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Picchia la moglie davanti al figlio Allontanato da casa Vimercate, 17 settemre 2013 – Le botte, i maltrattamenti proseguivano quotidianamente dallo scorso maggio. Spesso davanti agli occhi del figlioletto di soli 10 mesi. Una brutta storia di violenza domestica, l’ennesima. E un intervento dei carabinieri a suo modo «storico», oltre che provvidenziale. I
Lui italiano, 30 anni, con alle spalle piccoli precedenti penali. Lei 31 anni, emigrata dall’Europa orientale in cerca di fortuna. Si erano conosciuti in città e avevano iniziato una convivenza stabile, con la prospettiva del matrimonio, coronata dall’arrivo di un figlio nell’estate del 2012. Tempo qualche mese di tregua e cominciano i problemi, gli scatti d’ira, le liti, gli schiaffi, i lividi, la paura. Quando gli uomini della stazione di Vimercate parlano con quella donna terrorizzata, quando compongono il puzzle attraverso una serie di testimonianze, ecco che il quadro della situazione emerge in tutta la sua gravità. Tanto da dover applicare quella misura d’urgenza sostanzialmente inedita. Il verbale che notifica l’allontanamento ha un effetto immediato e definitivo, salvo eventuali revoche successive. |
Tag: liti
Coppie miste: solo violenza
Torino nel degrado: centinaia di immigrati rubano e portano tutto in edificio occupato
Torino 05 settembre 2013 – Bici smontate, vecchie valigie, elettrodomestici fatti a pezzi. Il tutto protetto dietro una recinzione, alle spalle di una palazzina dell’ex villaggio olimpico. Quasi impossibile da vedere all’esterno; e gli unici che sono a conoscenza di questa situazione sono gli universitari ospitati nella vicina palazzina dell’ostello, che affacciandosi alla finestra possono vedere uno spettacolo da terzo mondo.
Nel cortile della palazzina gli occupanti abusivi (finti profughi, ndr) del Moi hanno allestito una specie di officina nella quale smontano oggetti per i fini più diversi. Da dove provengono queste cose? E con che scopo le smontano? Sono domande retoriche: per i residenti la situazione è ben chiara. L’ex Moi vive in questi mesi una realtà da “ghetto”, come lo definiscono gli stessi cittadini che qui lavorano o abitano. In cinquecento – forse anche di più – hanno occupato quattro palazzine: e il loro numero ormai è foriero di disordini. Innanzi tutto perché i “profughi” (clandestini sarebbe un termine più adatto, ndr) non sanno più dove dormire. In molti si adattano a stare negli scantinati: dormendo su sudici materassi e tra montagne di vestiti e di ciarpame.
E poi ci sono i problemi di ordine pubblico: musica ad alto volume, schiamazzi. Anche liti in mezzo alla strada. Il tutto mentre bici ed elettrodomestici arrivano su dei carretti e vengono stipati in questa specie di officina a cielo aperto.
“Continua ad essere una situazione di forte disagio per i cittadini della zona ma soprattutto per chi lavora e soggiorna all’interno delle palazzine come le residenze universitarie dell’Edisu, (oltre 200 studenti) e quella dell’ostello della gioventù, con un centinaio di posti; una situazione a cui si deve porre una soluzione – dichiara Andrea Cantore, Vice Presidente della Consulta per la Sicurezza Pubblica e consigliere Pdl della Circoscrizione Nove – La questione più sconvolgente è che “l’emergenza umanitaria”,come era stata chiamata, per essere tale avrebbe dovuto per lo meno garantire l’integrazione, la dignità e i diritti umani ai rifugiati, degni di un paese civile e accogliente quale dovremmo essere. Ma tutto ciò non è avvenuto, anzi si è creata una condizione sub umana dove non può che degenerare in problemi di ordine pubblico e sicurezza sanitaria”. Cantore chiede un censimento delle persone che hanno occupato il Moi; per questo motivo ha anche presentato una richiesta di convocazione di un Consiglio di Circoscrizione con la partecipazione del Vice Sindaco.
http://www.torinotoday.it/cronaca/palazzine-occupate-ex-moi-officina-abusiva.html
Pesta la moglie perché incinta di femmina: condannato con ‘calma’, ora è latitante
Picchia la moglie perché incinta di una Femmina: condannato ma non si trova
E’ stato condannato ad un anno e mezzo di carcere il siriano che picchiava la moglie perché “rimaneva incinta di sole femmine”. Adesso bisogna trovarlo. E’ latitante. Auguri.
Nel 2001 il matrimonio: una ragazza italiana sposa Hulmi S.. Tutto sembrava potesse andare per il meglio. Ma il matrimonio si è trasformato rapidamente in un inferno per la ragazza costretta a subire vessazioni continue e persistenti da parte dell’uomo. La donna, che ha avuto due bambine dall’uomo, è stata insultata e maltrattata anche per non aver partorito un figlio maschio.
Durante il processo la donna ha raccontato che il marito “non voleva una femmina perché sarebbe stata una poco di buono come me… una merdaccia”. Dopo che la prima figlia muore ancora neonata, a causa di una malformazione, la donna rimane incinta di un’altra bambina. E l’uomo riprende a picchiare la donna.
Un giorno, durante una delle tanti liti, l’uomo ha detto alla donna: “Io sono dio, anche se arrivano i carabinieri non possono farmi nulla”. A quel ponto la donna lo lascia, fa la denuncia e torana a vivere dai genitori. L’ex marito non si dà per vinto e minaccia di dare fuoco a lei e ai suoi genitori.
Poi, d’improvviso, l’uomo torna in Siria. E ora non si trova.
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Uccisa a coltellate dal marito albanese: bimbe assistono all’omicidio
SAN GIOVANNI 19 giugno 2013 – Una lite furibonda, le grida, le accuse reciproche poi è spuntato il coltello. Lulzmin Hadai, 36 anni, cittadino di nazionalità albanese residente a San Giovanni al Natisone, ha ucciso a coltellate la moglie Irma Hadai, di 32 anni, anche lei cittadina albanese.
È successo ieri sera in una casetta a due piani in via Palmarina. È stato lui a telefonare ai carabinieri poco prima delle 22. Nel frattempo, il vicino di casa, attratto dalle grida all’interno dell’abitazione, ha bussato alla porta ed è entrato. Nel corridoio c’erano tracce di sangue e in cucina, dove i segni di quel massacro erano evidenti sulle pareti e sui mobili, c’era il corpo della donna riverso a terra in un mare di sangue. L’uomo era chino su di lei. «Non mi interessa se vado in carcere – ha detto –, almeno l’ho fatta finita».
La donna è stata colpita a morte da una serie di fendenti calati sul suo corpo sotto gli occhi esterrefatti delle figlie, due bambine di 8 e 5 anni. Quando il personale del 118 è arrivato sul posto, lei era ormai priva di vita, è toccato al medico legale Carlo Moreschi constatare il decesso. Quindi sono arrivati i Carabinieri del Norm di Palmanova, del Nucleo radiomobile, coordinati dal comandante Fabio Pasquariello e dal magistrato Monica Loffredo, sul posto anche la polizia.
L’uomo è stato condotto alla caserma di San Giovanni al Natisone e sottoposto a un lungo interrogatorio. Lui, muratore, ultimamente era rimasto senza occupazione, ma si dava da fare facendo lavoretti; lei faceva le pulizie alla casa di riposo e in un locale. Fra i due, stando ai racconti dei vicini, non c’erano particolari liti, solo qualche discussione, come normalmente accade nelle coppie, ultimamente però lui sembrava sofferente e nervoso.
Pavia, anziana ammazzata per 100 euro: catturato immigrato romeno
Pavia 27 apr 2013 – Svolta nella vicenda di Alma Pecorara, l’anziana trovata morta mercoledì mattina nella sua abitazione di Montecalvo Versiggia, nell’Oltrepò Pavese. Un uomo è stato fermato dai carabinieri nella nottata: si tratta di Costantin S., un romeno di 34 anni.
Sembra che la donna sia stata uccisa per un debito di 100 euro. Il motivo dell’omicidio è emerso dalle indagini che hanno portato al fermo del 34enne. Sembra che la donna non gli volesse restituire una caparra d’affitto.
L’uomo fermato è un pregiudicato romeno senza una dimora fissa, già noto alle forze dell’ordine per risse e ubriachezza. I carabinieri lo hanno fermato mentre si trovava nella stanza dove viveva in affitto in un paese vicino a Montecalvo Versiggia, Golferenzo. Fa il lavoratore stagionale. Tra lui e la donna c’erano state diverse liti per una caparra di circa 100 euro che la donna, che gestisce un paio di immobili nella zona, non voleva restituire allo straniero a cui aveva affittato in nero una stanza e che poi aveva “sfrattato”. Sembra che lui non si fosse mai rassegnato alla perdita di quel denaro, che aveva più volte chiesto indietro. E proprio la mattina dell’omicidio aveva tentato di parlare con la proprietaria telefonandole, ma lei si era rifiutata di incontrarlo.
Gli investigatori del Comando provinciale di Pavia hanno anche trovato la presunta arma del delitto, un coltello su cui sono in corso le analisi scientifiche per confermare il quadro accusatorio. Intanto, i primi rilievi effettuati sul cadavere della pensionata, che verrà sottoposto ad autopsia soltanto domani, hanno confermato l’omicidio, che sarebbe stato perpetrato tramite una coltellata. Una prova determinante per le indagini è stata una macchia di sangue lasciata sull’interruttore del bagno della casa della vittima. Venerdì i carabinieri hanno ascoltato per quasi 8 ore il figlio della donna, Andrea Castaldi, che ha dichiarato di avere trascorso la serata di martedì – quella in cui è avvenuta la morte della Pecorara – in pizzeria con gli amici e di avere sentito telefonicamente la madre prima di uscire.
Calci, pugni e il braciere ardente: trattamento marocchino per le donn
Ma non è l’unico caso: a seguito della attivazione del “codice rosa”, il protocollo operativo che prevede una corsia preferenziale per i reati in danno di persone di minorata difesa come le donne vittime di violenza, soprattutto intramuraria, e la informazione tempestiva alleforze dell’ ordine, da parte dei medici del pronto soccorso, la sezione reati contro la persona della squadra mobile, di cui fa parte personale femminile specializzato in tali tipi di reati, ha denunciato in stato di libertà per il reato di lesioni aggravate un operaio 32enne marocchino, residente a S. Concordio. L’ uomo è sposato con una cittadina marocchina residente da tempo a Lucca, di professione colf; i due si sono sposati lo scorso anno in nordafrica e, dopo le pratiche per il ricongiungimento familiare, l’ uomo ha raggiunto qui a Lucca la moglie. Da subito al convivenza si è dimostrata problematica, soprattutto perché i due non avevano mai convissuto prima ed anche perché l’ uomo non accettava i costumi occidentali della moglie e la sua autonomia.
Dopo alcune liti addirittura l’ uomo aveva messo un braciere con dei carboni accesi davanti alla camera dove riposava la moglie, nel maldestro tentativo di intossicarla. La donna per quest’ episodio aveva sporto querela in Questura per le lesioni rimediate, ma poi l’ aveva rimessa per il quieto vivere e perché comunque aveva definito il gesto come poco più che dimostrativo. Invece l’ uomo, che evidentemente mal sopporta l’idea cha la donna gli aveva manifestato di separarsi da lui, l’ ha aggredita a calci e pugni, seppure sapesse già che lei è incinta. La donna è stata ricoverata in osservazione e per fortuna, seppure ha ottenuto un referto medico con una decina di giorni di prognosi, non c’ è stato alcun pericolo per il bambino. Stavolta la donna ha sporto querela e, al termine delle indagini, l’ uomo è stato denunciato per lesioni aggravate.
http://www.lanazione.it/lucca/cronaca/2013/03/12/85055-violenza_choc_sulle_donne.shtml