Tormentata per anni da operaio pakistano

03-07-2014

CORREGGIO. Lei è una trentenne, lui un operaio pakistano (Tanveer Hayat) di dieci anni più vecchio che nel 2010 conosce quella donna affascinante, ma non sarà un contatto fugace, anzi…
E’ la convivente del pakistano a farli conoscere, perché le due donne sono amiche. Da quel momento, però, iniziano i guai per la trentenne, come è emerso ieri nel processo tenutosi in tribunale a Reggio.
Il pakistano perde completamente la testa per l’amica della sua compagna ed inizia un “martellamento” telefonico per oltre un mese – dal 21 luglio al 30 agosto 2010 – finché la donna, esasperata, non presenta una denuncia ai carabinieri di Correggio.
Da quanto ricostruito in aula, l’operaio 40enne ci va giù pesante con le telefonate, con frasi ed apprezzamenti volgari, in un mix di assurdo maschilismo e di eccessivo trasporto per quel suo “oggetto del desiderio” che non ha nessuna intenzione di corrispondere alle insistite avances del pakistano.
Pian piano quell’uomo diventa un incubo, a tal punto che il marito della donna concupita perde le staffe ed aggredisce l’operaio.
Insomma è tutto un florilegio di episodi spiacevoli e sopra le righe – anche nell’abitazione della trentenne – di cui si tornerà a parlare in tribunale, visto che sono scattate denunce incrociate.
Tornando alle molestie telefoniche, la donna – che non si è costituita parte civile nel processo – non capisce chi è il suo tormentatore dalla voce, ma lo riconosce attraverso una fotografia mostratale dai carabinieri al culmine delle indagini. Hayat non si è mai presentato in udienza, rappresentato dall’avvocato difensore Sabrina Tagliati che ieri, nell’arringa, ha sollevato non pochi dubbi sull’identificazione del suo assistito: «La donna, in aula, è caduta in una serie di contraddizioni – ha rimarcato il difensore – a partire dalla descrizione dell’imputato. Anche il riconoscimento fotografico lascia a dir poco perplessi. Inoltre non c’è prova che Hayat abbia fatto quelle telefonate – conclude il legale – perché non è lui l’intestatario dell’utenza telefonica individuata dagli inquirenti e non risulta da nessuna parte che lui avesse in uso quel cellulare». Per la difesa queste valutazioni sono il presupposto per chiedere l’assoluzione, ma il giudice Cristina Beretti ha invece ritenuto provata la responsabilità penale del pakistano, condannandolo ad un anno di reclusione (pena sospesa).

http://gazzettadireggio.gelocal.it/cronaca/2014/07/02/news/s-invaghisce-di-una-30enne-e-la-tormenta-per-telefono-1.9531228

Crimini Immigrati, Reggio Emilia

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