Roma: ostaggi del Campo Nomadi

05-04-2012

Campo nomadi di via Salviati: la denuncia : aggressioni, blocchi stradali, taglio delle linee telefoniche e fumi tossici

I cittadini chiedono da mesi di poter tornare  tranquilli nelle loro case. Dall’alto, quando capita, si annunciano  cambiamenti che però, al momento,  sembrano restare  sulla carta.  “L’insediamento di via Salviati diventerà un campo regolare, con tutte le misure  di sicurezza, di legalità e di rispetto delle norme”. Accenneva  alla questione il vicesindaco Belviso proprio lo scorso settembre a margine  di un commento a un episodio  di violenza nel quartiere di Torrevecchia. Il responsabile aveva trovato  rifugio proprio in quel recinto di sporcizia e fumi tossici che sta rendendo  impossibile la vita ai residenti della zona. Quelli che in via Salviati ci  abitano e che, da quando via Collatina Vecchia è chiusa per lavori (e cioè  mesi), sono obbligati a passare davanti al campo rom e a sorbirsi insulti, sputi  e sguardi minacciosi fino alla porta di casa. Se ci arrivano, a casa.
“A  volte è capitato di non riuscire a tornare perché i nomadi, con dei piccoli  camion, bloccano il passaggio. Se provi a farti strada loro ti  aggrediscono, nel senso che ti lanciano addosso pietre, ti insultano. Sta  diventando veramente invivibile”. Alessandro fa parte di quel gruppo di  cittadini che, con denunce, esposti e segnalazioni varie, non ha certo perso  tempo. “Ci siamo rivolti ai carabinieri, alla Procura della Repubblica, alla  Polizia Municipale, al sindaco, al presidente del Municipio – ci racconta  Alessandro –  ma non sta cambiando niente”. Per non parlare poi dell’aria  tossica che infesta il quartiere causata dai continui  roghi appiccati dai nomadi all’interno del campo. Il perché di tante fiamme?  “Bruciano tutti i materiali possibili per rimanere con gli scheletri di ferri e  metalli da rivendere. Sono dei veri esperti”. E intanto la plastica disperde  nell’aria il veleno e i residenti stanno con le finestre chiuse, barricati nelle  loro stesse case, a volte senza linea telefonica. Sì perché gli appetiti dei  “vicini di casa” si sono riversati anche sulle colonnine della Telecom, ricche  di prezioso rame da rivendere, che di tanto in tanto vengono letteralmente  falciate. Ma davvero nessuno è intervenuto?
“Il campo nomadi è lì  dal ’94 – continua Alessandro – e la situazione non fa che peggiorare. Tutti i  rom sgomberati dai microinsediamenti della periferia est si riversano  in via Salviati e infatti, nell’ultimo mese, ci sono facce nuove che tutto sono  fuorchè rassicuranti”. Le forze dell’ordine? “Intervengono con i loro tempi e a  volte assistiamo a scene surreali in cui il fuoco viene appiccato in faccia ai  poliziotti che dicono di avere le mani legate e di non poter fare molto”. A dire  il vero un intervento di pulizia dell’area c’è stato, a quando ci racconta  l’inquilino di via Salviati, ma poco è cambiato. La situazione è dura e la  tensione nella zona sta crescendo.

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“Ciò che accade in quel campo non  è degno di un Paese civile”. A parlare è Fabrizio Santori, a margine di  una riunione presso la Commissione sicurezza di Roma Capitale di cui è  presidente, e nella quale è stato fatto il punto sul piano nomadi capitolino.  “Invieremo una nota ufficiale con i dettagli degli obiettivi raggiunti – dichiara Santori – e quelli ancora da raggiungere al vice sindaco Belviso,  responsabile del Piano Nomadi, che nel lontano luglio 2009 presentò davanti al  sindaco Alemanno, al prefetto Pecoraro e al ministro dell’Interno di  allora Roberto Maroni, un piano che ha bisogno di un nuovo slancio”. In attesa  dello slancio i residenti si danno man forte. Di qualche giorno fa una riunione  presso il ristorante “La Pampa”, che dal degradosta avendo non poche  ripercussioni sull’attività commerciale, per decidere il da farsi. Forse una  protesta, “pacifica ovviamente”. Sì perché Alessandro ci tiene a ribadirlo: “Non  è questione di razzismo, non stiamo dicendo che se ne debbano andare ma quanto  meno è auspicabile una soluzione di convivenza civile che tuteli i cittadini”.  “

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[stextbox id=”alert” defcaption=”true”]Incredibile. Una vera e propria “enclave” del degrado all’interno della città.
Impensabile che nessuno intervegna e che ci sia, ancora, nelle stanze vaticane e della politica, chi difende questi individui e la loro permanenza in Italia.
Ma quello da cui dobbiamo liberarci, è l’assurdo fardello della xenofilia dilagante del “sacro terrore” che molti hanno nel dire ciò che pensano, e che, costringe, un ragazzo come Alessandro a dire: “Non è questione di razzismo, non stiamo dicendo che se ne debbano andare ma quanto meno è auspicabile una soluzione di convivenza civile che tuteli i cittadini”.
Ad Alessadro e a tutti quelli come lui, diciamo che non è spostando gli Zingari da un quartiere all’altro che si risolve il problema, lo si passa soltanto sulle spalle di altri come noi. E’ lo stesso problema col quale ci troviamo a combattere nella questione “Moschee”: è la tesi, perdente, del “NIMBY”, Not In My Back Bard, ma da un’altra parte della città. Prima iniziamo a capire che la battaglia la vinciamo tutti insieme o tutti insieme la perdiamo, e più possibilità abbiamo di vincerla.
La visione NIMBY è un elemento necessario ma non sufficente: nessun Campo Nomadi deve essere presente in Italia, e gli Zingari devono essere rispediti da dove sono venuti. Tutti. Nessuno escluso.
Il fatto che esistano dei campi nelle nostre città, non ha alcuna base. Né dal punto di vista legale, né, ancora più importante, rispetto al diritto che noi abbiamo di vivere in un ambiente che non sia degradato. Non c’è scritto da nessuna parte, che dobbiamo tollerare la presenza di Zingari nei nostri quartieri. In tutti, i nostri quartieri.[/stextbox]

Sul sito del quartiere, potrete leggere i disperati appelli di una popolazione che vive ostaggio di un branco di delinquenti:  http://www.collianiene.org/

 

 

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