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Roma: campo nomadi comunale è il centro del traffico di neonati rapiti?

“Ceduto” per ottomila euro e una BMW d’occasione: ecco la storia di Tony, venuto al mondo lo scorso 21 luglio all’Hôpital Nord di Marsiglia e venduto a una coppia rom che non poteva avere figli. La notizia ha scioccato la Francia, e scoperchia il vaso di Pandora sulla realtà della tratta degli esseri umani che i neonati.

“NON ABBIAMO FATTO NULLA DI SBAGLIATO” – L’indagine aperta in Francia ha già portato ad arrestare i responsabili della “compravendita” di Tony: secondo quanto riportato da Le Parisien, in manette sono finiti due fratelli di etnia rom Ilie, 33 anni e Valeriu, 40, padre biologico del bambino. La polizia li ha arrestati a Marsiglia, bloccandoli appena scesi da un traghetto proveniente da Bastia. Secondo gli inquirenti, i due potrebbero aver venduto, oltre a Tony, anche un altro bambino, ceduto a una coppia di Ajaccio lo scorso maggio, mentre un terzo neonato sarebbe stato “pronto per la vendita” a settembre, sempre a Marsiglia. Arrestati anche gli acquirenti di Tony, Carmen e Mike G. una giovane coppia di nomadi che vivevano in un campo rom nella regione di Marsiglia. Per loro la sterilità era un grosso peso, un’onta insopportabile che li rendeva estranei alla comunità rom nella quale vivevano. Per la coppia l’accusa è di complicità nel traffico di esseri umani anche se, secondo quanto riferito dal loro avvocato i due non sono pentiti né credono di “aver fatto qualcosa di sbagliato”.

UN TRAFFICO DI NEONATI CHE PASSA DA ROMA?Una tratta, quella organizzata dai due rom che potrebbe avere radici anche in Italia: secondo gli inquirenti, la coppia di fratelli che avrebbe organizzato la vendita sarebbe stata pronta a tornare in Romania passando per il nostro paese e ci sarebbe ragione di credere che le tratte potrebbero avere qualche collegamento con un campo nomadi alla periferia nord di Roma. La rete, infatti, sarebbe molto estesa e i due neonati venduti a Marsiglia potrebbero essere soltanto la punta dell’iceberg. Per questo motivo Giovanni d’Agata, dell’associazione Sportello dei Diritti, ha chiesto l’apertura di un’indagine anche in Italia: «Se non sarà aperta nessuna indagine faremo un esposto alle autorità competenti».

http://www.giornalettismo.com/archives/1082981/i-bambini-rom-venduti-in-francia/

Follie migranti: «Mi ha sorriso per questo l’ho seguita»

SPINEA. È rimasto agli arresti domiciliari il ventiduenne albanese residente a Spinea accusato di tentato sequestro di persona. Ieri, il giudice delle indagini preliminari di Venezia Barbara Lancieri lo ha interrogato e, alla fine, ha convalidato l’arresto ed ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare così come aveva chiesto il pubblico ministero Angela Masiello. Il reato contestato, quello di tentato sequestro, seppur grave è l’unico per ora di cui deve rispondere. Difeso dall’avvocato Roberto Baglioni , il giovane albanese non ha negato le circostanze che hanno fatto scattare le manette dei carabinieri, ma ha cercato di giustificarsi, di spiegare, negando soprattutto di aver cercato di portare a casa sua – contro la sua volontà – la ragazzina moldava di 15 anni di cui si era invaghito. «Ho sbagliato, ma ho frainteso, a me piaceva e credevo fosse interessata a me, da qualche giorno mi salutava, mi sorrideva»: questo ha sostanzialmente spiegato al magistrato. Quindi, ha aggiunto che non voleva trascinarla a casa sua, ma che l’ha trattenuta per un braccio semplicemente perché non se ne andasse, per convincerla a restare.

Ben diversa la versione fornita dalla ragazzina e dalle due amiche. E sarebbe stato proprio la giovane albanese a confermare che il ragazzo voleva trascinarla a casa sua perché lo avrebbe anche detto nella sua lingua che solo lei, delle tre, comprendeva. Prima dell’episodio di martedì, però, ci sono stati altri approcci, pedinamenti e telefonate. Le ragazze ai carabinieri di Spinea hanno riferito che lui quel pomeriggio le seguiva e hanno prima tentato di accelerare il passo, poi si sono messe a correre per sfuggire al molestatore, che però le ha raggiunte, afferrando la moldava per i polsi. È durante questi convulsi momenti che il ragazzo avrebbe detto, in albanese, di volersi portare la ragazzina a casa, dove vive con il fratello, non lontano dal luogo dell’aggressione.

 

Come si può, dare i domiciliari a chi ha tentato di rapire e violentare una ragazzina? A chi crede che “un sorriso” – magari immaginato – significhi “sesso garantito”? Espellerlo no?