AIDS: immigrato contagia volutamente la moglie

19-04-2012

Un immigrato africano è finito in tribunale: è accusato di maltrattamenti in famiglia e lesioni gravissime. Dopo aver frequentato prostitute avrebbe preteso rapporti sessuali non protetti per infettare la moglie. La donna l’ha denunciato dopo il contagio.

Frequentava prostitute, con le quali aveva rapporti non protetti. Quegli stessi rapporti aveva preteso più volte, in un clima di terrore in casa, di averli anche con la moglie. Lui, che quantomeno sospettava, se non lo sapeva di certo, di essere sieropositivo, la infettò facendola ammalare. Ora dovrà risponderne in tribunale. La vicenda, dolorosa e quanto mai pesante per tutti i coinvolti, è finita in aula nei giorni scorsi, quando è iniziato il processo davanti al collegio presieduto dal giudice Bertotti. Alla sbarra ci dovrebbe essere l’operaio africano E. F. D., 43 anni (le iniziali sono a tutela della donna, altrimenti riconoscibile), che deve rispondere di maltrattamenti in famiglia, l’aver fatto mancare i mezzi di sussistenza ai suoi cari e soprattutto di lesioni gravissime per aver contagiato la moglie con il virus dell’Hiv. Dovrebbe, perchè è sparito dalla circolazione e pertanto è contumace. Di recente è stato fermato nella zona di Vercelli.  Per la donna, una connazionale di qualche anno più giovane che vive in città, quella relazione è stata un incubo durato anni. La coppia – i due erano ancora fidanzati – si era trasferita in Italia ancora alla fine degli anni Novanta, andando a vivere in diverse località del Nord Italia fino a fermarsi a Vicenza. Nel frattempo si erano sposati, dando alla luce dei figli. Ma l’operaio iniziò a bere, secondo quanto è stato ricostruito dai carabinieri della procura coordinati dal pubblico ministero Paolo Pecori che ha seguito la delicata indagine. «Mio marito ha sempre bevuto moltissimo, e tornava a casa quasi sempre ubriaco», spiegò ai militari la donna, la quale si rivolse la prima volta in caserma nel 2005. In quegli anni, in tantissime occasioni lui la picchiava, anche senza motivo; in qualche caso con una violenza inaudita, lasciandola tramortita a terra o costringendola a ricorrere alle cure del pronto soccorso dove raccontava di essere scivolata dalle scale o di aver sbattuto la testa per una disattenzione; la minacciava di frequente, anche di morte; e la offendeva in continuazione. Non solo: a partire dall’agosto del 2004, l’africano avrebbe iniziato a non dare più un soldo in casa, e a non mantenere quindi, oltre alla moglie, nemmeno i due figlioletti, che all’epoca avevano pochi anni. Ancora più grave quanto avrebbe fatto alla sfortunata compagna. Avrebbe preteso da lei rapporti sessuali non protetti, anche con la forza, quando tornava ubriaco e costringeva la moglie, sopraffatta dalla sua forza. Fra l’altro, in base a quanto denunciato dalla donna, lui avrebbe contratto il male da un’altra donna, forse ancora in Africa, oppure da qualche prostituta in Italia, e non si sarebbe fatto scrupoli di fare ammalare anche lei in virtù proprio di questi rapporti non protetti. La donna, come emerse nel corso delle indagini in base ad una serie di accertamenti clinici e diagnostici ordinati dalla procura, si ammalò di Hiv e risultò positiva ai test. Una malattia, scrivono gli inquirenti, «probabilmente insanabile». Le lesioni provocate per la procura sono state volontarie, perchè era ben conscio che senza precauzioni avrebbe potuto infettare la moglie.  In aula, oltre all’africana, saranno ascoltati i medici e gli psicologi che l’hanno seguita e che la stanno curando a spese del contribuente italiano, e alcune persone vicine alla famiglia. E l’operaio? I carabinieri lo stanno cercando.

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