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Incendi container Castel Romano: nomadi in fuga verso altri campi
RomaToday Cosa si nasconde dietro i roghi che la notte tra venerdì e sabato sono stati appiccati in alcuni moduli abitativi del campo nomadi di Castel Romano? Questa la domanda alla quale si sta cercando di dare una risposta dopo l'ennesimo focolaio riportato … Corriere della Sera Cronaca di Roma | Incendi seriali nel campo … |
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Incendi container Castel Romano: nomadi in fuga verso altri campi – RomaToday
Coppia di zingari taglieggiava aziende trevigiane
La polizia di Treviso sta dando la caccia a una coppia di rom, uomo e donna, dell’appartente età di cinquant’ anni, che in queste ultime tre settimane hanno preso di mira delle aziende tra la Feltrina e la zona industriale di Treviso Nord minacciando i titolari.
I due si sono presentati ogni volta come rappresentanti di una sedicente azienda spagnola specializzata nella produzione di lame per tagliare leghe e metalli. Le ultime aziende visitate, in ordine di tempo, sono state una società che produce casette per le api in cartone, sulla Feltrina, e un’azienda di riciclo metalli. In entrambi i casi la coppia ha messo in atto lo stesso copione. «Si presentano come venditori» spiegano dalla questura di Treviso, «propongono l’acquisto di alcuni loro prodotti e quando incassano una risposta negativa, come accaduto in tutti e quattro i casi, reagiscono nel peggiore dei modi».
Cosa è successo? Ad uno dei titolari con cui si sono approcciati con insistenza, una volta ricevuto un no secco, hanno iniziato a chiedere se fosse stati vittima di furti, razzie o danneggiamenti lasciando chiaramente intendere che se non avesse assecondato le loro richieste avrebbe rischiato grosso. Con un altro, invece, non hanno usato giroi di parole. «Hanno esordito dicendo chiaramente che doveva comprare i loro prodotti, che doveva dar loro dei soldi, e che se non l’avesse fatto» raccontano gli investigatori, «avrebbero mandato qualcuno di loro conoscenza per appiccare il fuoco o danneggiare l’azienda. In alcuni casi hanno detto chiaramente di avere le conoscenze giuste per far derubare i piccolo stabilimenti».
Gli imprenditori, fortunatamente, non si sono fatti vincere dalla paura e sono corsi a denunciare l’accaduto alla polizia facendo scattare le ricerche. Nel corso delle ultime ore la polizia sta effettuando dei sopralluoghi nei campi rom della zona alla caccia delle due persone chiaramente descritte dagli imprenditori, ma nel frattempo hanno fatto scattare l’allerta.
«Abbiamo scritto alle associazioni di categoria, agli industriali e agli artigiani avvertendo di prestare massima attenzione» spiega il portavoce della Questura, «soprattutto per fare in modo che qualora i due rom si ripresentino, ci sia qualcuno che possa chiamarci subito permettendoci di intervenire e fermarli». Nelle zone industriali e artigianali di Treviso l’allarme è già scattato. La polizia batte a tappeto il territorio, la rete, è stata lanciata.
Monza: la diciassettenne aggredita da marocchino racconta
Aprire un quotidiano, ascoltare il telegiornale, e quasi non stupirsi neanche più – cosa tanto pericolosa quanto agghiacciante – di quel che la cronaca riporta.
Potrebbe forse toccarci più da vicino sapere che lo scorso sabato, proprio in centro Monza, c’è stata un’aggressione ai danni di una diciassettenne, che per convenzione chiamerò Nicole. Pur conoscendola, con quanto più tatto possibile, ho chiesto alla ragazza se le andava di raccontare quel che le è accaduto, rispondendo a qualche domanda.
Nicole, mi racconteresti la storia dall’inizio? Che cosa è successo?
«Sabato, nel pomeriggio, mia mamma riceve una chiamata da un ragazzo che dice di essere mio amico e di aver bisogno del mio numero di telefono. Mia madre gliel’ha dato.»
Ma scusa, il numero di tua madre? Come faceva ad averlo?
«Non ne ho idea, sto cercando ancora una risposta.»
Ok, lui ha il tuo numero. Poi che è successo?
«Io questo ragazzo lo conoscevo di vista. Un amico dei miei amici, un ragazzo marocchino che quando incrociamo ci fermiamo a salutare. Niente di che. Ha iniziato a chiamarmi in maniera insistente, io dopo un po’ rispondo e mi dice solo di farmi trovare quella sera in centro a Monza, perchè voleva parlarmi.»
Quindi quella sera eri a Monza?
«Sì, sono andata con i miei amici al cinema. Una serata tranquilla, poi loro sarebbero andati a ballare, ma io no. Dovevo tornare a casa presto. Fuori dal cinema, lo vedo. Era in macchina. Ma io ho fatto finta di niente, e mi sono diretta con tre amiche verso il centro. Siamo entrate in un posto a mangiare qualcosa, lui arriva e mi chiede di uscire. Io non volevo, lui insisteva e diventava sempre più maleducato. Una delle mie amiche voleva venire con noi, ma lui continuava a dire di no, che doveva parlarmi a quattrocchi. Usciamo, e mi dice di salire in macchina. Io chiaramente non volevo, faccio per andarmene, ma lui mi afferra per un braccio e mi sbatte in macchina.»
Scusa, ma in tutto questo nessuno ha visto? Tu non hai urlato?
«No, ero bloccata. Tremavo come una foglia. Appena è partito son saltata giù dalla macchina e sono corsa via, mentre lui mi urlava che sapeva dove e a che ora mio padre sarebbe venuto a prendermi. Non so come, perché io non l’avevo detto a nessuno se non a mio padre.»
Hai chiaramente raccontato ai tuoi genitori quel che è accaduto. Che è successo il giorno dopo?
«La domenica sia io che mia madre abbiamo ricevuto chiamate su chiamate. I miei genitori mi hanno portata dai carabinieri, ho raccontato tutto quanto, ho detto tutto quello che sapevo su di lui, e loro si sono limitati a darmi consigli, del tipo «se tu lo dovessi vedere ancora, parlaci serenamente.» Ma cosa vuol dire?!»
Ah, beh. Un saggio consiglio, sicuramente. Ma sono riusciti a trovarlo?
«Sì. Domenica sera io ero con un mio amico, siamo passati davanti alla caserma dei carabinieri e uno di loro mi è venuto incontro chiedendomi se ero la ragazza che aveva sporto denuncia quella mattina, perché forse l’avevano trovato. Mi portano davanti a lui, e io l’ho riconosciuto chiaramente. Gli fanno svuotare le tasche e trovano dell’erba e un coltellino. Il permesso di soggiorno dice di averlo lasciato a casa. Poi mi hanno lasciata andare dicendo che lo avrebbero portato in caserma. Però non lo so.»
Tu hai più rivisto questo ragazzo?
«No, né io né i miei amici. So solo che domenica pomeriggio era andato a chiedere in giro dove abitassi, e guarda caso quando l’hanno trovato era proprio vicino a casa mia.»
I tuoi genitori? Come stanno? Cos’è cambiato?
«Dire che sono preoccupati è a dir poco, e hanno ragione. Mi chiamano continuamente, anche la mattina a scuola non vado più col pullman, mi porta mio padre. A mia madre viene la pelle d’oca appena sente squillare il telefono.»
Tu come stai?
«Io ho paura. Faccio fatica persino ad addormentarmi, forse perché è appena successo, ma mi sono spaventata.»
Non ti sei chiesta nulla sull’ambiente che frequenti? Credi che conti qualcosa?
«Io non penso che quello c’entri. Io credo solo che quello che è successo non sia minimamente giustificabile.»
http://www.newstorm-ita.com/articoli/aggressione-a-monza-parla-la-vittima-diciassettenne/148954/
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