Scandaloso a Milano: controllori fanno scendere Romeno senza biglietto, folla li aggredisce

27-01-2013

MILANO – Il normale controllo da parte di quattro controllori Atm – tre uomini e una donna – che di fronte a un immigrato romeno senza biglietto lo fanno scendere, diviene una sorta di finestra sul futuro: la reazione violenta di una dozzina di passeggeri – anche loro immigrati – che si ritrovano sotto gli occhi quella scena e chiamano la polizia.

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LA SCENA – Sono le 14.20 di sabato pomeriggio. La fermata è quella del tram numero 14 all’inizio di via Cenisio. Siamo davanti al civico 8: le mura del cimitero Monumentale sono a due passi, ai lati della strada ci sono i negozi di un barbiere e di una parrucchiera, il ristorante Blitz e la pizzeria Pepe verde , le vetrine di un artigiano che vende porte e finestre. Tra le due carreggiate, protetti da una recinzione di ferro, i binari del tram. Le tre carrozze del Sirio numero 14 viaggiano verso il centro. A bordo ci sono quattro addetti dell’Atm. Controllano i biglietti. Fermano una ragazza straniera: è senza biglietto. Il tram arriva alla fermata. I controllori si trovano di fronte un uomo di 50 anni. È di origini romene, si regge su una stampella: si tratta di un barbone. I tre uomini e la donna in divisa si avvicinano: «E tu? Il biglietto?». Secondo la ricostruzione dell’Atm l’uomo stava cercando di salire sul tram, per la polizia però era già a bordo, ma non cambia granché. I controllori lo fermano: «Devi scendere, vieni con noi».

GLI ALTRI PASSEGGERI – Alcuni passeggeri si avvicinano. Qualcuno invita a lasciar perdere. Qui il racconto diventa confuso, perché sulla vettura gli animi si scaldano, in più ci sono passeggeri che tentano di salire, altri che scendono. Le testimonianze messe a verbale da alcuni passeggeri (tra i quali una cinese) davanti alla polizia: «Lo hanno sollevato di peso e spinto fuori dalla porta. Quell’uomo è caduto. Poi alcuni passeggeri hanno urlato e cercato di fermare i controllori»; «Ho visto i controllori che buttavano giù il clochard. Un secondo dopo l’uomo era a terra». Quando arriva l’ambulanza del 118 intorno alla fermata ci sono una quindicina di persone. Una ragazza tiene sollevata la testa della vittima supina sul cemento. Arrivano le volanti della polizia. Sono quattro equipaggi. Diverse le chiamate arrivate al 113: tutte effettuate dai passeggeri del tram. L’uomo viene trasportato al Fatebenefratelli. Codice verde. Solo qualche botta. Lascia l’ospedale senza sporgere denuncia: ha comunque tre mesi per farlo. Avete capito bene: è il barbone romeno senza biglietto che voleva viaggiare gratis a “poter sporgere denuncia”, e ad usufruire della nostra sanità senza avere mai partecipato finanziarla. Quanto durerà la sanità pubblica, in queste condizioni?

LE TESTIMONIANZE – Gli agenti ascoltano il racconto dei testimoni. Le loro versioni vengono verbalizzate, così come quelle dei quattro controllori: identificati (pazzesco) e subito rilasciati. «C’era gente che urlava contro gli addetti dell’Atm. Non si capiva granché. Pensavamo che qualcuno fosse scappato dopo un controllo dei biglietti. Di solito succede così», racconta una parrucchiera. Alla finestra ci sono alcuni abitanti, anche loro osservano la scena. «A un certo punto un uomo è sceso da un’auto, s’è avvicinato a un controllore, ha cercato di colpirlo con uno schiaffo». Le indagini sul caso sono affidate all’Ufficio prevenzione generale della Questura. Per l’Atm «da parte dei dipendenti non c’è stato alcun tipo di violenza o colluttazione: semplicemente come prevede il regolamento gli è stato chiesto di scendere. Una volta in strada il viaggiatore ha dato in escandescenze attirando l’attenzione dei passanti».

La chiamano “società multietnica”. Ovviamente piena solidarietà ai controllori e al loro duro lavoro nel tentativo di far rispettare la legge, tentativo nel quale spesso vengono aggrediti e picchiati da energumeni d’ogni dove.
Quei dementi italiani – pochi visto che erano quasi tutti immigrati – che si sono schierati con l’immigrato sono la faccia peggiore del Paese.
Il fatto che svolgere il proprio lavoro diventi passibile di “identificazione” e denuncia, è scandaloso.

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