LIMENA. Sono dovuti intervenire gli agenti, al Club Officina, affiliato Arcigay e già protagonista del degrado nottirno, in via Volta a Limena. Intorno alle 5 di ieri il responsabile del locale, il 45enne sandonatese Angelo Farnia, ha chiamato il 112 perché quattro trans ubriachi volevano entrare: al sabato notte c’è l’afterhours, che inizia alle 3 e mezza e si conclude alle 8 di mattina. Il gestore si è rifiutato di farli passare, il che avrebbe fatto andare in escandescenze i trans: due di loro, entrati comunque, avrebbero iniziato a prendersela con l’arredamento: sono volate bottiglie, posaceneri, addirittura scarpe, senza contare pugni, calci, spintoni. Un putiferio. «Preferisco non commentare», ha confidato Farnia agli amici, «ma è stato un momento difficile, davvero una brutta esperienza». Difatti, non sapendo più come gestire la situazione, Farnia ha chiamato i carabinieri. Al loro arrivo, i militari hanno calmato gli animi e identificato i trans, invitandoli ad allontanarsi e a continuare la nottata altrove. Era da un po’ che il Club Officina non faceva parlare di sé per episodi “originali”: 4 anni fa un giovane uscì nudo e ubriaco in mezzo alla strada, dopo un «naked party» senza vestiti. Dopo aver insultato i carabinieri che tentavano di bloccarlo, finì in ospedale a smaltire la sbornia. È rientrato a casa all’alba, comunque, Angelo Farnia. Lui stesso è rimasto vittima dello scontro violento: lesioni fortunatamente non molto gravi, ma che lasciano il segno e lo hanno indotto a chiudersi in se stesso per qualche ora quando ha riaperto gli occhi dopo aver cercato di riposare. Una notte che non dimenticherà facilmente: ha dovuto anche farsi medicare a Padova, comunque sta bene. Farnia lavora da tempo nel Padovano, dove ha già gestito diversi locali. A San Donà, dove abita, è abbastanza conosciuto, come una persona mite e rispettabile, molto riservato. Il 45 anni, residente nella zona di Mussetta, torna a San Donà solo dopo il lavoro, che lo impegna fino alle ore piccole.
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Trans stranieri picchiano gay: è ‘omofobia’?
Ravenna: retata contro case chiuse cinesi
Ravenna apr 2013 – Sabato mattina, la Polizia di Stato ha concluso un’operazione contro il favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione cinese con diversi arresti. L’indagine è partita due anni fa, quando in un appartamento di Ravenna è stato individuato un giro di prostitute cinesi che venivano avvicendate nel tempo dai gestori della casa chiusa. Mesi di appostamento ed attività investigative hanno consentito di effettuare diversi arresti e chiarire il metodo utilizzato dai gruppi cinesi nella gestione delle case di appuntamento diffuse in gran parte del territorio italiano.
La consolidata e pervasiva ramificazione di tale “sistema”, che va oltre i limiti locali, costituisce una “rete” di vere e proprie “case chiuse” operanti in numerose città italiane. Sono tutte costituite, avviate e gestite da membri della “comunità” e possono contare, quale punto di forza, nella difficoltà di un’identificazione certa degli individui coinvolti, dovuta alla “clandestinità” di quasi tutti gli “attori” e ad un’eccezionale capacità dinamica ed organizzativa diretta a creare e spostare “case d’appuntamento” nonché nel “movimentare” le prostitute, prima vittime e poi, talvolta, loro stesse gerenti di nuove analoghe realtà.
Le “case” sono gestite da donne e in gergo chiamate “padrone”, l’appartamento è definito “negozio” e la donna che vi si prostituisce è chiamata “commessa”. Sempre presente la figura della “telefonista-contabile” che deve avere una minima conoscenza della lingua italiana ed ha l’incarico di rispondere alle telefonate dei potenziali “clienti” ai quali fornisce indirizzo del “negozio”, orari di “lavoro”, tariffe e prestazioni sessuali praticate dalle “commesse”. Non solo, ha il compito di avvisare la commessa dell’effettivo arrivo del cliente e di tenere la contabilità degli incassi così realizzati per calcolare le diverse percentuali degli utili.
Il modulo organizzativo prevede anche l’intervento di altre persone, solitamente anch’esse cinesi che, essendo in regola con le norme sul soggiorno, risultano indispensabili per prendere in locazione gli appartamenti che diverranno “negozi”, intestandosi il contratto di affitto e le utenze domestiche oppure commissionando le inserzioni che pubblicizzano l’attività e le provocanti foto delle “commesse”. Le “prestazioni” offerte dalla commessa hanno prezzi diversi, anche in relazione ad attività sessuali protette o meno sotto il profilo sanitario, dai 40 euro ai 100 euro a seconda delle richieste dei potenziali clienti. Con cadenza periodica sono effettuati resoconti clienti-incassi. Elevati sia il costo aziendale di un appartamento (“negozio”) sia il fatturato giornaliero ed annuale.
Al termine dell’indagine sono state arrestate e denunciate complessivamente 16 persone, 12 cinesi e 4 italiani. Gli arresti effettuati nella mattinata sono stati eseguiti, sulla base dell’ordinanza di custodia cautelare del GIP di Ravenna e su richiesta della Procura della Repubblica di Ravenna, nelle città di Ravenna, Milano e Varese da parte delle rispettive Squadre Mobili.