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Ius soli: gruppo di “nuovi italiani” deride e pesta ragazzino

MONTECCHIO MAGGIORE (Vicenza) settembre 2013 – Preso in giro, deriso e bersagliato di dispetti in autobus; aggredito e rapinato una volta sceso dal mezzo pubblico Ftv, in piazza Duomo a Montecchio Maggiore. E’ la terribile esperienza che ha vissuto mercoledì, attorno alle 14.30, un adolescente di 17 anni. Disturbato e picchiato dai tre giovani bulli: il marocchino Zakaria El Amine, il moldavo Nicolae Rasia Rusu, entrambi 18enni, e un tunisino 16enne. Questi hanno cominciato a prendere di mira la loro vittima una volta saliti in autobus.

Il 17enne, infastidito, è sceso dopo qualche fermata ma non prima di aver recuperato il berrettino che aveva in testa e che il terzetto gli aveva rubato. Terzetto che lo ha poi raggiunto, scendendo alla stessa fermata. Lì il gruppetto ha spintonato il 17enne, lo ha preso a calci e pugni con ferocia e alleggerito del suo Ipod, dal quale stava ascoltando musica per cercare di ignorarli. La vittima, ancora sotto choc, ha avuto comunque la prontezza di chiamare il 112. Il tempestivo intervento dei carabinieri ha così permesso di individuare ed arrestare i bulli, già con precedenti. I 18enni sono finiti in carcere a Vicenza mentre il 16enne nella struttura minorile di Treviso.

http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2013/14-settembre-2013/ragazzino-preso-calci-pugni-pochi-euro-ritorno-scuola–2223094183185.shtml

Devastano centro accoglienza, assolti: “Non aveva tutti i confort”

Liberi di distruggere e di devastare. Liberi di ribellarsi, anche nel più violento dei modi, se le «condizioni dell’alloggio» non sono all’altezza delle aspettative. Stiamo parlando di un Cie, Centro di identificazione ed espulsione per immigrati clandestini e non di un hotel a cinque stelle, intendiamoci, ma lo scenario e le prospettive che schiude una sentenza decisamente clamorosa, di cui si è venuti a conoscenza solo ieri, sono piuttosto allarmanti.

Partiamo dalla conclusione: liberateli immediatamente perché questi tre imputati si sono solo difesi da una situazione molto simile alla tortura e dalla condizione di degrado al quale lo Stato italiano li aveva ridotti. Queste, in buona sostanza, le motivazioni con cui il giudice Edoardo D’Ambrosio, del tribunale di Crotone, ha assolto tre migranti che erano stati accusati di devastazione e di violenze. In altre parole la legittimazione, se non la giustificazione, per il loro sconsiderato agire, che trova fondamento, secondo il magistrato, nel pessimo trattamento coercitivo cui i tre erano stati sottoposti. I fatti in questione risalgono al 2012. E tutto accadde allora, proprio come nei giorni scorsi, nel Cie di Isola di Capo Rizzuto dove, un terzetto di extracomunitari diede fuoco alle polveri della rivolta.

Arrestati in varie zone d’Italia perché privi di documenti, i tre vengono trasferiti nel Cie del Crotonese. Rimangono lì per più di un mese e mal sopportano quella situazione fino al pomeriggio del 3 ottobre 2012 quando occupano un’ala del Centro e cominciano a danneggiarlo. La rivolta dura sei giorni poi si arrendono e vengono incarcerati. Ma, al momento del processo, la loro situazione si capovolge e, da autori di un reato, diventano vittime, grazie alla sensibilità del giudice che si trovano davanti. Analizzando le loro condizioni di detenzione D’Ambrosio ritiene di poter configurare, a giustificazione della loro ribellione, la legittima difesa perché i tre reclusi in quella sorta di lager non potevano far altro che ribellarsi. Una sorta di diritto alla ribellione con annessa devastazione, dunque.

Ma a questo punto, che cosa si sentirebbero autorizzati a fare e a dire alcune migliaia di detenuti nelle carceri italiane, costretti a vivere ogni giorno in ambienti ancora più degradati e in situazioni ancora più insostenibili? Via libera alla rivolta che, intesa come legittima difesa, troverebbe e troverà sempre l’approvazione di un magistrato particolarmente sensibile?

Una sentenza simile, clamorosa quanto sconcertante, che, di fatto, riconosce il diritto alla ribellione, non può del resto stupire più di tanto se si considera la piega che gli avvenimenti hanno preso. Un altro dei paradossi di questa nostra Italia buonista, senza potersi permettere il lusso di esserlo realmente, che ha segnato avant’ieri un passaggio delicato mettendo in serio imbarazzo lo stesso ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge, fervente sostenitrice di una proposta di legge unica perché l’Italia sdogani al più presto il cosiddetto ius soli , che sancisce l’acquisizione della cittadinanza come conseguenza del fatto giuridico di essere nati nel territorio dello Stato, qualunque sia la cittadinanza posseduta dai genitori. La sua visita proprio al Centro di accoglienza di Capo Rizzuto, e all’attiguo Centro identificazione ed espulsione, chiuso dopo la rivolta dei giorni scorsi, è stata infatti caratterizzata da momenti di altissima tensione. Il ministro è stato infatti letteralmente «bloccato» due volte da un gruppo di ospiti-manifestanti. Mentre stava visitando il settore riservato alla donne ed ai bambini, si sono posti davanti al cancello imponendole di visitare l’intera struttura dopodiché, quando stava per lasciare il Centro e dirigersi a Crotone per partecipare alla cerimonia di consegna della cittadinanza simbolica del Comune a otto bambini stranieri nati in Italia, un gruppo di immigrati si è seduto davanti alla sua auto per impedirne l’uscita. La Kyenge ripete che « il ministero per l’Integrazione sta lavorando perché non debbano più essere delle emergenze» ma lei, per prima, si è trovata in mezzo a una situazione caotica, in cui la violenza è stata sfiorata nuovamente per poco. Che si fa? Si assolveranno sempre e comunque tutti abbinando allo ius soli anche lo ius rebellionis?

http://www.ilgiornale.it/news/interni/immigrati-liberi-devastare-944870.html

http://www.ilradar.com/assolti-immigrati-cie-diritto-violenza/

Omicidio Maghrebino, indagato il fratello del morto

VICENZA. L’omicidio di Campo Marzo fu premeditato perché fu una spedizione punitiva. La procura ne è convinta, perché il giorno prima il killer fu sfregiato dal fratello della vittima. È per questo che, oltre agli 8 indagati per il delitto, il pubblico ministero Silvia Golin ha iscritto altre tre persone, fra cui appunto il fratello del morto, con l’ipotesi di lesioni gravi. NUOVI INDAGATI. Il pm, che da mesi coordina la complessa indagine della squadra mobile, contesta ad Abdelkader Ghrissi, 23 anni (avv. Chiara Bellini), Tarek Ben Ahmed, 30, e Aymen Garbi, 24 (avv. Annunziata Ciampi) l’aggressione del 7 settembre. Il terzetto accerchiò Mouhamid Injeh detto Hamza, 20 anni, nella zona di Campo Marzo: Ghrissi lo sferrò una testata, Garbi, Ben Ahmed e un quarto non identificato lo colpirono con calci e pugni e infine lo stesso Ghrissi lo sfregiò con un coltello al volto.
RICOSTRUZIONE. La sera dopo, fra le giostre di Campo Marzo, andarono in otto a cercare Abdelkader Ghrissi, ma individuarono suo fratello Rafik, che gestiva lo spaccio di droga davanti alla stazione. In precedenza c’era stata una “riunione operativa” in un bar. Gli otto si presentarono tutti armati di coltello, accerchiarono Rafik e lo colpirono prima con calci e pugni. Poi con le lame, ferendolo sulle mani, in testa e all’addome. I tre fendenti mortali li sferrò Hamza, lo “sfregiato” del giorno prima.
«ASSASSINI». Oltre ad Hamza (avv. Gaetano Crisafi e Marco Dominidiato), che per mesi si era detto minorenne, la procura contesta l’omicidio volontario a Mohamed Ben Fredj, 29 anni (avv. Agron Xhanaj), Fes Bobola, 18 (avv. Matteo De Meo), Tarek Khediri, 26 (avv. Sonia Negro), Omar Kazdaoui, 24, e Chawki Boussetta, 28 (avv. Mario Allegra). D.N.

Link Articolo: http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/447_news/462320_omicidio_indagato_il_fratello_del_morto/

Famiglia pestata e rapinata all’Infernetto: i criminali sono Romeni

Europa senza frontiere

ROMA – Sono romeni e sembrano dilettanti del crimine i banditi che hanno tentato di rapinare una coppia con i loro due bambini piccoli l’altra notte all’Infernetto. Gli investigatori hanno diverse tracce in mano e su quelle stanno lavorando per risalire all’identità dei malviventi.
All’indomani del feroce blitz consumato da cinque bruti ai danni un’intera famiglia in via Castelfondo, proseguono senza sosta le indagini per risalire alla loro identità. Tutta la famiglia è sotto shock. Lui, proprietario di una rivendita di materiale edile a cinque minuti di distanza, 49 anni, è ancora ricoverato per un trauma cranico e frattura della mandibola. Ne avrà per 25 giorni e dal Grassi ha scelto di trasferirsi in una clinica specializzata di Roma. La moglie, 45 anni, ha riportato contusioni guaribili in 15 giorni. I figli, uno di 6 anni e l’altra di 4, sono rimasti traumatizzati.

I rapinatori avevano studiato attentamente il piano ma hanno commesso ingenuità che potrebbero costare loro l’identificazione e l’arresto. Innanzitutto, il terzetto che ha aggredito l’uomo al rientro in casa, lo avrebbe seguito fin dal suo magazzino commerciale. Telecamere di videosoveglianza lungo il percorso potrebbero aver ripreso modello e numero di targa della loro auto. Inoltre, la polizia scientifica che ha effettuato i rilievi sul posto dopo la violenta colluttazione, ha trovato varie tracce di sangue sulla pavimentazione del giardino.

La lotta tra tre banditi ed padrone di casa è stata dura: oltre al 49enne è rimasto ferito anche qualche malvivente. Repertata pure una sciarpa macchiata di sangue con materiale biologico utile a tracciare il dna dello sconosciuto. «Parlavano romeno» ha dichiarato alla polizia la donna rimasta in balia di due banditi, con i figli in casa.

Infine, l’errore più grossolano da parte degli sconosciuti è stato quello di portare via i cellulari di moglie e marito. Gli investigatori hanno controllato celle e apparati mobili arrivando ad una mappatura degli spostamenti che non porterebbe molto lontano. Si spera di riuscire a stringere il cerchio intorno al covo della banda. La convinzione, infatti, è che l’escalation di rapine e di furti notturni sia conseguenza della presenza di una gang specializzata che vive sul posto.

Nel quartiere serpeggia la paura. «Non si fa che parlare dei furti in casa e delle aggressioni quando i ladri vengono scoperti» riassume la commessa alla cassa del bar Kristal, epicentro del quadrilatero più esposto ai raid. L’area travolta dal fenomeno, infatti, è perimetrata da via Dobbiaco, via Nicolini, via di Castelporziano e via Wolf Ferrari. Una larga porzione di un quartiere che ha dimensioni di una città: 11 chilometri quadrati e 40 mila residenti.

«Le famiglie sono terrorizzate – ribadisce Giosuè Mirizio, del comitato Infernetto sicuro – Le forze dell’ordine sono presenti con una pattuglia fissa dei carabinieri e una della polizia ma non può bastare a coprire l’estensione dell’area. Che fine ha fatto il presidio fisso promesso nell’ex parrocchia dall’assessore comunale al Litorale? Basterebbe un sistema di telecamere sulle cinque strade d’accesso per monitorare le targhe in entrata e uscita».

Link e Articolo: http://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca/rapina_villa_infernetto/notizie/247236.shtml

La realtà è che con Schengen e l’Unione Europea, i Romeni sono liberi di vagare e razziare nelle nostre città. O li blocchi ai confini, oppure è già tardi. E con Schengen e la libera circolazione Ue non puoi bloccarli perché le frontiere non esistono più.