Immigrato massacrava la moglie da anni

22-07-2012

La picchiava da oltre sette anni. L’ultimo incubo è durato tre ore, tre ore consecutive di cinghiate, pugni alla testa, calci ovunque. In piena notte, con i bimbi piccoli a letto nelle stanze accanto. «Pensavo di morire», ha raccontato lei alla polizia quando ha trovato la forza di farlo, presentandosi in questura con il volto tumefatto, sfigurato. Lui è stato arrestato, ora è in carcere.
Una storia di violenza domestica brutale. Sembra incredibile, non lo è. Lei è giovane, 26 anni. Lui ne ha uno di meno, lavora come artigiano. Si conoscono giovanissimi, praticamente adolescenti, poi vanno a convivere. Nasce il primo figlio, arriva (nel 2009) il matrimonio, poi altri due bimbi. Una storia d’amore che sembra bellissima ma dentro, nascosto, c’è un baratro segreto, marcio. Le violenze iniziano quando i due ragazzi vanno a convivere. Psicologiche, poi fisiche. Sempre più brutali. I motivi sono sempre futili e pretestuosi: «Guarda come hai stirato male queste camicie», e giù botte. «Quesa cena fa schifo», e ancora pugni e calci. Una spirale sempre più incontrollabile dentro la quale lei sprofonda. Di mezzo ci sono i figli: come si fa a denunciarlo, a mandare all’aria la famiglia? Meglio tacere, sopportare. Soffrire in silenzio, nascondere i lividi. Per anni lei non trova altra soluzione. Quando sembra trovare il coraggio di dirgli di smetterla, lui si fa ancora più bestiale: «Non ci provare, se mi lasci ti ammazzo».
Finché arriva la notte del 5 luglio. La violenza tocca un apice che lei non può più tollerare, in ogni senso. Con il pretesto di un attacco di gelosia per alcuni comportamenti della giovane moglie, lui inizia letteralmente a massacrarla di botte: pugni in testa, sul viso, calci, cinghiate, capelli tirati, braccia martoriate. Quasi tre ore, praticamente ininterrotte, di botte. Uno dei tre figli era dai nonni, gli altri due a letto.
Passato il raptus, lui sembra rinsavire. «Mettiamo del ghiaccio, su», le dice. Ma qualcosa in lei si è rotto definitivamente. La ragazza, convinta da alcune amiche, prima va in ospedale (dieci giorni di prognosi), poi trova la forza di andare alla polizia. Denuncia tutto, una settimana dopo le botte. Il personale della squadra mobile la ascolta, la aiuta a confidarsi. «Era sotto shock, il volto ancora tumefatto», dice il dirigente della squadra mobile, Roberto della Rocca. Lei lascia la casa di quell’orrore, a due passi dalla città, e torna dai suoi genitori. Lui non ci sta, la cerca, minaccia: «Occhio, chi si mette in mezzo fa una brutta fine».
Polizia e procura indagano, poi si arriva all’ordinanza di custodia cautelare in carcere. La polizia va ad arrestarlo. Lui, E.K. le su iniziali, cade dalle nuvole. Poi capisce che non si può più nascondere. Scoppia in lacrime, fa il pentito. Troppo tardi. Ora dovrà rispondere di lesioni, maltrattamenti e minacce aggravate. Lunedì sarà interrogato dal giudice per la convalida dell’arresto.

http://tribunatreviso.gelocal.it/cronaca/2012/07/22/news/picchia-la-moglie-da-7-anni-impiegato-arrestato-1.5440892

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