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Uccisa a coltellate – Italia – l’Unità – notizie online lavoro, recensioni … Ha ucciso la ‘compagna’ con la quale viveva da 15 anni con con due coltelli da cucina. Ieri sera gli agenti del commissariato Quarto Oggiaro hanno arrestato per omicidio aggravato un 44enne egiziano, con regolare permesso di soggiorno, senza precedenti e residente da anni in Italia. L’uomo abitava con la vittima, una 48enne di origine ecuadoriana ma con passaporto italiano, in un appartamento di appena 15 metri quadri in piazzale Accursio, in zona Portello, periferia nord di Milano. La coppia litigava spesso ma, come ha spiegato la figlia 24enne della vittima, che pure disapprovava la relazione, nulla faceva prevedere questo tragico epilogo. Hanno avvertito la polizia alcuni vicini, allarmati dai rumori e dalle urla al terzo piano del palazzone. Quando la polizia è arrivata, intorno alle 22.30, c’era già un’automedica. Nonostante i molti tentativi di rianimare la donna non c’è stato nulla da fare ed è stata dichiarata morta intorno alle 23.20. Il corpo della 48enne era riverso in bagno. Molte le ferite, ma il colpo decisivo è stato inferto vicino allo sterno sotto il seno. I due coltelli utilizzati sono stati ritrovati, ancora coperti di sangue, nel cestino dell’immondizia in cucina. Il compagno era ancora nell’appartamento quando sono arrivati gli agenti del commissariato Quarto Oggiaro e ha raccontato loro una versione poco credibile. All’inizio ha detto che la compagna si era fatta male da sola, circostanza smentita dalle molte lesioni sul corpo della vittima che dimostrano come abbia cercato di difendersi. E i vicini hanno sentito distintamente le sue urla e allarmati hanno avvisato il 113. Anche l’uomo presentava dei graffi inferti probabilmente dalla compagna nel disperato tentativo di difendersi. La coppia non aveva grandi risorse economiche, anche se il 44enne faceva lavori saltuari e la compagna aveva un’occupazione a tempo pieno. I litigi tra loro si erano fatti frequenti dopo che l’uomo era tornato per qualche tempo in Egitto, per poi rientrare a Milano. |
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Milano da bare: Egiziano uccide donna a coltellate
Tenta di stuprare la figlia della compagna: scoperto, picchia entrambe
Maltrattamenti in famiglia e tentata violenza sessuale. Queste le accuse di cui dovrà rispondere un cittadino brasiliano di 35 anni residentea Poli. L’uomo rientrato a casa ubriaco, è entrato nella cameretta della figlia minorenne della sua compagna, avuta da una precedente relazione, ed ha tentato di violentarla.
La donna, connazionale di 38 anni, separata, con cui convive da alcuni anni, attirata dalle urla della figlia, si è precipitata nella stanza e ha tentato con tutte le forze di bloccare l’uomo che, ancora in preda ai fumi dell’alcol, ha reagito con violenza picchiandola. La vittima ha riportato diverse contusioni al volto e la rottura di un dente. I militari, intervenuti a seguito della segnalazione fatta dalla vittima al “112”, hanno arrestato il 35enne e soccorso la donna che, trasportata al locale pronto soccorso, è stata medicata e dimessa con 15 giorni di prognosi. Per la bimba, oltre al grande spavento, nessuna lesione. L’uomo è stato portato in caserma e successivamente, come disposto dall’Autorità Giudiziaria, condotto nel carcere di Rebibbia. Potrebbe interessarti: http://www.romatoday.it/cronaca/abusi-figlia-compagna-poli.html Seguici su Facebook: http://www.facebook.com/pages/RomaToday/41916963809 |
Picchia e cerca di accoltellare la ex
Avellino. Picchia e cerca di accoltellare la ex, ma lei riesce a fuggire …
Avellino. Dopo averla brutalmente colpita con calci e pugni ha tentato di accoltellarla ma la vittima dell’aggressione, una donna romena di 50 anni, è riuscita a fuggire e a mettersi in salvo. È accaduto ad Avellino dove un bulgaro di 53 anni è stato denunciato e allontanato dall’abitazione che condivideva con la sua ex convivente. Gli agenti della Questura di Avellino sono intervenuti in tempo per sottrarla alla furia dell’uomo che non accettava la fine della relazione, che durava da un anno, decisa dalla donna. Il provvedimento di allontanamento e di divieto ad avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla sua ex convivente, è stato firmato dal pm del Tribunale di Avellino, Armando Del Bene |
Trieste: ennesimo rapimento, egiziano in fuga con due bambini
La vicenda è quella di due bambini “rapiti” dal padre egiziano e trattenuti in quel Paese dilaniato da una drammatica situazione politica. Vivono ad Alessadria, nella casa dei nonni. Perché il padre, nel frattempo, è andato a lavorare in Germania.
Un piccolo è nato nel 2005, l’altro nel 2012. La madre, una donna triestina di 38 anni (di cui non citiamo il nome per evitare che i bambini vengano identificati) ha sporto querela alla procura della Repubblica affidandosi all’avvocato Giovanna Augusta De Manzano. Contestualmente ha definito le pratiche per la separazione. Ma – considerata la situazione in Egitto – se non ci sarà un intervento ufficiale della diplomazia italiana, difficilmente potrà rivedere i figli. È questo il suo giustificato timore. Tant’è che l’avvocato nell’istanza di separazione ha chiesto che il presidente del Tribunale «ordini al console italiano di Alessandria d’Egitto, per il tramite del ministero degli Esteri, di inviare una relazione in qualità di giudice tutelare riguardo la condizione familiare e ambientale dei minori adoperandosi per il loro reimpatrio».
Tutto è iniziato nel mese di agosto del 2006, quando la donna triestina si è sposata con un cittadino egiziano che aveva conosciuto proprio a Trieste. Un colpo di fulmine. Era stata affascinata dal modo di fare di quel giovane nordafricano. Ma presto sono emerse le profonde differenze culturali e religiose diventate con il tempo causa di incomprensioni e difficoltà nel mantenere salda l’unità del nucleo familiare. Difficoltà che ovviamente sono esplose quando il padre ha deciso di trasferirsi o trattenersi in Egitto con i propri figli.
Scrive la donna nella querela: «I figli sono stati trasferiti dal padre ad Alessandria d’Egitto e ora vivono con la famiglia paterna. Questo è avvenuto con l’inganno. Mi era stato infatti prospettato inizialmente un soggiorno temporaneo dei bambini a casa dei nonni egiziani. Il più grande è stato portato in Egitto già nel 2006 mentre il più piccolo è stato poi portato in quel Paese con la scusa di andare a trovare il fratello e di rientrare in Italia tutti insieme: fatto sta che nel settembre dello scorso anno, quando sono andata ad Alessandria (e ancora allattavo il piccolo), la famiglia di mio marito mi ha invitato ad andarmene in maniera decisa e perentoria. Mi hanno accompagnato all’aeroporto e fatto imbarcare su un volo, senza discussioni». Continua: «All’inizio mio marito era gentile, disponibile e seduttivo. Poi, dopo che mi ha convinto ad andare in Egitto con i bambini, è diventato violento e prepotente. Spesso mi ha picchiata. E da quando i bambini sono in Egitto non provvede al mio mantenimento, tant’è che sono assistita dal Comune».
Ma si prospetta una strada tutta in salita. Perché l’Egitto non fa parte della Convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori: non vi è dunque alcuno strumento di diritto internazionale che possa essere utilizzato per la restituzione del minore, oppure il ripristino del diritto di visita. Italia e Egitto, tra l’altro, non hanno alcun trattato bilaterale in materia. Quindi al momento, l’unico strumento a disposizione per far rientrare i minori sottratti e condotti e trattenuti in Egitto contro il volere dell’altro genitore, è il diritto vigente in quel Paese. E ora con la guerra civile la situazione è drammaticamente peggiorata.
Non solo: in ogni caso, il Tribunale egiziano non riconoscerà, né darà mai esecuzione, a una sentenza straniera che sia in contrasto con i principi della legge islamica, la s’haria.
http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/09/16/news/rapiti-dal-padre-egiziano-la-madre-ridatemi-i-bimbi-1.7749862
Sono le coppie miste care ai nostri governanti.
Pestata per anni da immigrato: “E’ tutto ok”
Milano – Per
MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA, PICCHIA CONVIVENTE …La Repubblica Milano.ittutte le notizie (2) »
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La xenofilia non paga: aiuta immigrato, lui la perseguita e tenta stupro
Voleva per forza una giovane studentessa universitaria che aveva instaurato con lui un rapporto di amicizia, impartendogli lezioni di italiano e dandogli anche modeste somme di denaro per le piccole esigenze quotidiane. Ma, di fronte al rifiuto di allacciare una relazione sentimentale, l’ha perseguitata. Un cittadino ghanese d 20 anni, A.S.B., regolarmente presente sul territorio nazionale, e’ stato arrestato dai carabinieri del capoluogo dauno con l’accusa di stalking. Da diversi mesi il giovane la tempestava di telefonate, anche nel corso della notte, appostamenti sotto la sua abitazione e pedinamenti per strada, minacce, pure nei confronti dei suoi genitori. Ieri mattina la ragazza, mentre usciva di casa, lo ha notato per l’ennesima volta per strada e, per timore di essere nuovamente molestata, ha deciso di barricarsi nel portone della sua abitazione, contro cui lo stesso ha sferrato violenti pugni e calci, insultandola e minacciandola e infine costringendola a chiedere l’intervento dei carabinieri. Questi ultimi hanno trovato il ghanese sotto casa della vittima ancora chiusa nel portone di ingresso dello stabile. La vittima aveva gia’ presentato due querele ad aprile alla Questura. Il giovane alloggia in una comunita’ di accoglienza. In alcune circostanze la vittima ha subito dei palpeggiamenti nelle parti intime ma e’ riuscita a divincolarsi e a scappare. Questa situazione l’ha costretta a non uscire piu’ di casa da sola e a cambiare il numero di telefono cellulare, senza trarre da cio’ grandi benefici, visto che l’ex amico si presentava direttamente a casa suonando ripetutamente al citofono e chiamando sul telefono fisso, creandole un tale stress che anche il rendimento negli studi ne ha risentito. Capite chi manteniamo nelle ‘comunità di accoglienza’? E cosa dire di chi ‘presta’ il suo servizio in questi luoghi di invasione: collaborazionisti.
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Clandestino africano con permesso falso pesta donna: libero
Coppie Miste: immigrato massacra la moglie incinta
Malmenata, spinta, picchiata nonostante fosse incinta di ormai quattro mesi. Autore delle violenze il convivente serbo con il quale la donna aveva instaurato una relazione da ormai due anni portando con sè anche i figlio avuto dal primo matrimonio. Succede a Treviso, tra le case di Santa Maria del Rovere, dove venerdì pomeriggio gli agenti della polizia sono intervenuti a sirene spiegate per una – purtroppo l’ennesima – lite in casa di coppie miste registrata i questi giorni. A chiamare la polizia è stata la stessa donna, quarantenne, sconvolta. «Correte mi vuole ammazzare» avrebbe detto la telefono con il centralinista della questura salvo poi abbassare la cornetta e richiamare trascorsi alcuni minuti chiedendo di ritirare l’intervento. La polizia però è intervenuta ugualmente, e quando è arrivata a casa ha trovato l’abitazione sottosopra e degli zoccoli lanciati in giro per casa, forse dall’uomo, forse dalla donna stessa nel tentativo di difendersi. Lei era in lacrime, choccata, ha raccontato le difficoltà dell’ultimo periodo, le liti, le incomprensioni e le violenze, ma si è rifiutata di sporgere querela o chiedere un ammonimento come suggerito dagli agenti, anche dopo essere stata condotta in ospedale per degli accertamenti. Perché? Forse paura, forse timore di aggravare le cose. La stessa identica decisione presa a San Zeno sempre venerdì da un’altra donna, sposata in via di separazione, dopo la lite che aveva portato il marito e prenderla per il collo e picchiarla. Anche in quel caso sono stati gli agenti della polizia a intervenire dopo la chiamata dei vicini che avevano sentito le urla. Ma anche in quel caso lei, nonostante i lividi, si è rifiutata di esporsi almeno per ora. Ha raccontato le liti, i «dispetti» fatti dall’uomo che le nascondeva le chiavi dell’auto impedendole di uscire o rubandole i vestiti dall’armadio per il gusto di rovinarle la giornata. Ha descritto le parole usate contro di lei anche in presenza di altre persone, e poi gli scontri fisici che anche venerdì pomeriggio le avevano lasciato alcune escoriazioni. La questura ribadisce: «Le donne non abbiano paura di raccontare e denunciare, solo così possiamo aiutarle a evitare maltrattamenti o altri eventi ben peggiori». Quelli che il marocchino di Manildo vuole integrare. |
Stuprata, massacrata di botte e presa a morsi da congolese
Ha composto il numero del 112 e con le poche forze che le erano rimaste ha chiesto aiuto. Poche parole, quelle che la ventenne studentessa è riuscita a pronunciare. Appena il fiato per dare l’indirizzo e il numero civico ai medici del pronto soccorso. All’arrivo dei carabinieri e dell’ambulanza la ragazza è stata portata in ospedale e ha raccontato una tremenda notte di violenze subite.
Il racconto dell’incubo. La ragazza originaria dell’hinterland perugino, studentessa universitaria, ha spiegato di aver da poco tempo instaurato una relazione sentimentale con il giovane extracomunitario. La travagliata storia si è conclusa in maniera tragica nella nottata tra sabato e domenica quando, intorno alle 5 del mattino, K. K. C., di anni 22 e originario del Congo, dopo essersi fatto accompagnare a casa dalla stessa vittima, avrebbe preteso dalla giovane un rapporto sessuale. Al rifiuto la ragazza è stata brutalmente violentata e picchiata subendo ferite su più parti del corpo che l’hanno costretta ad essere ricoverata presso l’ospedale del capoluogo con una prognosi medica di trenta giorni.
I carabinieri lo hanno trovato in camera che dormiva. Lui ha negato. I militari, rintracciato il luogo da dove era partita la richiesta d’aiuto, sono intervenuti rapidamente ed entrati nell’appartamento, proteggendo da subito la vittima, hanno identificato il ragazzo che in quel momento era tranquillamente nel letto della sua camera facendo finta di dormire. L’uomo ha negato ogni addebito riferendo che la nottata l’aveva trascorsa in una discoteca di Ponte San Giovanni per poi rientrare a casa con la fidanzata non ricordando l’orario e le circostanze successive al ritorno a casa. All’interno della camera da letto i militari hanno però trovato degli indumenti sporchi di sangue e riscontrato tracce ematiche anche su uno dei due cuscini e sul lenzuolo.
L’arresto in flagranza. Vagliate le sommarie e confuse risposte su come fossero andati i fatti e dopo aver ascoltato la ragazza e verbalizzato la sua denuncia, i militari hanno tratto in arresto in flagranza di reato il giovane congolese per violenza sessuale e lesioni personali. Lo stesso, con piccoli precedenti per furto e lesioni e senza una occupazione stabile, è stato portato nel carcere di Capanne a disposizione del magistrato di turno che ha diretto personalmente i militari durante tutte le fasi dell’arresto.
http://tuttoggi.info/articolo/54966/
Ecchimosi in ogni parte del corpo, una grave lesione alla orbita dell ‘occhio destro, ferite profonde al cuoio capelluto, morsi ad un polpaccio: un bollettino medico molo lungo quello stilato dai medici del Pronto Soccorso del S.Maria della Misericordia attorno alle ore 5 di domenica mattina che riguarda una ragazza residente a Perugia, di appena 20 anni di eta’ , trasportata in ospedale da una autoambulanza del 118. Oltre a queste gravi lesioni i medici sono stati impegnati ad accertare una violenza sessuale, anche con prelievi ematologici effettuati dai medici della Struttura di ostetricia e ginecologia. La ragazza, che si trova ricoverata nella Clinica i Otorinolaringoiatra, dovrà essere sottoposta, quando le sue condizioni fisiche glielo permetteranno ad un intervento chirurgico per il trauma all’orbita dell’occhio. La prognosi e’ di 30 giorni. L’ intervento degli operatori del 118 e’ avvenuta su chiamata di alcuni vicini di casa del palazzo in cui e’ avvenuto il fatto, lungo la strada che da Perugia conduce a Ponte Felcino. Contemporaneamente sul posto e’ intervenuta una pattuglia dei Carabinieri che ha seguito l’ autoambulanza. La ragazza ai medici avrebbe riferito di conoscere la persona che si e’ resa responsabile della grave violenza. Sul fatto stanno effettuando le indagini i Carabinieri che hanno già stilato un primo rapporto per la Procura della Repubblica.
http://tuttoggi.info/articolo/54952/
Ai “razzisti” questo non accade.