari non lontani da qui, oppure siano soltanto le sagome di un pregiudizio che si alimenta ulteriormente con la paura.

Lo stesso territorio dove ha perso la vita Luca Rosi. Ma le analogie tra il delitto di Pietramelina e quello di Ramazzano, dove il giovane bancario è stato barbaramente ucciso per difendere Mary, la compagna, non sono soltanto legate al perimetro del terrore di questa periferia perugina dove la gente di notte si rinchiude dentro casa e, «ad ogni piccolo rumore trema», quanto ad elementi di indagine concreti. Come quella pistola calibro nove i cui colpi sono stati sparati contro il giovane Luca. Compatibile con quella rubata a Papa, durante la rapina di Pietramelina, quando gli furono sottratti anche ventimila euro dalla cassaforte. E ancora: il rapinatore che fa roteare la pistola a mo di ‘pistolero’, il delirio di chi è eccitato alla vista delle armi e della debolezza delle vittime, magari sotto l’effetto di significative dosi di sostanze stupefacenti assunte, l’immagine da film che si ripete in entrambi i colpi. Quindi i caricatori dei cellulari utilizzati cone corde per legare i polsi alle vittime.

La sensazione che si stia per chiudere il cerchio attorno ad entrambe le vicende cresce di ora in ora. Probabilmente resterà ancora una sensazione per qualche giorno o più. Probabilmente no. Ma l’idea che gli inquirenti abbiano imboccato una strada che può portare agli autori delle rapine e del terrore che circola in questo territorio è sostanziata in particolar modo dall’elemento certo della cattura del presunto basista, il rumeno che dalla sua ha la carta da giocarsi di non essere entrato nella villa di Pietramelina e di non avere eseguito personalmente la violenza sessuale, elementi che lo collocano fuori dal centro di fuoco degli inquirenti, anche se con gravi responsabilità, e che per tale ragione potrebbe riflettere su più di una motivazione per collaborare con gli investigatori e dire quello che sa. Intanto le indagini continuano anche su un filone autonomo, rispetto ai nuovi elementi che potrebbero sopraggiungere e che può portare fuori dall’Umbria e fuori dall’Italia.

http://www.umbria24.it/rapine-villa-stringe-cerchio-attorno-banda-svolta-racconto-basista/87902.html

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