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Furto alla Coin finisce in aggressione: due cinesi arrestati – LeccoNotizie.com


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Furto alla Coin finisce in aggressione: due cinesi arrestati
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complici diramando le loro ricerche, e nella circostanza il personale della Stazione di Lecco, in corso Martiri della Liberazione, ha individuato la donna complice del furto, Luo Mi 23enne di origini cinese anch'essa senza fissa dimora, traendola
Tenta un furto alla Coin, arrestati due cinesiGiornale di Lecco (Abbonamento)
Giacca foderata di stagnola e carta carbone per non pagare il conto Il Giorno

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Responsabile di sanguinosa rapina liberata da magistrato, dopo due ore torna a rubare. Di nuovo libera!

Esce dal carcere alle 13 e alle 15 la beccano dopo un furto nel negozio Pittarello al Giulia.
Protagonista dell’episodio è stata Annamaria Tompi, 28 anni, rumena. Era stata “fermata” dai poliziotti della Squadra mobile mercoledì scorso nell’ambito delle indagini relative alla sanguinosa rapina messa a segno due giorni prima alla tabaccheria di viale D’Annunzio.
Gli agenti l’avevano raggiunta a casa in via Mulino a Vento e l’avevano perquisita trovandola appunto in possesso dello storditore che era poche ore prima stato utilizzato da due minorenni per mandare ko Maria Parenzan, 75 anni, la titolare della tabaccheria presa d’assalto. Le avevano fatto prendere la scossa e poi, siccome reagiva e cercava di ribellarsi, l’avevano picchiata sulla testa con lo storditore. In breve gli investigatori erano risaliti ai mandanti, Grigore Dorin Sima, 32 anni, e appunto Annamaria Tompi. Che – essendo stata trascorsa quella che tecnicamente viene indicata come flagranza – tre giorni dopo erano stati sottoposti al fermo di pg e accompagnati in carcere.
Ma a carico della giovane donna (non risulta avere precedenti in Italia) il gip Laura Barresi non ha ravvisato gravi indizi di colpevolezza in quanto dagli elementi acquisiti dagli investigatori coordinati dal pm Maddalena Chergia, era risultata di fatto solo la depositaria dello storditore utilizzato per mettere a segno la rapina e per questo ha respinto la richiesta di misura cautelare. Inoltre, come detto, la giovane rumena non risultava avere appunto precedenti penali in Italia.

Risorsa

Dopo l’interrogatorio alla presenza del difensore Federico Stricca, il giudice Barresi così ha disposto la liberazione. Dopo qualche formalità all’ufficio matricola, alle 13 di venerdì si sono aperte le porte del Coroneo e Annamaria Tompi è uscita libera.
Ma – come poi hanno accertato i poliziotti della Squadra volante – non è andata direttamente a casa come qualcuno poteva ragionevolmente supporre. Piuttosto, in compagnia della cognata che l’aspettava in strada, ha puntato al Giulia. Giunte nel centro commerciale le due donne si sono dirette nel negozio di scarpe Pittarello. Dove, come sempre più spesso accade in questi ultimi tempi, hanno rubato due paia di scarpe dal valore complessivo di circa cento euro. Sono state “pizzicate” all’uscita subito dopo le casse da un addetto alla sicurezza. Il quale ha chiamato subito la polizia e dopo poco è giunta una pattuglia della Squadra volante. Gli agenti hanno controllato i documenti delle due donne bloccate con le scarpe rubate. E con grande stupore hanno scoperto che una era Annamaria Tompi, quella finita in carcere due giorni prima per il coinvolgimento nella rapina di viale D’Annunzio. È stata subito accompagnata in questura e dopo poco è stata liberata. A suo carico una denuncia per il furto.

http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/04/14/news/esce-dal-carcere-e-va-a-rubare-scarpe-1.6875924

E poi qualcuno vuole depenalizzare alcuni reati per “sfoltire” le carceri. Ancora?

La Polizia “liberalizza il furto”. Se sei immigrato

Boldrini: "gli immigrati sono risorse"

L’Eco di Bergamo ieri riportava un fatto di cronaca: una coppia di quarantenni residenti a Caravaggio (lui albanese, la moglie di Varese) è stata fermata qualche passo dopo le casse del supermercato Pellicano di Treviglio con circa duecento euro di merce infagottata nei vestiti e nelle borse. I coniugi fermati sono poveri, anzi miserabili, senza lavoro e con cinque figli piccoli da mantenere. Sono dunque stati costretti a rubare per sopravvivere e campare la famiglia. La polizia, dopo l’identificazione, li ha indagati in stato di libertà e subito rilasciati. segnalati. Uno scenario davvero drammatico. Più ci pensiamo, più non troviamo una soluzione. In effetti, una soluzione ci sarebbe, l’abbiamo accennato all’inizio: ci vorrebbe un giudice che si assume l’ingrata responsabilità di stabilire se il furto è stato effettivamente determinato da stato di necessità oppure no. E che decide, in coscienza, se per quel povero costretto a rubare è meglio il perdono (perché questo, di fatto, è il rilascio immediato) oppure un castigo, sia pure comprensivo delle attenuanti, affinché non si equivochi sul fatto che un furto rimane un furto, e che la spesa al supermercato si deve fare con i soldi guadagnati lavorando, come tutti. Così, non ci sarebbe l’automatismo della liberazione che renderebbe sostanzialmente legali quei furti. I dilemmi morali più grandi si nascondono nelle piccole vicende di provincia. Ci vuole coraggio per giudicare al tempo della crisi ma non si può rinunciare, una società non si regge sulla buona coscienza.

http://mentiinformatiche.com/2013/03/follia-chi-e-povero-e-ruba-non-finisce-in-cella.html

Quindi se avete un negozio e una bella famigliola di Zingari, di immigrati o con una di quelle coppie miste tipicamente disadattate  viene a fare una spesa “proletaria”, non chiamate la polizia, perché loro se ne fregano.

E pensare che un tempo li chiamavano “risorse”. Il problema della società moderna è che non c’è alcuna barriera alla prolificità dell’incapace: prima, quando chi si comportava da stupido ne pagava le conseguenze, certi individui non avrebbero fatto “cinque figli” senza poterli mantenere: le condizioni glielo avrebbero impedito. Ma oggi, viviamo nella società del “cuculo”, dove uno fa cinque figli, e tutti gli altri glieli mantengono attraverso un cattiva applicazione del welfare. E’ la società ottimamente dipinta nel film “Idiocracy”. 

Ci sono tre tipi di poveri: quelli per casi della vita, che devono essere aiutati a tornare autosufficienti, in una comunità degna di questo nome; ci sono poi quelli che profittano della stupidità degli altri per farsi mantenere – tipicamente gli zingari – e questi vanno puniti e non mantenuti; e poi ci sono gli immigrati, che possono essere del primo o del secondo tipo, ma di loro devono occuparsi i paesi di provenienza. Perché dovremmo mantenere noi, l’Albanese e i suoi cinque figli?