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Treviso: terrorizzavano anziani, presa banda di zingari slavi

Non solo Bruna Colusso Vanin, 73 anni di Treviso, ma anche Ada Biscaro, 84 anni di Castagnole e Aldo Basso, 67 anni di San Trovaso. Tutti e tre i pensionati rapinati nelle notti tra il 26 e il 28 agosto sono vittime della stessa banda, quella che la Squadra Mobile di Treviso è riuscita a individuare e, in parte, a catturare.
La conferma è arrivata ieri mattina, durante gli interrogatori di convalida in carcere di Emanuel Gabriel Farcas, 25 anni di origini rumene e di Radosav Kostic, 18 anni, residente a Treviso, calciatore nel Futsal Villorba, incensurato. I due giovani, finiti in manette, hanno confessato. Uno lo ha fatto parzialmente, addebitandosi la responsabilità di un solo colpo, quello di via Boiago in città, l’altro invece li ha ammessi tutti e tre. E ora è caccia ai complici: agli altri due uomini del commando che ha seminato il terrore nella Marca rievocando per alcuni giorni lo spettro del massacro di Gorgo al Monticano e delle sanguinose rapine in casa.
La reazione delle forze dell’ordine è stata immediata e ed efficace: già all’indomani delle denunce, la polizia ha passato al setaccio i campi nomadi del territorio. Una scelta tutt’altro che casuale: la Mobile, che aveva raccolto e individuato le impronte digitali di due persone nella casa di Bruna Colusso Vanin, sapeva perfettamente chi e dove cercare. Due persone sono finite in manette, altre due sono ora ricercate e si tratta, sospettano gli investigatori, dei boss della banda. Che sono spariti – forse all’estero – con il tesoretto delle rapine: circa 800 euro in contanti più svariati gioielli in oro razziati nelle abitazioni delle vittime.
Stando agli elementi fino a questo momento in mano agli inquirenti, i colpi venivano decisi a tavolino da quello che è considerato il capo-banda.
Un uomo residente nella Marca ma di origini dell’ex Yugoslavia, con svariati precedenti penali soprattutto nell’ambito dei furti; un nome noto agli investigatori e agli inquirenti. Era lui che sceglieva le abitazioni, i giorni e l’ora in cui agire (sempre tra mezzanotte e l’una).
Il gruppo si muoveva con un’auto a bordo della quale restava – a fare da palo – l’unico dei quattro con la patente.Gli altri tre – il capo, Farcas e Kostic entravano in casa forzando la porta e iniziando il saccheggio. Anche in questo caso il commando aveva una precisa organizzazione e distribuzione dei ruoli: uno dei tre immobilizzava l’anziano, gli altri due mettevano a soqquadro le stanze alla ricerca di soldi e di gioielli.
Una volta raccolto il bottino, il gruppo tornava in auto fuggendo con quella. Il tesoretto restava in mano al capo: era lui che doveva occuparsi di smerciare l’oro, ma soprattutto era lui che teneva i cordoni della borsa costituendo una sorta di «fondo» che sarebbe stato spartito soltanto al completamento del piano. Quanti colpi ci fossero ancora in programma, non è dato da sapere.
Il boss è ora sparito e insieme a lui il anche complice che condivide la «ricca» fedina penale; spariti anche tutti i soldi razziati. Gli investigatori hanno esteso le ricerche all’estero allertando a tale scopo l’Interpol.
Le indagini sono tutt’altro che chiuse perché, dopo gli interrogatori di ieri e le due diverse versioni rese dagli arrestati, si tratta di accertare l’effettivo coinvolgimento dei quattro indagati nelle tre rapine messe a segno. A fronte della confessione degli arrestati, comunque, l’ipotesi investigativa della Mobile coordinata dal sostituto procuratore Gabriella Cama, ha trovato conferme molto forti.
Le ricostruzioni di Farcas e di Kostic sono state raccolte dal gip Umberto Donà che ha stabilito per entrambi la misura del carcere ritenendo sussistenti il pericolo di fuga e di reiterazione del reato. La difesa di Kostic, rappresentata dall’avvocato Alessandra Nava, ha già fatto ricorso al Riesame per ottenere la misura più lieve dei domiciliari.

http://tribunatreviso.gelocal.it/cronaca/2013/09/07/news/tre-colpi-tutti-nostri-la-confessione-choc-1.7706462