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Zingari: ancora caccia al rapitore delle gemelline Schepp

Alessia e Livia Schepp, le due gemelline italo svizzere rapite dal padre, poi morto suicida nel Foggiano, potrebbero trovarsi in Sardegna. La Dda ha aperto un’inchiesta. Le bambine erano scomparse nel gennaio del 2011. Si era da subito temuto che il padre le avesse uccise per vendicare così la separazione dalla moglie: “Non vedrai più le nostre figlie”, le aveva scritto nella lettera in cui annunciava il suicidio.

Una segnalazione dettagliata accompagnata da un nome, quello del nomade di un campo rom in Sardegna cui sarebbero state consegnate da Matthias Schepp le due figlie, Alessia e Livia, prima di raggiungere Cerignola in Puglia e togliersi la vita: una rivelazione fatta da un detenuto al suo legale e poi da quest’ultimo ai magistrati della Dda di Cagliari ha riacceso la speranza di ritrovare vive le due gemelline di sei anni scomparse dal 2011.

Una fiammella subito soffocata dopo il blitz effettuato dai corpi speciali dei carabinieri all’interno di un campo nomadi tra le province di Oristano e Nuoro. I militari hanno passato al setaccio il campo alla ricerca delle due gemelle e di indizi che possano in qualche modo confermare almeno il loro passaggio in Sardegna, ma non sarebbe stato trovato nulla.

L’inchiesta della Dda di Cagliari, coordinata dal sostituto procuratore Alessandro Pili, è stata aperta alcune settimane fa quando il legale ha raccontato agli inquirenti quanto gli era stato rivelato dal suo assistito: mentre si trovava in carcere avrebbe sentito parlare dei nomadi della consegna delle bambine. A giugno Alessia e Livia, secondo quanto sentito dal detenuto, sarebbero finite in mano a una famiglia rom che le avrebbe accudite in un campo nomadi tra Oristano e Nuoro. Gli accertamenti e le perquisizioni, purtroppo, non hanno dato gli esisti sperati.

Non è la prima volta che le due gemelle vengono “avvistate” in Sardegna. Adesso è arrivata questa segnalazione dettagliata e ritenuta attendibile dagli inquirenti. La notizia della nuova pista ha colto di sorpresa la famiglia di Irina Lucidi, madre delle gemelline che ancora ieri nel primo pomeriggio non era stata informata. “Attendiamo di avere informazioni ufficiali da parte della Polizia svizzera – ha detto all’ANSA lo zio delle bambine Valerio Lucidi – Vogliamo affrontare questa storia lunga e difficile lontano dai media”.

Ma nemmeno gli inquirenti svizzeri sapevano nulla del blitz: “E’ rassicurante vedere come tutte le piste, anche poco credibili, siano verificate – ha detto Jean-Christophe Sauterel, portavoce della polizia di Vaud -. Ad oggi, non disponiamo di alcuna prova tangibile che ci consenta di sapere se le due piccole sono in vita”, ha aggiunto. Nessuna pista sarda anche per la squadra mobile di Foggia: “Non abbiamo nessun indizio in questo senso nell’ambito dell’attività investigativa esplicata a suo tempo”, ha sottolineato il dirigente Alfredo Fabbrocini. L’inchiesta cagliaritana però è stata appena stata aperta e le indagini, assicurano gli inquirenti, non si fermeranno.

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Bimbo di 7 anni massacrato di botte dalla matrigna albanese

Il bambino, di appena sette anni, era stato portato al pronto soccorso per quattro volte in un mese: costole fratturate, un dito rotto, lesioni alla testa e in varie altre parti del corpo. Alla fine i medici hanno avvertito la polizia e la sua matrigna di 24 anni è stata arrestata. Ha dell’incredibile la vicenda raccontata dagli investigatori della questura di Lecco, che sono intervenuti per porre fine alle violenze. Una donna albanese, E.C., 24 anni, matrigna del piccolo, è stata arrestata su ordinanza di custodia cautelare in carcere per ripetuti e violenti maltrattamenti, nonché lesioni plurime nei confronti del figlio di sette anni del marito, anche lui albanese.

Le delicate e complesse indagini hanno avuto origine da una segnalazione dell’ospedale Manzoni di Lecco, nel cui pronto soccorso era stato trattenuto il bambino con lesioni di vario genere, giustificate in maniera evasiva dai genitori. Il piccolo, che parlava a malapena italiano, era comunque in preda al terrore. Gli investigatori hanno anzitutto preso in consegna il piccolo, che è stato poi affidato a una comunità protetta. Le loro indagini hanno poi consentito di stabilire che il bambino era stato violentemente picchiato in più occasioni dalla donna, fino ad arrivare a rompergli in un caso due costole e in un altro un dito.

Non bastasse è emerso che la matrigna quando il bimbo faceva il bagno, gli faceva picchiare la testa contro la vasca e per svegliarlo la mattina lo prendeva a calci fino a farlo cadere dal letto. La donna è stata così incarcerata a Como e il marito è stato denunciato a piede libero per il suo comportamento omissivo.

http://milano.repubblica.it/cronaca/2013/03/12/news/botte_e_violenze_sul_bimbo_di_7_anni_in_manette_a_lecco_la_matrigna_di_24-54375284/

Tunisino ladro in furgone arrestato dalla polizia – CorrierediRagusa.it


Telenova Ragusa

Tunisino ladro in furgone arrestato dalla polizia
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I poliziotti hanno quindi preso in consegna l'immigrato, facendo scattare le manette per tentato furto. Il furgone, di proprietà di un piccolo imprenditore edile che lo aveva parcheggiato per sbrigare una commissione, conteneva attrezzature da lavoro e
Modicano fa arrestare tunisino che tenta di rubareLa Gazzetta Iblea

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