Padova: ecco chi vuole gli immigrati

18-02-2012

Lì, al centro del degrado. Ci sono gli immigrati e coloro che ne sfruttano la presenza per fare soldi, tanti soldi. E proprio lì gli investigatori sono convinti si fosse ritagliato un ruolo importante Aldo De Checchi, 71 anni, pensionato, ex autista dell’Acap (ora Aps Mobilità), reinventatosi amministratore di condominio, con residenza a Padova in via Selvatico 3 e un domicilio a Limena in via Fornaci 146.
Aldo De Checchi è stato denunciato per favoreggiamento all’immigrazione clandestina e favoreggiamento alla prostituzione in concorso con i suoi figli Lorena De Checchi, 45 anni, residente a Padova in via Col del Rosso, infermiera e Roberto De Checchi, 35 anni, laureato in Giurisprudenza, di professione liquidatore per una assicurazione. La procura di Padova contesta ai tre di essere proprietari di diversi appartamenti (6 Aldo, 6 Roberto, 3 Lorena) finiti in una maxi indagine sugli affitti in nero e locazioni a clandestini, spacciatori e prostitute.
Indagine che ha finora svelato che Aldo De Checchi in questi anni si sarebbe costruito un “impero” affittando in nero a persone irregolari. Impero quantificato dai militari della Guardia di Finanza in 42 fabbricati (intestati a sé stesso, ai figli ma anche a una nipote), 14 terreni e un patrimonio in titoli per 2,5 milioni di euro. Tanti soldi, appunto. Che evidentemente non gli bastavano: nel 2010 Aldo De Checchi è stato condannato per aver presentato una autocertificazione fasulla per l’esenzione del ticket sanitario. Come fasulla è la dichiarazione Isee scovata dalla Guardia di Finanza che l’ex autista dell’Acap ha compilato il 19 gennaio scorso e in cui ha dichiarato un reddito totale di 67 mila euro, ma anche zero euro di patrimonio immobiliare. Dichiarazione che gli costerà una nuova denuncia. Un guaio che andrà a sommarsi a guai ben più grandi. Ieri mattina la polizia, infatti, coordinata dal sostituto procuratore Sergio Dini ha eseguito il sequestro di tre appartamenti (provvedimenti preventivi ai fini della confisca firmati dal gip Vincenzo Sgubbi), due intestati al figlio Roberto e uno a lui. Locali che si trovano tutti all’Arcella: in via Durer 36/7, in via dei Vivarini 3/A e in via Amati 3/14. Ma altri appartamenti di proprietà della famiglia De Checchi potrebbero essere sequestrati oggi, sempre in via Durer e anche in via Romano, in via Selvatico e in via Col Beretta, dando così un duro colpo al business del pensionato. Business che gli investigatori stimano in minimo 150-200 mila euro riscossi «in nero» all’ anno e subito reinvestiti nell’acquisto di altri immobili.
Aldo De Checchi, viene descritto come il classico «paron», che faceva tutto da solo: teneva a bada i condomini e riscuoteva gli affitti. Modi spicci ma efficaci, a quanto pare. In alcuni casi rilasciava ricevute intestate ai titolari dei contratti d’affitto ormai irreperibili (trovati i blocchetti con le matrici), mentre nelle stanze alloggiavano anche 8 clandestini, che hanno raccontato il metodo di pagamento: il giorno pattuito lasciavano i soldi sul tavolo e Aldo De Checchi provvedeva personalmente a ritirare lasciando sul tavolo la ricevuta. Gli agenti lo hanno filmato e hanno preso a verbale decine di persone, dichiarazioni che inguaierebbero ulteriormente il pensionato.
Ieri, all’alba, polizia, militari della finanza e agenti della polizia municipale hanno anche effettuato decine di perquisizioni, trovando all’interno dei locali della famiglia De Checchi 15 clandestini (quattro donne), alcuni noti per questioni legate allo spaccio. Ma stavolta l’attenzione degli inquirenti è rimasta fissa sui proprietari degli immobili più che sui clandestini. « Va bene cacciare chi non si comporta bene, ma è necessario combattere anche quelle sacche di illegalità che contribuiscono a creare il degrado in città», ha sottolineato il questore Vincenzo Montemagno, che con il suo «modello Padova» da settembre ad oggi ha fisicamente cacciato dalla città più di un centinaio di balordi e spacciatori. «Persone come gli indagati (riferito ai De Checchi ndr) danneggiano la comunità più volte – ha rimarcato il pm Sergio Dini – perché non pagano le tasse e agevolano il flusso dei clandestini».
La squadra Mobile di Padova diretta dal vice questore aggiunto Marco Calì dava la caccia ad Aldo De Checchi da anni. Il cerchio attorno alla sua attività s’è stretto negli ultimi mesi, dopo il blitz compiuto negli appartamenti di via Altichieri da Zevio e anche grazie alla collaborazione delle Fiamme Gialle comandate dal colonnello Ivano Maccani che hanno mappato i redditi dei De Checchi. Lui, ieri, s’è difeso dicendo che il patrimonio lo ha ereditato, e che i suoi erano proprietari di mezza San Pietro in Gu ».
«Le perquisizioni ci hanno permesso di trovare riscontri importanti – ha sottolineato il comandante provinciale della Finanza – il nostro impegno sul fronte degli affitti in nero è testimoniato dai numeri prodotti in questi anni». Il degrado in città, si combatte anche così: cacciando i balordi, ma stoppando anche chi vuoi gli immigrati balordi, perché così diventa milionario. E tanto. [nbnote ]http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2012/02/16/news/affittava-in-nero-milionario-finto-povero-1.3187679[/nbnote]

Ovviamente, lo schifoso traditore della sua terra (poco importa affittasse in nero o regolarmente, a noi interessa che affittasse ad immigrati, guadagnando dal degrado della sua città e del suo Paese), si difende accusando tutti di “razzismo”.
Questi individui sono la “quinta colonna” dell’invasione, sono i parassiti interni che abbassano il ponte levatoio per far entrare gli invasori, in cambio di soldi.

«Evasione e soldi in nero?
Sono razzisti e invidiosi»

PADOVA—Lo sospettano di aver occultato oltre 6 milioni di euro. Lo indagano per favoreggiamento della prostituzione e dell’immigrazione clandestina. Passano al setaccio le sue proprietà, che ha intestato a figli e nipoti, i conti correnti, gli investimenti. E poi ci sarebbe la falsa attestazione per l’esenzione del ticket. Aldo De Checchi, pensionato, ex dipendente della società dei bus Acap (ora Aps), indagato con i figli Roberto e Lorena per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e della prostituzione e accusato di aver nascosto al fisco oltre 6 milioni di euro investiti in parte anche in appartamenti all’Arcella, dove la polizia ha trovato 15 clandestini, di cui uno destinatario di ordine di carcerazione, è sulla bocca di tutti. Ciò nonostante il 72enne sembra tranquillo. È arrabbiato con la stampa che semina «notizie false», ma non appare tramortito: «Io sono tranquillo. Quelli lì sono razzisti e invidiosi: ho fatto tutto in regola».

«Quelli lì» sono i residenti dell’Arcella, che dicono di non poterne più di chi affitta case a stranieri senza permesso, magari con affitti in nero, esponendoli al rischio di una nuova via Anelli. «Io ho fatto solo del bene, come potevo sapere che dentro c’erano le prostitute? Sa che in via Selvatico c’è gente che non mi paga l’affitto da mesi? Sono io che ci rimetto: sono indignato per come mi stanno trattando», dice De Checchi. Il volto tirato, l’aria dimessa: abita in via Fornace 146A a Limena. La sua casa è a ridosso del cavalcavia dell’autostrada. Una villa grande, con un parco forse un po’ trascurato. La sua auto è una Astra datata. Veste un giaccone azzurro, un pile grigio. Insomma, non ha l’aria del milionario. Anche se lui specifica: «La mia famiglia aveva tante proprietà, le ho amministrate bene. I miei mi hanno lasciato un sacco di soldi negli anni Settanta e io li ho investiti comprando alloggi all’Arcella; allora ne ho comprati 4 con 30 milioni di lire. E poi ho investito bene quello che mi avanzava. Ho comprato titoli Fiat che mi hanno reso e ho diviso i conti correnti». Tutto da solo? «Certo, sono un ragioniere, ho la testa buona ». Nessuno mette in dubbio la trasparenza dell’eredità, ma negli ultimi 10 anni dicono ci sian lati oscuri nelle dichiarazioni dei redditi: «Quest’anno ho dichiarato 85mila euro».

L’anno prima 65mila, il che mal si concilierebbe, per procura, polizia e Finanza, con la proprietà di 18 appartamentini all’Arcella e altre proprietà in provincia. E poi perchè intestare case ai figli coinvolgendoli così in due denunce penali? «I miei figli non centrano, devono restare fuori da questa storia. Io ho la delega nei loro conti». I conti sono almeno 18, con una liquidità di 1,8 milioni di euro. Altri 2,5 milioni sarebbero investiti in titoli come Bot e fondi non rischiosi. «Ho sempre chiesto le buste paga a chi intestavo la casa. Non volevo subaffittassero: ma come facevo a controllare?». Forse bastava tener d’occhio gli appartamenti. «Non posso mica entrare in ogni casa a chiedere chi c’è e chi non c’è». E quella richiesta di esenzione ticket? «Ho sbagliato il modulo, me l’hanno fatto firmare senza leggerlo ». Intanto 4 dei 7 sequestri richiesti dal Gip Vincenzo Sgubbi sono avvenuti ieri. E in due casi sono intervenuti i vigili del fuoco: le chiavi non si trovavano. I locali sequestrati si trovano nelle vie Selvatico 3 e Durer 36 (intestati al figlio Roberto), Romano 2 (di Aldo) e Col del Rosso 26, in cui ufficialmente ha la residenza la figlia Lorena, che risulterebbe convivere con due romeni. Tre degli appartamenti riconducibili ad Aldo sarebbero intestati ai due nipoti. Ma su questo giro di proprietà sta ancora indagando la Guardia di Finanza.[nbnote ]http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2012/17-febbraio-2012/evasione-soldi-nero-sono-razzisti-invidiosi-1903320910241.shtml[/nbnote]

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