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Zingaro mette foto refurtiva su Facebook: risiede in campo nomadi del Comune di Lecce

Galeotto fu il profilo Facebook: sono state le foto pubblicate sul web da un uomo di trent’anni, pregiudicato e senza lavoro, a permettere alle sue vittime di identificarlo e denunciarlo ai carabinieri. Così ieri i militari della stazione di Trepuzzi, in provincia di Lecce, hanno arrestato G. H., nato a Palermo e residente a Lecce nel campo nomadi Panareo, sulla statale 7ter, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere. La misura, emessa dal gip Giovanni Gallo, su richiesta del pm Giuseppe Capoccia, riunisce i gravi indizi di colpevolezza relativamente a ben cinque furti in abitazione aggravati, consumati o tentati.

L’indagine dei militari della stazione di Trepuzzi, in collaborazione con la compagnia di Campi Salentina e con numerose stazioni della provincia, è iniziata dal penultimo di questa serie di furti, avvenuto il primo agosto scorso intorno alle 20 a Trepuzzi. In quella occasione la vittima, rincasando, sorprese i ladri in fuga dopo aver rubato gioielli del valore di circa 4mila euro: per ultimo vide uscire un giovane che descrisse abbastanza efficacemente.

I militari, grazie a una telecamera di sorveglianza della zona, sono riusciti anche a ricostruire la dinamica del furto: l’obiettivo ha ripreso una Station Wagon scura di grossa cilindrata che si ferma nei pressi dell’appartamento, uno dei passeggeri che ne esce munito di un piede di porco e, dopo aver suonato il campanello senza ottenere risposta, forza la porta d’ingresso consentendo l’ingresso ai complici, due o tre. L’azione in tutto era durata non più di tre minuti.

Dalle indagini è emerso che il modo di agire era simile a quello di diversi casi di furti in abitazione commessi nel corso dell’estate. In quattro di essi (un furto tentato a Novoli il 1° agosto e tre consumati a Lecce e Novoli il 12 luglio, l’ultimo a Campi il 4 agosto), come nel caso di Trepuzzi, i proprietari di casa nel rientrare avevano incrociato i malviventi, e di essi ricordavano chiaramente il capobanda, molto simile a quello descritto dalla vittima a Trepuzzi. Ne è nata una frenetica ricerca di persone sospettabili e soprattutto di fotografie recenti.

Per quanto riguarda G. H., l’aiuto decisivo è arrivato da Facebook dove l’uomo è stato riconosciuto senza ombra di dubbio da tutte e cinque le vittime. Sono ancora in corso le indagini per individuare gli altri componenti della banda, probabilmente più attenti del capo.

http://bari.repubblica.it/cronaca/2013/09/08/news/ladro-66122166/

‘Integrazione’: due italiane aiutano immigrati a stuprare le donne

Faenza (Ravenna), 26 agosto 2013 – Parleremmo di un modello di integrazione tra nordafricani e italiani (???, ndr).  Se non fosse che il contesto della collaborazione era quello di una brutale aggressione con l’appendice di una violenza sessuale. L’amaro retroscena che filtra dall’indagine della polizia — culminata con l’arresto di quattro tunisini, due ancora ricercati e altre cinque persone indagate a piede libero — è che tra i complici del ‘branco’ che ha malmenato, minacciato e tentato di stuprare una giovane marocchina, prima di essere messo in fuga da un connazionale della vittima, c’erano anche tre ragazze: una moldava 33enne residente a Brisighella e due faentine di 21 e 32 anni.

Le indagini hanno appurato che, all’epoca dei fatti, risalenti al mese di maggio, due di queste erano fidanzate e una amica stretta dei presunti violentatori, tra i quali anche una coppia di fratelli colpiti dall’ordinanza di custodia in carcere del gip Galassi ma ancora ricercati. Donne complici dei carnefici, hanno evidenziato le attività investigative di Squadra Mobile e commissariato di Faenza. Le tre ragazze, infatti, nell’inchiesta compaiono come indagate per favoreggiamento: pur avendo assistito alla violenza in strada, avvenuta nella tarda serata del 6 maggio in via XX Settembre, avrebbero aiutato i tunisini a sottrarsi alle ricerche con dichiarazioni reticenti e contraddittorie, poi smentite da altri testimoni, e rilasciando false informazioni, come quella di non aver assistito ai fatti.

Le tre vengono peraltro riprese, nei minuti immediatamente successivi alla violenza sessuale, dalla telecamera Duomo, puntata sulle vie XX Settembre e limitrofe. Non solo. Il 7 maggio, la sera seguente, la vittima marocchina, in compagnia di un’amica, era stata oggetto di una seconda spedizione punitiva per il fatto che in mattinata aveva sporto denuncia. E in quel contesto aveva riconosciuto la 32enne faentina che in loro presenza effettuava una telefonata. Non è finita. Perché il 21 maggio — dopo che il giorno prima la marocchina aveva ricevuto ulteriori minacce e pressioni perché ritirasse le denunce — sempre la 32enne faentina al telefono con un’amica dice queste parole choc: «Lei tanto pensa che nessuno gli fa niente. Quando la sciolgono con l’acido, dopo la bocca da parlare non ce l’ha più, te lo dico io».

L’inchiesta, all’apice di una serie di tensioni tra marocchini e tunisini nella città, ha poi messo in evidenza altri fattori. Uno positivo: l’importanza, appunto, delle telecamere Duomo, Saffi e Fontana, che hanno offerto un prezioso contributo alla ricostruzione degli avvenimenti. L’altro da brividi: il frasario inquietante usato nello scontro tra le due bande nordafricane. “Chiama pure la polizia che quando ti prendo ti faccio un taglio sulla faccia così allo specchio ti ricordi” o “i marocchini non sono educati, dunque ci penso io ad educarli…”. Solo alcuni esempi. Immigrati sì, ma particolarmente attenti alle tensioni e reazioni del tessuto sociale in cui alcuni di loro sono inseriti stabilmente (che vuol dire?ndr). Prova ne è l’insistenza con cui uno degli indagati, all’indomani della violenza sessuale, chiede a un connazionale di leggere per lui “tutti i giornali di Faenza, non solo uno”, per vedere se per caso venisse fatto il suo nome.

http://www.ilrestodelcarlino.it/ravenna/provincia/2013/08/26/940072-fidanzate-coprono-violenza-sessuale-faenza.shtml

Ecco un tipico esempio di ragazze italiane antirazziste. Adorano gli immigrati, li frequentano perchè sono degradate come loro, ci vanno a letto e diventano complici delle loro attività illecite e degli stupri che commettono. Loro sono “avanti”, il nuovo modello di donna. Un modello sicuramente amato dal duo Boldrini-Kyenge. Piccola annotazione: il “giornalista” che ha scritto l’articolo sembra quasi dispiaciuto per il fatto di non poter parlare di integrazione in termini positivi. Rischiano il licenziamento se osano parlar male dei “migranti” e degli psicolabili che li frequentano.

Ladri traditi dalle scarpe "griffate": in manette due nomadi di Biella – La Stampa

Ladri traditi dalle scarpe "griffate": in manette due nomadi di Biella
La Stampa
Sono stati traditi dalle scarpe che indossavano al momento del furto e da una telecamera, che ha ripreso la scena. Due nomadi di Biella, Giuseppe e Alfredo Gugliermotti, 45 e 23 anni, sono stati arrestati dai carabinieri di Crevacuore su ordine del

Perugia: preso l’aggressore dell’anziana – L’allarme del Capo della Mobile

 

E’ durata solo due ore la latitanza dello scippatore che
mercoledì ha aggredito e portato via la catenina ad un’anziana,
nel quartiere di Madonna Alta, a Perugia. L’uomo, un tunisino
di 25 anni, è stato arrestato dalla polizia con l’accusa di rapina
aggravata.
Il maghrebino – è stato spiegato in Questura – è stato
rintracciato dagli agenti della sezione contro il crimine diffuso,
due ore dopo il colpo. La catenina non è stata rinvenuta: lo
straniero se ne è disfatto prima di essere bloccato.
L’identificazione del rapinatore è stata possibile grazie al
filmato della telecamera a circuito chiuso che ha ripreso
l’episodio.
Molti maghrebini – ha spiegato il capo della Mobile perugina,
Marco Chiacchiera – sono arrivati a Perugia per spacciare
droga ma la crisi economica ha ridotto pure i consumi degli
stupefacenti. Perciò alcuni di loro si dedicano ad altri reati
come, appunto, gli scippi. I negozi compro-oro consentono di
monetizzare in breve la refurtiva. Nel complesso i
commercianti della città ci parlano di una situazione
migliorata dal punto di vista della microcriminalità”

http://www.giornaledellumbria.it/article/article83009.html

Preso a bottigliate dal rapper: ragazzo in coma

 
ERBA –  «Noi non vogliamo la violenza. Balli, canti e ti intrattieni con quelle cose». Altro che sberle o bottigliate in testa. Lo diceva con lo sguardo convinto, davanti alla telecamera, nelle vesti di rapper, Emmanuel Jeremias Donè, 23 anni, residente a Rebbio di Como. Un anno e mezzo dopo, un’altra telecamera ha raccontato una verità diversa, fatta – questa sì – di violenza. E il giovane è stato arrestato per tentato omicidio, per aver mandato in coma un coetaneo a colpi di bottiglia in testa.I carabinieri di Albate, nel fine settimana, hanno portato in cella il ragazzo protagonista della violenta rissa scoppiata lo scorso fine settimana a Tavernerio, tra due gruppi di giovani, al termine di una serata in discoteca al “K-Klass”. “Jere” Doné stesso si era presentato ai carabinieri il giorno dopo la lite costata il coma a Mirko Leonti, 23 anni anche lui, residente ad Erba. La versione offerta dal giovane rapper raccontava di un’aggressione ai suoi danni e di bottigliate inferte solo per legittima difesa.

Una settimana più tardi quella versione, nella lettura degli atti della Procura, è crollata di fronte alle dichiarazioni di alcuni testimoni “neutrali” presenti alla rissa e delle immagini delle telecamere di sicurezza del negozio Ceres, nel parcheggio dell’Eurospin di Tavernerio, dov’è avvenuta la lite.
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