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Ad Albenga esiste un giudice: 10 anni ad algerino spacciatore

Albenga 18 luglio 2013. Dieci anni e dieci mesi di reclusione, oltre a 50 mila euro di multa. E’ questa la maxi condanna inflitta questa mattina in tribunale a Rihad Maroufi, 39 anni, algerino, che doveva rispondere dell’accusa di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. L’uomo era finito in manette lo scorso 13 giugno durante un blitz del Nucleo Operativo e Radiomobile dei carabinieri della Compagnia di Albenga nell’ex sede dell’Ortofrutticola, in via Dalmazia.

I militari avevano fatto irruzione nella struttura, da tempo utilizzata come bivacco clandestino, per identificare eventuali clandestini e lì avevano trovato Maroufi ed altri tre connazionali. Secondo quanto gli veniva contestato, all’arrivo dei militari, l’algerino aveva gettato da una finestra qualcosa. L’oggetto misterioso si era poi rivelato un calzino contenente 22 grammi di eroina suddivisa in 57 dosi pronte da smerciare. Per Maroufi, già arrestato nel 2008 per reati simili e da poco tempo fuori dal carcere, era così scattato l’arresto. I carabinieri nella stanza dove alloggiava avevano trovato anche, nascosti all’interno di un tubo, 700 euro ritenuti provente dell’attività illecita.

L’algerino era poi finito a giudizio per direttissima: in aula, assistito dall’avvocato Nazareno Siccardi, si era difeso con decisione. L’uomo aveva negato che lo stupefacente fosse il suo e di essersene disfatto all’arrivo dei militari. Una tesi sostenuta anche dal difensore: “In quella stanza c’erano quattro persone, non c’è la prova che la droga fosse del mio assistito. E’ improbabile poi che chi l’ha gettata dalla finestra lo abbia fatto davanti ai carabinieri visto che, per poter entrare nell’edificio, hanno impiegato alcuni minuti e gli occupanti si erano accorti del loro arrivo”. All’imputato sono anche state inflitte una serie di pene accessorie: l’interdizione (perpetua dai pubblici uffici e lagale) e l’espulsione dal territorio italiano.

http://www.ivg.it/2013/07/maxi-condanna-per-algerino-arrestato-durante-blitz-nellortofrutticola-10-anni-e-10-mesi-di-reclusione-per-spaccio/

Licenza d’uccidere: sgozzi un’italiana e sei immigrato? Sconti metà della pena

Milano, 3 giugno 2013 – E’ stato condannato a 16 anni di reclusione Morad Madloum, giovane marocchino accusato di aver ucciso con 16 coltellate la sua compagna Alessia Simonetta, di 25 anni, il 14 settembre 2012. Lo ha deciso il gup di Milano, Fabio Antezza, nel processo con rito abbreviato. Il pm Giordano Baggio aveva chiesto 30 anni di carcere contestando l’aggravante della crudeltà. Aggravante che, invece, è stata esclusa dal giudice, come aveva chiesto il difensore, l’avvocato Amedeo Rizza. La donna era stata uccisa con una decina di coltellate. L’assassino ha infierito sulla testa, sulla gola e sull’addome. Nella stanza accanto a quello in cui è stato ritrovato il cadavere c’era un bambino di un anno e mezzo che dormiva. Poi il gesto estremo di Morad che era lanciato dalla finestra: ma era sopravvissuto. Oggi la condanna in primo grado.

 

Lei comprende la rabbia degli immigrati.

Lei comprende la rabbia degli immigrati.

http://www.imolaoggi.it/?p=52232&fb_source=message

La vita di una donna, per quanto causa ella stessa del suo male, vale solo “16 anni” ? Questa non è civiltà, questo è il collasso della civiltà. Esiste in Italia un’emergenza: la magistratura. Che è ormai una escrescenza tumorale.

Per dare una certa nozione delle priorità della procura e del tribunale di Milano, Fabio Antezza è lo stesso magistrato che, quando era Gip,  ingabbiò Lele Mora. Ora, a noi Mora non piace, non ci piace tutto quello che rappresenta, ma le proporzioni…

Responsabile di sanguinosa rapina liberata da magistrato, dopo due ore torna a rubare. Di nuovo libera!

Esce dal carcere alle 13 e alle 15 la beccano dopo un furto nel negozio Pittarello al Giulia.
Protagonista dell’episodio è stata Annamaria Tompi, 28 anni, rumena. Era stata “fermata” dai poliziotti della Squadra mobile mercoledì scorso nell’ambito delle indagini relative alla sanguinosa rapina messa a segno due giorni prima alla tabaccheria di viale D’Annunzio.
Gli agenti l’avevano raggiunta a casa in via Mulino a Vento e l’avevano perquisita trovandola appunto in possesso dello storditore che era poche ore prima stato utilizzato da due minorenni per mandare ko Maria Parenzan, 75 anni, la titolare della tabaccheria presa d’assalto. Le avevano fatto prendere la scossa e poi, siccome reagiva e cercava di ribellarsi, l’avevano picchiata sulla testa con lo storditore. In breve gli investigatori erano risaliti ai mandanti, Grigore Dorin Sima, 32 anni, e appunto Annamaria Tompi. Che – essendo stata trascorsa quella che tecnicamente viene indicata come flagranza – tre giorni dopo erano stati sottoposti al fermo di pg e accompagnati in carcere.
Ma a carico della giovane donna (non risulta avere precedenti in Italia) il gip Laura Barresi non ha ravvisato gravi indizi di colpevolezza in quanto dagli elementi acquisiti dagli investigatori coordinati dal pm Maddalena Chergia, era risultata di fatto solo la depositaria dello storditore utilizzato per mettere a segno la rapina e per questo ha respinto la richiesta di misura cautelare. Inoltre, come detto, la giovane rumena non risultava avere appunto precedenti penali in Italia.

Risorsa

Dopo l’interrogatorio alla presenza del difensore Federico Stricca, il giudice Barresi così ha disposto la liberazione. Dopo qualche formalità all’ufficio matricola, alle 13 di venerdì si sono aperte le porte del Coroneo e Annamaria Tompi è uscita libera.
Ma – come poi hanno accertato i poliziotti della Squadra volante – non è andata direttamente a casa come qualcuno poteva ragionevolmente supporre. Piuttosto, in compagnia della cognata che l’aspettava in strada, ha puntato al Giulia. Giunte nel centro commerciale le due donne si sono dirette nel negozio di scarpe Pittarello. Dove, come sempre più spesso accade in questi ultimi tempi, hanno rubato due paia di scarpe dal valore complessivo di circa cento euro. Sono state “pizzicate” all’uscita subito dopo le casse da un addetto alla sicurezza. Il quale ha chiamato subito la polizia e dopo poco è giunta una pattuglia della Squadra volante. Gli agenti hanno controllato i documenti delle due donne bloccate con le scarpe rubate. E con grande stupore hanno scoperto che una era Annamaria Tompi, quella finita in carcere due giorni prima per il coinvolgimento nella rapina di viale D’Annunzio. È stata subito accompagnata in questura e dopo poco è stata liberata. A suo carico una denuncia per il furto.

http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/04/14/news/esce-dal-carcere-e-va-a-rubare-scarpe-1.6875924

E poi qualcuno vuole depenalizzare alcuni reati per “sfoltire” le carceri. Ancora?

Senza vergogna: media in soccorso dello stupratore di Bergamo

Sempre dalla parte sbagliata

«Sono pronto a giurare sulla mia vita che mio fratello è innocente». A Domenica Live parlano il fratello e la moglie del 32enne kosovaro Vilson Ramaj, l’uomo accusato di aver stuprato una ragazza a Bergamo. Il fratello riporta la versione che gli è stata riferita dall’uomo ora sotto accusa: «Stava andando al lavoro e ha visto una ragazza appoggiata alla sua auto; le ha chiesto di spostarsi e hanno avuto da dire».
Ben altro, quello che emerge dagli atti dell’avvocato difensore: l’uomo avrebbe palpeggiato la parte superiore del corpo della ragazza, senza che si consumasse un atto carnale. In effetti, anche la dichiarazione della vittima, riportata parzialmente in trasmissione, lascia alcuni dubbi. La ragazza sostiene di essere stata avvicinata da un uomo a piedi che l’avrebbe afferrata con forza per un braccio per farla salire in auto e ha iniziato a “strusciarsi con la parte anteriore del corpo“. Ma la stessa vittima dichiara, nella denuncia: «Non sono sicura che vi sia stata una congiunzione carnale completa, perché ha perso i sensi».
E anche il referto medico afferma che non si riscontrano i segni di una violenza sessuale completa. In studio, anche la moglie di Ramaj, madre di alcuni bambini. La donna, che non parla l’italiano, appare disorientata e incredula che il marito abbia potuto compiere un atto tanto atroce. Ma l’avvocato assicura: «Ramaj vuole scrivere una lettera in cui chiede perdono. Lo farà senza essere costretto, quando gli verrà naturale».

http://www.leggo.it/spettacoli/televisione/stupro_di_bergamo_in_tv_il_fratello_dellaggressore_non_ci_fu_violenza/notizie/210737.shtml

Fin qui, abbiamo riportato l’articolo, vediamo di commentarlo.

Allora, ci informano i familiari dello stupratore che “ha solo chiesto di spostarsi”, e che sarebbe innocente. Ma allora perché dovrebbe scrivere una lettera di scuse? E soprattutto: perché ha confessato di avere tentato di stuprare la ragazza? E’ evidente che i soliti media – e la solita ridicola D’Urso – cercano di speculare sul dolore di una vittima per fare ascolti, arrivando, a questo scopo,  ad ospitare i familiari di un violentatore.

E poi: non si vergognano – magistrati e giornalisti – ad insistere sul fatto che “non c’è stato lo stupro completo”? Ora è una colpa riuscire a difendersi? La prossima vittima deve farsi penetrare – scusate il termine ma.. – per avere giustizia?

Insomma, si prepara il terreno mediatico per – non solo i domiciliari – ma la scarcerazione totale dell’immigrato. Dopotutto, come scrive il giornalista, “non c’è stata congiunzione carnale completa”.

Follie leguleie: “non si è costituita parte civile, quindi voleva essere molestata”

Gli stupratori sono bestie

TERMOLI – Rimprovera un rumeno che aveva gettato varie bottiglie in mezzo al verde di un parchetto in via Inghilterra ma per tutta risposta viene avvicinata dallo straniero che gli strappa la camicetta e la palpeggia pesantemente. Le urla dell’operatrice ecologica richiamano l’attenzione delle colleghe che la salvano dall’aggressore che la strattona in malo modo. A distanza di alcuni mesi a carico dell’uomo, G.S., 53 anni, originario della Romania ma residente a Termoli, accusato di aggressione e violenza sessuale, è scattato il processo al Tribunale di Larino. La netturbina termolese, però, secondo quanto confermato dal difensore dell’imputato, il penalista Roberto D’Aloisio, non si è costituita parte civile nel processo che la vede coinvolta. Colpo di scena, dunque, ad inizio processo.

All’apertura del procedimento giudiziario in Tribunale a Larino che vede come protagonista l’aggressore, attualmente rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Teramo, la donna, dipendente della Teramo Ambiente della città, non si è presentata nel Palazzo di giustizia nè ha incaricato un suo difensore di fiducia di rappresentarla nel procedimento giudiziario. Il legale sottolinea di confidare nel chiarimento della posizione dello straniero durante il dibattimento. Il processo si svolgerà a porte chiuse nell’interrogatorio dei testimoni che saranno sentiti a partire dalla prossima udienza fissata per il 28 maggio.

La difesa sottolinea, come primo elemento utile, il fatto che non ci sia stata costituzione di parte civile: ” la situazione potrebbe essere indice di scarsa consistenza dell’apparato accusatorio _ ha commentato D’Aloisio _. L’imputato confida nel fatto che può essere scagionato dai testi che sono stati già indicati. La donna, inoltre, non ha prodotto alcun certificato medico. Di fatto è una vicenda dai contorni decisamente oscuri che intendiamo chiarire con il vaglio dibattimentale”. Era l’alba quando il 26 settembre scorso l’operatrice ecologica, come ogni mattina, stava pulendo la città. Giunta nel parchetto pubblico di via Inghilterra ha rimbrottato un uomo per diverse bottiglie in bella vista sull’erba.

Lo straniero, all’improvviso e per tutta risposta, l’ha avvicinata mentre stava pulendo l’area verde importunandola. L’ha avvicinata con fare minaccioso per poi molestarla. Alcuni connazionali che erano nelle vicinanze stavano per intervenire per accerchiare la netturbina quando altre colleghe sono corse in suo aiuto. A salvare le giovani è stata la Polizia di Stato. Il rumeno alla vista degli agenti è fuggito ma nell’arco di qualche ora è stato intercettato e fermato con l’accusa di aggressione e violenza sessuale. Un caso quello accaduto a Termoli che ha suscitato molta eco non solo presso la Teramo Ambiente ed in Comune ma anche tra la cittadinanza circa la sicurezza delle dipendenti della ditta.

Fino a quel momento nessuno aveva mai trattato in tal modo le operatrici che ogni mattina svolgono con grande professionalità il lavoro non sempre facile che spesso le porta a discutere con residenti, stranieri ed operatori commerciali per abitudini non sempre civili e rispettose delle regole importite dalla raccolta differenziata.

http://www.mynews.it/cronaca/18345-aggredisce-e-palpeggia-netturbina-colpo-di-scena-nel-processo-a-carico-di-rumeno

Siamo alla follia. Ora una possibilità – quella di costituirsi parte civile – diventa un obbligo senza il quale la vittima diviene consenziente? Perché non si è costituito il Comune contro l’immigrato, visto che la netturbina non è probabilmente una milionaria che possa permettersi di assumere un avvocato di parte civile?