Rapinavano bancomat usando esplosivo: arrestati zingari Sinti

02-10-2013

PADOVA 02 ottobre 2013 – È scattata alle prime luci dell’alba nelle province di Padova, Vicenza, Treviso e Lucca una vasta operazione dei carabinieri denominata «Sbancomat». In manette è finita una banda dedita agli assalti agli sportelli bancomat. Le indagini, condotte dal nucleo investigativo dei carabinieri di Padova, hanno portato all’individuazione dei responsabili di un gruppo criminale che mediante l’utilizzo di esplosivo avrebbe portato a segno 21 furti ai danni di altrettanti sportelli bancomat, nel periodo compreso tra il settembre 2012 e l’aprile 2013.

I diversi assalti avevano provocato agli istituti di credito danni per un totale di circa 2 milioni di euro, tra bottino in denaro e danneggiamenti infrastrutturali. Le indagini si sono svolte in diversi campi nomadi del Veneto.

Il blitz ha visto l’esecuzione di 11 provvedimenti restrittivi, dei quali 4 in carcere e 7 con obbligo di dimora. Gli indagati sono stati rintracciati nelle province di Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Padova, Ravenna, Udine e Verona.

La ricostruzione dei carabinieri. Siamo al 15 marzo di quest’anno. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Padova, ormai da diversi mesi sono costantemente impegnati sul territorio in orari notturni per fronteggiare l’emergenza del fenomeno “assalti bancomat”. Ci troviamo al casello di Padova sud, sull’A13, l’arteria che collega Padova a Bologna e, di lì, a tutta l’Emilia Romagna. Gli occhi attenti dei militari, per nulla disturbati dalla poca luce, dall’orario e dalla velocità con cui transitano i veicoli in entrata al casello, notano un particolare che mette in allerta un centinaio di uomini, tra Veneto ed Emilia Romagna: una targa che a occhio nudo sembra di fattura artigianale e che al controllo in archivio risulta radiata perché appartenente ad una vettura demolita, montata su una vettura di colore scuro, di grossa cilindrata, capace di sviluppare elevate velocità. Al di là di questo, il buio: non c’è ancora un nome, non ci sono telefoni da controllare, e la vettura è già lontana. Le Centrali Operative dei Comandi territoriali interessati dal fenomeno degli assalti lavorano freneticamente per trasmettere i pochi dati a tutte le pattuglie impiegate nell’arco orario notturno. Le ricerche si svolgono senza risparmio, ma la vettura giunge nel comune di Pisignano (RA). Dopo pochi minuti, parte l’allarme di un’agenzia della Cassa di Risparmio di Ravenna. I Carabinieri del posto accorrono e, constatata la consumazione del colpo, si adoperano per localizzare i malviventi che, dopo il colpo, vengono rintracciati su vie secondarie tra le province di Ravenna e Ferrara.

I delinquenti, lo si scoprirà in seguito, hanno un secondo obiettivo da colpire quella notte, ma si sentono disturbati dal dispiegamento di forze e ritornano in autostrada. Dall’Elinucleo di Forlì addirittura si leva in volo un elicottero dei Carabinieri con pilota abilitato al volo notturno, unico mezzo ritenuto in grado di “pedinare” un “missile” in grado di viaggiare a oltre 220 km/h.

Il Nucleo Investigativo di Padova, intanto, ha già dislocato i suoi uomini, parte sull’A13, in direzione di Padova, parte dopo il casello di Padova sud, dove è allestito un posto di blocco. E la vettura, noncurante del buio, del fondo stradale reso viscido dalla brina, con i malviventi ignari del dispiegamento di forze, fa rientro sull’arteria autostradale: c’è fretta di tornare a Cittadella, dove abita e deve fermarsi il “navigatore” della banda, prima di chiudere l’operazione a Santa Lucia di Piave(TV), dove abita, invece,  il capo del gruppo.

Concorrono anche uomini della Polizia Autostradale di Rovigo, tempestivamente informati. In prossimità del casello di Padova sud i malviventi non vogliono rimanere imbottigliati nel traffico dei camion incolonnati e all’improvviso, ma dopo aver passato lo svincolo per la zona industriale, tentano un cambio di direzione in retromarcia, ma la “trappola” è già scattata e a nulla serve lo speronamento della volante della Polizia: ai malviventi non resta che tentare la fuga a piedi attraverso i campi. Il “navigatore”, Rizzetto Daniel, non fa neppure a tempo a scendere dall’auto; i fratelli Malacarne Erik e Goran riescono a guadagnare il campo coltivato a frumento che si apre sulla carreggiata opposta, ma sono inseguiti da carabinieri e poliziotti che, dopo una breve colluttazione, ne hanno ragione. Sfugge al meccanismo Major Joi, imparentato con i due fratelli, per il quale però è solo questione di tempo.

Le indagini. Una volta assicurati alla Giustizia 3 dei 4 componenti della banda, inizia un lungo ed approfondito lavoro di ricostruzione della vicenda ed è a questo punto che, dopo aver mostrato la forza nell’intervento in emergenza, con un sapiente lavoro “d’intelligence” le indagini si orientano negli ambienti dei “giostrai”.

Perquisizioni, sequestri, attività tecniche: nulla viene lasciato al caso e gli sforzi profusi danno i loro frutti. Dietro ai quattro soggetti individuati, costituenti il “braccio operativo”, si scopre una rete di contatti e di parentele, tutte riconducibili all’ambito dei giostrai di etnia Sinti, che consentono di delineare una vera e propria associazione per delinquere, organizzata secondo uno schema ben definito, con suddivisione ed attribuzione di compiti tra i componenti.

In sostanza, alle spalle dei soggetti “operativi”, incaricati di mettere a segno gli assalti – dopo aver individuato, mediante appostiti sopralluoghi, gli obiettivi più idonei – ed organizzati secondo procedure che somigliano a quello di un gruppo paramilitare, sono state individuate le persone deputate a fornire supporto logistico, quelle preposte alla fabbricazione di ordigni e strumenti necessari per il compimento dell’illecita attività e quelle incaricate di gestire la fase conservativa e distributiva dei proventi degli assalti. Il tutto reso molto saldo dai legami di sangue che ha accentuato l’atteggiamento omertoso all’interno del gruppo.
Mente di tutta l’organizzazione è risultato Malacarne Erik, “operativo” ed autista del “commando”, capace di impartire disposizioni ai famigliari più vicini onde gestire il patrimonio illecitamente accumulato anche dal carcere e che già aveva individuato il modo di impegnare fruttuosamente lo stesso mediante investimenti nel settore immobiliare.

Circa un anno di serrate indagini, coordinati dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Padova, dr. Roberti, hanno consentito ai Carabinieri di delineare la struttura dell’organizzazione, il “modus operandi”, la responsabilità di nr. 21 assalti a sportelli ATM dislocati nelle Province di Padova, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Ravenna, Udine e Verona, per un danno complessivo stimato in circa 2 milioni di euro.
Il G.I.P. dr.ssa Gambardella, sposando le risultanze investigative dei Carabinieri, ha emesso 11 provvedimenti dei quali 4 misure cautelari in carcere e 7 misure degli obblighi di dimora, per il “reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti con utilizzo di esplosivo danni sportelli bancomat” .

Il blitz. All’alba, 100 militari dei Comandi Provinciali Carabinieri di Padova, Treviso e Vicenza, hanno dato esecuzione ai provvedimenti dell’A.G., eseguendo contestualmente 30 perquisizioni domiciliari.
La maxi operazione ha consentito di infliggere un durissimo colpo nel contrasto al fenomeno, riuscendo a sostenere per la prima volta, in una situazione del genere, il reato associativo.

Gli arrestati. Gli arrestati sono: Goran Malacarne, nato Valdobbiadene(TV) il 22 agosto 1985,  residente a Santa Lucia in Piave; Erik Malacarne, nato Montebelluna (TV) il 16 gennaio 1983,  residente a Santa Lucia in Piave; Daniel Rizzetto, nato Cittadella (PD) il 17 aprile 1979, residente San Martino di Lupari; Joi Major, nato Asolo (TV) 12 giugno 1984, residente Treviso.

http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2013/10/02/news/presa-la-banda-degli-assalti-ai-bancomat-indagini-nei-campi-nomadi-1.7848666

EVIDENZA, Padova

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