Inchiesta su Perugia: da città del cioccolato a capitale dello spaccio “migrante”

09-06-2012

Cocaina. Eroina. Ketamina. Exstasy. Anfetamina. Marijuana. Hashish. Popper. Mentre nel resto d’Italia le morti collegate al consumo di sostanze stupefacenti diminuiscono, nella cittadina medioevale aumentano. Sullo storico Corso Vannuci alle cioccolaterie si sostituiscono i kebab. E in Piazza IV novembre tutte le sere si assiste alle risse tra tunisini, albanesi e nigeriani che si contendono il territoio

PERUGIA – Ci sono giorni che la danno anche gratis. E in altri la piazzano a dieci, quindici euro a bustina. Lo fanno per conquistare nuovi clienti e non perdere i vecchi, invogliati da una concorrenza spietata. Offerte promozionali nel più esagerato supermarket degli stupefacenti. Una volta Perugia era una città tranquilla, oggi si muore di droga cinque volte di più che in ogni altro luogo d’Italia.
La fiera dello spaccio è qui, qui nella Perugia della vendita porta a porta, il giro di giostra costa poco, si compra tutto alla luce del sole, ce n’è per tutti i gusti. Cocaina. Eroina. Ketamina. Exstasy. Anfetamina. Marijuana. Hashish. Popper. Stimolanti. Allucinogeni. Antidepressivi. Da iniettare, da sniffare, da fumare. Naturali o sintetiche le droghe hanno fatto diventare questa città l’ultimo cimitero del buco, l’ultima frontiera dell’overdose. In qualunque altra regione o provincia del Nord e del Sud i morti scendono anno dopo anno e qui invece salgono. Nel 2011 sono stati ventisei, nel 2010 ventiquattro. A Milano 13. A Napoli 29. A Bologna 7. A Bari 1. Un tasso di mortalità di 4,1 ogni 100 mila abitanti contro lo 0,9 della media nazionale. E aumentano, aumentano sempre. Nei primi cinque mesi del 2012 sono già arrivati a dodici. Lunedì 4 giugno, il tredicesimo. Un tunisino ritrovato in un anfratto sotto la collina, la sua casa.
È un massacro senza fine in questa Perugia fino a qualche tempo fa fuori rotta dalle grandi piste del crimine, silenziosa e ordinata, scelta come capitale delle droghe per la sua lontananza dal clamore e per quei suoi trentamila studenti acquartierati intorno alle università, un richiamo irresistibile, la piazza ideale per vendere tutto quello che si può vendere a prezzi stracciati. Tunisini. Albanesi. Nigeriani. E dietro di loro napoletani e calabresi (la conferma di quello che abbiamo sempre sostenuto e cioè che gli immigrati sono i “manovali” della mafia, dunque bloccare l’immigrazione vorrebbe dire infliggere un duro colpo a tali organizzazioni criminali). Tutti insieme l’hanno conquistata e devastata. Chi sta avvelenando Perugia?

Kebab al posto delle cioccolaterie Venite a scoprire con noi come è cambiato il volto di Perugia da quando qualcuno ha deciso che doveva diventare una sorta di Scampia in mezzo a tesori medievali e rinascimentali, palazzi sontuosi, oratori e monasteri, rocche, vicoli che si arrampicano e che precipitano, gioielli di scultura, pozzi etruschi, fontane. Al posto delle antiche ed eleganti cioccolatterie sul corso Vannucci ci sono i kebab, paninerie e paninoteche, vetrine piene di cianfrusaglie, baretti che vendono sbobba alcolica a pochi centesimi, fumi di agnello arrosto e puzzo di piscio, vedette, spacciatori sulle scalinate del Duomo, le bustine infilate nelle fessure fra pietra e pietra delle case nobiliari, tre puscher di qua e sei pusher di là, uno squillo di cellullare, scambi veloci, qualche euro che passa di mano. “Li vediamo dappertutto, smerciano droga davanti a tutti e a qualunque ora”, racconta Maria Luisa De Marco de “L’Altra Libreria”, una sorella morta l’anno scorso per overdose e la sua bella bottega al centro di quello che lei chiama il “triangolo delle Bermude”, via Ulisse Rocchi, piazza Danti, via delle Cantine, un crocevia dove i soliti dieci o venti spacciatori attirano i clienti per far scivolare una bustina nelle loro tasche. Fino a una trentina di anni fa, nel centro storico, abitavano più di 30 mila perugini. Ora ce ne sono meno di 6 mila. Negli scantinati, nei bassi, nei sottoscala  –  tutti affittati a peso d’oro e spesso in nero  –  vivono gli studenti e anche loro, i venditori porta a porta. Prima in questa Perugia passeggiavano le mamme con le carrozzine, ora s’inseguono i tossici e si accendono furibonde risse fra bande rivali. E’ un’altra città. Se la sono presa quelli.

E’ sotto assedio. Quando fa buio, c’è il coprifuoco. “L’altra sera ho visto un gruppo di tunisini che menavano colpi di bastone contro alcune automobili, dopo un po’ i poliziotti hanno dirottato il traffico e chiuso le strade, corso Vannucci era loro territorio fino al giorno del fattaccio”, ricorda Walter Cardinali, proprietario dell’hotel “Decò” e uno degli animatori dell’associazione “Pro Ponte”. Il “fattaccio” è avvenuto l’8 maggio. Nel salotto di Perugia, colpi di pistola e coltellate fra tunisini e albanesi. Una partita di droga non pagata. Dal giorno dopo la città è stata “militarizzata”. Gipponi di polizia, carabinieri e finanza da una parte in piazza Italia e dall’altra in piazza IV Novembre, controlli, posti di blocco, fermi, retate. Gli spacciatori sono stati cacciati finalmente dal corso principale. Si sono spostati a qualche decina di metri. In via della Viola. In via del Dado. In via della Gabbia. In vicolo Volta della Pace. In via della Brocca. In via della Cupa. E giù al Campaccio. Continuano lì a vendere la loro roba. Ma come è stata possibile questa spaventosa invasione di pusher, in una città calma e pacifica come Perugia?

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/inchiesta-italiana/2012/06/07/news/perugia_capitale_della_droga-36729859/

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